Francesco Ogliari |
TRE SECOLI DI STORIA DEI TRASPORTI
NEL MUSEO EUROPEO DI VOLANDIA
Il visitatore s’immerge in un mondo affascinante
tra locomotive, tram, funicolari, stazioni con sale
d’attesa popolate da manichini in vestiti d’epoca.
C’è anche quella di Pio IX e quella che portava
Cadorna sulla linea del fronte durante la prima
guerra mondiale. Uno spettacolo da non perdere.
Servizio di Franco Presicci
L’ultima traversata d’“el barchett de Boffalora” avvenne nell’ottobre del 1913. Come al solito, il battelliere si appostò sotto il Trofeo, monumento poi abbattuto, e urlò: “El barchett el va, el barchett el vaaa!”. E un formicaio di gente sbucò dalle osterie del quartiere Ticinese correndo verso la darsena. L’urlo lo ripetè il “patrone”, il comandante, e iniziò il viaggio lungo il Naviglio Grande (reso navigabile nel 1272). A bordo una figura pittoresca di cantastorie suonava uno strumento bizzarro, costituito da uno spago teso e da una zucca vuota che fungeva da cassa di risonanza, e cantava raccogliendo il denaro per il biglietto.
El barchett de Boffalora |
Il natante era fatto di rovere, era lungo oltre 17 metri e largo circa 2,90; aveva il fondo piatto e il casello con il tetto in legno; 40 posti a sedere; il timone a pala. Velocità massima 20 chilometri. A Piera Bottini Santinoli ha ispirato una poesia, da cui cogliamo un paio di versi: “L’è in partenza, sciuri… ch’el va…E sora l’acqua torbida e quietta/ el scarliga in cerca di praa! (…e sull’acqua torbida e quieta scivola in cerca di prato). Il 23 giugno del 2013, una domenica, una ricostruzione di questa barca-corriera è stata varata per celebrare i cent’anni dalla cessazione del servizio. Partita alle 13 da Boffalora, è arrivata alle 16.30 in darsena, accolta dalla fanfara dei bersaglieri. Durante la manifestazione, organizzata dall’Associazione “La Pianta”, sono state rappresentate alcune scene della commedia - che all’epoca ebbe oltre mille repliche - scritta da Cletto Arrighi nel 1870 e intitolata appunto “El barchett de Boffalora”, per Paolo Valera una specie di arca di Noè carica di giovani, vecchi, uomini, donne, venditori ambulanti, esponenti della “ligera”, manigoldi sempre ai margini del codice penale, scansafatiche…
Busto di Ogliari all'ingresso del Museo |
Anche di questo conversai con Francesco Ogliari la mattina del 4 aprile del 2006, tre o quattro giorni dopo la presentazione al Pac di via Palestro di uno dei suoi tantissimi libri, “Milano di dentro”, alla quale partecipò anche Renato Pozzetto. Andai a trovarlo nel suo ufficio, a due passi dalla Rotonda della Besana; e quando mi annunciarono uscì dallo studio, che era in fondo a un lungo corridoio, e mi abbracciò. “Grazie per l’articolo: bellissimo”. “Grazie a te per il godimento che mi hai regalato con le tue pagine”. E gli chiesi subito se secondo lui il barchetto prima o poi avrebbe potuto riprendere l’attività. Sorrise. “Non esageriamo. Potrà al massimo essere utilizzato per qualche gita, e sicuramente saranno in molti ad approfittarne, soprattutto quelli che hanno a cuore i gioielli di Milano. Come ben sai, scivolando sul Naviglio, si può ammirare un paesaggio meraviglioso: ville, cascine, castelli, viali alberati attraversati da persone in bicicletta…”.
Ogliari con alcuni collaboratori |
Francesco Ogliari, persona affabile, empatica, nonostante la sua apparenza severa, in oltre 350 volumi ha raccontato tutto della città del Porta. Ricordo “Milano in tram”; “El tranvai”; un’enciclopedia dei trasporti di oltre 80 tomi; “Dall’omnibus alla metropolitana”; “Cinquant’anni di vapore a Milano (1840-1890), scritto con Francesco Abate; “Quando la gita costava due soldi”… Per Carlo Bo i libri di Ogliari sono entrati di diritto a far parte delle grandi opere civili dell’umanità.Era una figura di spicco della cultura lombarda: avvocato in Cassazione; docente di diritto dei trasporti all’università IULM di Milano; membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione; per 25 anni presidente del Museo nazionale della Scienza e della Tecnica; vicepresidente del Circolo della Stampa... Candidato al Premio Nobel per la letteratura, nel 2001 gli fu assegnato il Premio “Carlo Porta”. Inoltre, ha ricevuto sei riconoscimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri… Stimatissimo, venne invitato al Quirinale da Sandro Pertini e ci andò con il figlio Giacomo.
Ogliari nel suo studio milanese |
Locomotiva a vapore del Consorzio cooperativo Ferrovie reggiane |
Infaticabile Ogliari. Raccogliendo e studiando documenti, notò che scomparivano i protagonisti dell’evoluzione dei trasporti. E si soffermò sul “Gamba de legn”, la mitica locomotiva a vapore che sferragliava dal capolinea di piazzale Baracca fino a Magenta, con bar, negozietti, posterie che fungevano da piccole stazioni lungo il percorso inaugurato nel 1870. “El gamb de legn” era uno spettacolo. Suscitava curiosità e molta attenzione, quando a 15 chilometri all’ora costeggiava architetture rurali, borgate, campi… Il biglietto costava dai 5 ai 7 centesimi in prima classe; 4 in seconda. L’ultimo sbuffo lo fece il 31 agosto del ’57.
A Ogliari “el gamba de legn”, al quale dedicò uno dei suoi volumi, piaceva moltissimo, tanto che un giorno, tornando da Parigi, ne vide uno a Domodossola, nella fonderia Galdarossa, e chiese al presidente della società di venderglielo. Ma l’interlocutore, apprendendo lo scopo dell’acquisto, glielo regalò.Era la locomotiva Busseto, che veniva anteposta al convoglio quando prendeva a bordo Giuseppe Verdi. Poi da un rottamaio di via Melchiorre Gioia, il professore scoprì un tram a cavalli a due piani, a cui però mancava l’originale imperiale. Era uno dei mezzi che l’8 luglio 1876 aveva aperto il servizio tra Porta Venezia e Monza.
A Ogliari “el gamba de legn”, al quale dedicò uno dei suoi volumi, piaceva moltissimo, tanto che un giorno, tornando da Parigi, ne vide uno a Domodossola, nella fonderia Galdarossa, e chiese al presidente della società di venderglielo. Ma l’interlocutore, apprendendo lo scopo dell’acquisto, glielo regalò.Era la locomotiva Busseto, che veniva anteposta al convoglio quando prendeva a bordo Giuseppe Verdi. Poi da un rottamaio di via Melchiorre Gioia, il professore scoprì un tram a cavalli a due piani, a cui però mancava l’originale imperiale. Era uno dei mezzi che l’8 luglio 1876 aveva aperto il servizio tra Porta Venezia e Monza.
Omnibus con due cavalli |
El gamba de legn |
E il sociologo Francesco Alberoni: “Ogni anno ho il privilegio e la gioia di vivere, per un po’ di tempo, in un mondo in cui i prodigi della scienza e della tecnica arricchiscono la società umana fondamentalmente stabile nei suoi costumi e nei suoi valori…”.
C’è tutto un mondo affascinante, nel Museo di Francesco Ogliari: un mondo che tra l’altro fa sognare mète lontane e attraenti, con tutto il materiale prezioso che espone: ruote e binari che hanno fatto la storia; le prime rotaie per la trazione a cavallo; marmotte, stazioni, semafori, orologi, lampade; manifesti; un locomotore a batterie del 1926; un locomotore FS Gruppo E.626 costruito nel 1928; un posto di blocco ferroviario; la motrice a cremagliera con trazione diesel; telefoni ferroviari; funicolari; slitte; vagoni; tram; funivie; carrozze; un “break Vagonette”; una vettura per la manutenzione della linea aerea ferrotranviaria; più di un centinaio di manichini in abiti d’epoca nelle sale d’attesa ricostruite con arte. In bella mostra, anche la vettura di Pio IX rielaborata nei minimi particolari; e quella che portava Cadorna sulla linea del fronte nella prima guerra mondiale. Interessantissime una biblioteca con oltre diecimila volumi catalogati da esperti, e una collezione completa di francobolli sui trasporti in Italia… Un’opera grandiosa, una delle tante lasciate da Ogliari, deceduto a Milano nel marzo del 2009, a 78 anni. Per Alberoni, “tutte le opere di Ogliari donano felicità di sapere e di saggezza; sono mattoni di civiltà, che hanno edificato e realizzano il telaio di una società più giusta… Per compiere un viaggio nel tempo vengo a Ranco, in un lindo paese sulla sponda lombarda del Lago Maggiore. Percorro sessanta chilometri da Milano e mi trovo nella mitteleuropa con il necessario nitore, con l’ordine e i rituali che accompagnano il vivere civile…“. Sono milioni gli adulti e i bambini che, seguendo l’esempio di Alberoni, entrano in questo grande teatro per assistere a uno spettacolo grandioso.
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