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mercoledì 19 luglio 2017

A volte all’improvviso



RISPUNTANO NELLA MEMORIA

 

FATTI E PERSONE DI UN TEMPO 

 


Il giovane che scrive "Valeria ti amo” sui

 

muri e fa tradurre la dichiarazione in tutte

 

le lingue; la donna che per poter continuare

 

a mantenere il suo canile fa domanda alla

 

“Fiera dei sogni” di Mike Bongiorno;

 

il sessantenne prosciugato da un amore;

 

il padre che denuncia il figlio tossicomane

 

per un furto in casa del vicino.

 

 

 

 

 

“Dove c’era un commissariato ora c’è

 

il pub “La Madama”.

 











Franco Presicci




Ci sono fatti e persone che si riaccendono nella mente all’improvviso. Anche se appartengono a una quarantina di anni fa. Chi pensava più al sosia di Anthony Quinn che venne in redazione per protestare contro l’ufficio anagrafe del Comune, reo di non aver accettato d’inserire sulla sua carta d’identità da rinnovare la professione di combattente per la libertà. “Un sopruso! E’ una vita che lotto per questo ideale!”.
Copertina libro di Capecelatro
Lo aveva urlato anche in piazza della Scala, sotto la sede centrale del municipio. Ricompare anche un perseguitato dal nome di battesimo non beneaugurante, Crocifisso, che nell’apposito registro delle nascite risultava con la “i” e in altri documenti con la “e”; così ogni volta che richiedeva un atto quelle vocali ballerine gli creavano un problema. Che voleva risolvere, ma non sapeva da dove cominciare. Ricordo una ragazza, ammirata nelle sfilate di moda, che scavò una buca in un cortile dalle parti del Naviglio Grande e vi seppellì il suo cane, creando un’aiuola sulla tomba. La bestiolina era da tempo ammalata; e per curarla – mi riferì il pittore Guido Bertuzzi, che conosceva la zia ultranovantenne - lei l’aveva portata persino in America. Indimenticabile una giovane, avvenente infermiera che, avendo avuto l’idea di presentarsi in ospedale con una pettinatura alla Bo Derek, venne rispedita indietro dalla caposala, e lei invece di tornare dalla parrucchiera per un’architettura pilifera diversa, informò un giornalista, sostenendo che la capoccia così agghindata in corsia non era stata considerata uno scandalo o una mancanza di rispetto, ma una pensata divertente.
Edmondo Capecelatro
Che le valse l’onore del giornale e di “Antennatrè”, la tivù di Legnano. La memoria fa anche le bizze. Cerchi nel suo archivio un nome, un episodio, una data, e quella si nega, per spasso o per dispetto, se non ha davvero qualche vuoto. Altre volte si apre spontaneamente, alza il sipario e si lascia andare. Quando capita, bisogna mettercela tutta per contenere le sue offerte. Ed ecco il rapinatore del dopoguerra, soprannominato “il bandito gentiluomo”, perché nei suoi assalti in banca non premeva mai il grilletto e ad ogni colpo dava la “mancia” al cassiere. Ormai in pensione da tempo, un pomeriggio venne a chiedere di essere intervistato. Mostrai sorpresa, e lui, pronto, mi spiegò il motivo della stranezza: nel paesino in cui da tempo si era trasferito con la famiglia, nessuno gli credeva quando elencava le sue “binte”. Leggendole su un quotidiano, si sarebbero convinti che i suoi racconti non era fantasie. Ecco anche il furto in casa di una “star” dello spettacolo, privata anche di oggetti di valore affettivo che il mercato avrebbe respinto. Mi pregò di lanciare un appello al ladro perchè li restituisse, e il “cubista” mi telefonò indicandomi il cestino portarifiuti di via Palestro, proprio di fronte al Pac, il Padiglione d’arte contemporanea poi distrutto dalla mafia. Il malloppo venne recuperato.
Pub"La Madama"dov'era il commissariato
Quasi patetico il ricettatore noto come “Alì Babà” per i suoi depositi pieni di mercanzia di ogni tipo, che, arrestato da agenti del commissariato Scalo Romana (dove ora c’è un pub intitolato “La madama”), supplicò quasi in lacrime di poter fare una telefonata al vicino di casa per raccomandargli il gatto. “Povera bestia, per me è come un figlio”, disse per impietosire il vice questore Edmondo Capecelatro, poliziotto acuto e autore di testi teatrali e di libri su Toto, Eduardo… Gran faccia tosta l’arzillo vecchietto incallito spacciatore di droga, che lasciò alla chetichella il soggiorno obbligato in Puglia, rientrò a Milano e varcò la soglia del posto di polizia di via Benaco, sollecitando con finto candore una licenza per poter sbrigare alcune faccende di famiglia. Andò a sbrigarle a San Vittore con l’accusa di evasione. Sfacciatissimo il ladro deciso a costituire un sindacato di categoria e allo scopo lanciò un appello attraverso un organo d’informazione, che lo pubblicò divertito. Erano una folla le mezze maniche della “mala” (oggi non è diminuita). Ecco il truffatore che teneva in tre box decine di salotti “acquistati” con assegni falsi, di sabato, quando le banche sono chiuse. Li scovò un ispettore dal fiuto lungo, Armando Sales, del commissariato Ticinese, per qualche anno diretto da Vito Plantone, nell’80 nominato questore di Catanzaro.
Plantone, Bruno Marzo, Presicci
Il bidonista, che si esprimeva in un linguaggio corretto, anzi ricercato, recitò la parte di chi cadeva dalle nuvole di fronte alle domande dei poliziotti: quei divani erano dei cognati, che per il momento si trovavano fuori Milano. Più spessore criminale quello dello spaccatore di vetrine, che in tanti anni di cella si raccontò in un libro senza reticenze e senza vanterie. Una volta fuori, sia pure sotto sorveglianza, desideroso di cambiar vita, aprì, con l’aiuto della moglie, una piccola oreficeria, che un’antivigilia di Natale venne svuotata da un…”cliente” armato di pistola. Non sfuggono alla memoria l’ottantaseienne schiaffeggiatore di preti. Si appostava in piazza Duomo, e appena passava una tonaca un ceffone, insulti pesanti e via. Fu acciuffato dai carabinieri. Correvano gli anni 90. L’arciere-fantasma di San Siro, che si appostava dietro i cespugli e puntava i dardi contro i deretani, seminando il terrore nella zona. La polizia dovette rafforzare i controlli, ma il Guglielmo Tell non si scoraggiava. Tra le storie accumulate come chicchi di grano sull’aia, ritornano quelle dell’Angelo di via Paolo Sarpi, in zona Sempione, una donna ottantenne che era sempre a disposizione degli abitanti della zona, e dei commercianti, che la consideravano, amandola, una persona di famiglia; della signora Craja, che non riuscendo più a mantenere il suo ricovero per cani, aveva fatto domanda a Mike Bongiorno per partecipare alla Fiera dei Sogni”.
Armando Sales
E della donna che, trovato sulla strada un portafoglio molto imbottito, lo consegnò senza esitazioni ai poliziotti di via Tabacchi, che, cercando il proprietario, scoprirono che era uno della mala trovato qualche ora dopo assassinato in un campo. Fatti di “nera” e fatti di “bianca”, che a volte è difficile mettere in pagina per ragioni di spazio. Memorabili il padre che al Giambellino accusò il figlio tossicomane di un furto nell’abitazione del vicino; il gallerista che durante i soggiorni nella sua villa comperava il pesce appena pescato per restituirlo al mare. La trentenne che, non avendo pagato il prezzo della corsa al tassista, fu portata in commissariato, dove al cronista che si trovava lì per caso confidò che si sarebbe uccisa; e due giorni dopo lo fece davvero, gettandosi nuda nelle acque dell’Idroscalo. Aveva il corpo pieno di croci tracciate con il pennarello indelebile. Il ragazzo ventenne che per colpa di una malattia temeva di non poter essere mai amato da una donna e decise di uccidersi: per farlo, entrò in un’armeria per impossessarsi di una pistola. Finì sui giornali come rapinatore improvvisato, senza macchie sulla fedina penale. Il motivo lo rivelò la mamma, aggiungendo che il figlio l’arma aveva cercato di acquistarla al mercato clandestino. Indimenticabili il dottore che aveva abbandonato la parentela e andava a mangiare al rifugio di via Sammartini di fratello Ettore, un passionista che si faceva in quattro per dare aiuto e conforto ai disperati (aprì poi una sede più spaziosa vicino al Paolo Pini, l’ospedale per i deboli di mente).
L'insegna del pub "La Madama"
L’uomo aveva una barba folta, occhi vivaci, una settantina d’anni; era garbato, discreto, colto, e nessuna difficoltà a raccontarsi. E il sessantenne che, spolpato da un amore incontenibile per una ventenne, era costretto a passare le notti all’albergo popolare di viale Dorfles (costo 700 lire). Era piccolo, indossava un abito scuro e al dormitorio arrivava a mezzanotte con passo da bersagliere, tenendo una 24 ore in mano. Era scostante e voltò subito le spalle al cronista, presente per una notte intera in quella “stazione dei disperati”, per motivi di lavoro. Infine la fiammata dell’amore che aveva colto l’impiegato di una ditta di pubblicità: scriveva sui muri, sulla fiancata della propria auto, sui cartelloni, sul pavimento dei marciapiedi, ovunque trovasse uno spazio libero, "Valeria, ti amo”. Lo urlava sotto il balcone della donna, al telefono, lo raccontava ai giornali, lo fece tradurre su un cartoncino di lusso in tutte le lingue, andando da un’ambasciata a un consolato. Per mesi. Il paesaggio umano è vario, ma non sempre divertente.











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