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mercoledì 15 novembre 2017

“Africando”, taccuino di viaggi africani


Il treno del deserto
 







IL SAHARA NICOLA LO RE

SE LO PORTA NEL CUORE
 

        







Un libro bellissimo, fatto di parole
 
             e di immagini.







 Nicola Lo Re durante una sosta
Ti avvince, ti rapisce,

ti dà la sensazione di

accompagnare il narratore a

bordo di un camper in terre

magiche, seducenti e lontane.







Franco Presicci
 


Non ci sono cure per il mal d’Africa. Quando quel sentimento di nostalgia ti prende è impresa inutile tentare di superarlo. Se chiedi a chi se lo porta dentro che cosa sia questo male, non lo sa; ma conosce il disagio che prova al rientro da un viaggio in quella terra, avvertendo subito dopo il bisogno si rimettersi in sella alla moto, alla guida dell’auto o del camper. Il fascino dell’Africa ti cattura. L’africa è una sirena. Ammalia, fa sognare. Qualcuno ha detto che quando sei in Africa sei a casa. Jung la raggiunse nel 1925 con altri tre, per studiare, anche lì, le culture primitive, e rimase incantato dal paesaggio: ebbe la sensazione di averlo già vissuto. Karem Blixen l’amò profondamente. E milioni di persone nel mondo se la portano nel cuore. Nicola Lo Re l’ha attraversata in lungo e in largo.
Libia.Carosello sulle dune dell'Acacus
Vi ha macinato chilometri e chilometri polverosi, accidentati, asfaltati, in salita e in discesa, sulle gobbe del deserto, tra i solchi aperti nella sabbia, i tuareg, nomadi sparsi nel Sahara, dal Mali al Niger, in Algeria…; tra i pescatori a St. Louis in Senegal, o al mercato: una tavolozza sfavillante; o a passi lenti nella Cittadella di Gadames… “Avevo 15 anni quando un modesto film di avventura, Gunga Din (diretto nel ’39 da George Steven, in cui un portatore d’acqua in un reggimento britannico in India aspira alla divisa di soldato…n.d.a.), infiammò la mia fantasia e mi spinse a conoscere la parte dell’Africa che mi era più congeniale, sempre in compagnia dei miei libri preferiti, scritti dai grandi viaggiatori antichi e moderni”. Così ha riferito nel suo bellissimo libro, “Africando - taccuino di viaggi africani”, pubblicato da Nuova editrice Apulia. Un libro, a tratti con accenti di poesia, che ti coinvolge e fai fatica a interromperne la lettura, magari perché un imprevisto ti vuole altrove. “Partendo con altri ero abbastanza cosciente di mettere nello zaino anche rischi o incertezze ma, in fondo, proprio questo mi attirava, e rispondevo alle mie perplessità pensando, che se fosse andato tutto liscio, non avrei avuto molto da ricordare”.
Lo Re in una tenda
Nell’ultimo decennio le sue avventure Nicola Lo Re le ha affrontate sempre da solo, anche per riflettere di più e meglio, per meglio assaporare la meraviglia dei luoghi visitati, alcuni in bilico tra mito e realtà. Stile elegante, efficace, espressivo, il suo Scorrendo queste 236 pagine (prezzo 18 euro) il lettore si ristora, vagheggia l’Africa, le sue attrattive, immagina il villaggio popolato di gente semplice e antica; le carovane; le caprette funambole sugli alberi rinsecchiti di Argan; le rocce nere dell’Air… Il Sahara, seducente, sconfinato, con il paesaggio ammaliante e le oasi pattugliate dalle palme … Per Lo Re “il mal d’Africa e la magica parola Sahara sono il silenzio che assorda, il tremolio di stelle infinite, l‘immensità del deserto e i suoi mutevoli colori…”. Il Sahara, “immensa macchia gialla sul continente africano”, lo affascina, lo commuove, lo esalta, lo strega.
Donne lavano i bimbi nel fiume
Sono palpitanti, i suoi ricordi, e li racconta nei dettagli, con fervore; a volte con un’ironia sottile, garbata. Rispolvera le vicende dei Paesi che ha conosciuto, descrive gli uomini, le abitudini, le feste, i riti. Eccolo a Timbuktu, che, dichiarata patrimonio dell’umanità, sorge a pochi chilometri a nord del fiume Niger, mèta dei grandi viaggiatori dell’800, “quando aveva già perduto i fasti della città piena non solo di oro e commerci”, per cui era ritenuta una specie di Eldorado, ma anche importantissimo centro culturale…, è diventata almeno da quattro secoli una città morta e isolata”, con le sue glorie sepolte in gran parte sotto le dune. Ogni luogo è una miniera, ha scritto Tiziano Terzani, un serbatoio di notizie, di curiosità, di storia. Il tramonto di Timbuktu fu determinato dall’emergente “popolo Songhai, che fu a sua volta distrutto da armate mercenarie marocchine e il favoloso Ghana antico scomparve”.
Trasporto di cammelli
A tenere in piedi la memoria del suo illustre passato, ad alimentarla, “contribuì la lunga lista degli esploratori europei, che cercarono di raggiungere questa ‘regina delle sabbie’”. Proseguendo nella lettura, si ha l’impressione di essere compagni di viaggio del narratore, al quale nelle numerose traversate non sono mancati i problemi, gli inconvenienti, gli imprevisti, le persone sgradite. Come il perugino Paolo, presentatogli da due simpatici signori, uno di nome Gennaro, napoletano bizzarro; l’altro Ciro, detto “calzini bianchi”, apparsi sul traghetto che faceva rotta verso Tunisi. A Nicola venne chiesto di dare un passaggio a questo Paolo, che all’imbarco era vestito pittorescamente e reggeva un borsone voluminoso e una valigia gonfia come le donne africane di Salvatore Fiume, in testa un cappello alla John Wayne e sprovvisto della tenda per la notte. Alla titubanza di Nicola rispose che avrebbe potuto trovare ospitalità nel letto matrimoniale che arredava il suo fuoristrada, visto che veniva occupato solo per metà. E siccome a spremersi le meningi la soluzione spesso si trova, al “cowboy” fu allestito un giaciglio sul portapacchi del fuoristrada di Gennaro.
Il camper in viaggio
Era l’alba del 1980, e Nicola Lo Re guidava una Land Rover modello 110 da lui stesso camperizzata e attrezzata convenientemente: frigo, cucina, letto matrimoniale, appunto, e notevoli riserve d’acqua e di gasolio.
I viaggi, oltre che evasione, sono fonti di cultura. Se fatti con il piacere della scoperta ti danno ricchezza interiore e a volte ti rendono diverso. Anche per questo Nicola preferiva incamminarsi da solo, libero, autonomo, verso nuovi mondi, in cui trovare altre fisionomie umane e panorami incantati, che annotava giorno per giorno come il comandante di un bastimento, perché, anche se ha memoria, un volto, un dialogo, una situazione possono sempre eclissarsi. Così è nato questo libro, dove ogni parola è una gemma, dipinge appieno un’emozione. Lo Re racconta i suoi percorsi, i suoi innamoramenti intellettuali, i palpiti del suo cuore, le sue esperienze quasi con gioia, e gioia inculca in chi lo segue in questo resoconto. “Andare per Africa ha rappresentato per me la scoperta della povertà arricchita dalle sue risorse, ma quasi sempre una sorta di purificazione mentale, uno specchiarmi nelle origini più semplici e nel ritrovamento di interiorità perdute…”. Non ha dunque vissuto l’Africa con la superficialità di chi va per vedere com’è, mandando una cartolina agli amici; “non come un semplice esotismo per occidentali alla ricerca del sole; e se questo mi avesse colorato solo la pelle, senza bruciami dentro, sarei tornato a casa con pochi valori aggiunti”.
Nicola Lo Re
La sua Africa – confida – è lontana dai percorsi indicati dalle agenzie turistiche; non è Marrakech, o il cammello che ospita fra le due gobbe gli stranieri, guidato dal padrone in barracano. Non li ha ignorati, non li ha considerati con sufficienza: solo uno sguardo e via, come alle rondini che ha visto spesso in migrazione sulla costa atlantica, “puntuali compagne dei miei rientri in Europa”. L’ha cercata, l’Africa, l’ha scrutata in ogni angolo, il più misterioso, il più nascosto, il più remoto, spingendosi sempre più a sud, fino ad attraversare “tante volte, da grande, tutto il Sahara, da est a ovest, fino al Sahel, dal Golfo di Guinea al Sudan, al Medio Oriente, sempre rigorosamente con macchine fuoristrada, nelle quali poter dormire…”. Quanta acqua ha portato al suo mulino, Lo Re, scrittore vero, molto ben dotato. Evoca le atmosfere con sapienza; descrive nei particolari le cerimonie rituali, come ”L’Aid el Kebir”, la Grande Festa, importantissima nel mondo musulmano, detta anche ”Festa del sacrificio”, per l’immolazione di milioni di montoni. Entrava per la prima volta in Gambia quando su uno zatterone che scivolava sull’acqua del fiume navigava tra una folla “intensa e chiassosa”: le donne calate in abiti vaporosi, dai colori vistosi, con” foulard” aggomitolati sul capo, soverchiato, in alcune, da una cesta colma di merce da vendere al mercato o con coppie di polli legati a testa in giù; e montoni, tanti, da sgozzare “in memoria del sacrificio fatto da Abramo per ringraziare Dio per avergli risparmiato il figlio”.
                    Libia. Tradar Akakus
Chi conosce il grande Sahara, dice, non può non aver sentito parlare di Vittorio Gioni, anche lui malato d’Africa. Nicola lo incontrò ad Agades, nel Niger, dove una volta giunse con l’intenzione di guadare “l’immenso oceano di sabbia del Ténéré”. Vittorio era un funzionario di banca dalle prospettive brillanti, ma rinunciò alla carriera, arredò una Land Rover e si avviò verso quella che considerava la stupenda solitudine. Aprì una gelateria, creò un’impresa turistica, sposò una bellissima ragazza tuareg… Nicola fu accolto a braccia aperte in casa di Vittorio e ascoltò da lui la storia di Agades, le cui origini risalgono al secondo millennio avanti Cristo, “durante la civiltà del rame”. L’ha conosciuta tutta, l’Africa, Nicola, viaggiatore mai stanco, avido. “Le mie mete le ho scelte sempre ‘a pelle’”, senza mai lasciarsi influenzare dalle sirene dei “tour operator”, “che ti fanno sentire un bagaglio trasportato da altri”. E’ andato dove lo portavano il cuore e le esigenze della sua cultura, con una curiosità infinita. “Il sacrario militare di El Alamein m’impressionò con la seria ed essenziale imponenza in un paesaggio di grande solitudine…”. Quando arrivi all’ultima pagina di “Africando”, dopo aver sospirato l’Africa anche ammirando brandelli di bellezza in decine di foto a colori e in bianco e nero, deponi il libro e ti prometti di riaprirlo presto.
Anche per la qualità del linguaggio, fatto di parole e di immagini, oltre che per il contenuto, che è un pozzo senza fondo di notizie, eventi storici, personaggi avvicinati, mezzi di locomozione, come gli elefanti teutonici a C., “dove la C sta per crisi”: quegli enormi camion a sei ruote motrici, che, “con perfetta organizzazione e tempi teutonici scorrazzano manipoli di turisti in spazi immensi, con tappe da incubo”. Ne ha viste, di cose, Nicola Lo Re, che cominciò a viaggiare a vent’anni con una piccola moto, estasiato alla vista del treno del deserto in Mauritania; “del cielo che in Libia si specchia nel lago di Um-el-Mad; della cascata di Ouzoud in Marocco; del tramonto sulle rocce nere dell’Air nel Niger; delle scene di pesca a St. Louis nel Senegal; del ”dito di pietra”, la montagna che per i Kirdi è una dea … Nicola Lo Re definisce “Africando” frammenti di memoria, “piccoli ricordi che emergono dal mio passato di viaggiatore”. E’ invece un libro piacevolissimo, e anche istruttivo. Si è fermato, adesso, Nicola Lo Re? Ma no. Spera di riprendere un’avventura in compagnia del nipote Armando, al quale ha trasmesso il mal d’Africa.


                                      e-mai di Nicola Lo Re: lorenicola@yahoo.it

1 commento:

  1. qualcuno sa dove trovare questo libro? la email torna indietro....

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