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mercoledì 8 novembre 2017

Il “charleston”, il “Cha cha cha”, lo “spirù”



Il famoso giornalista Alfredo Pigna balla sulla Michelangelo
SI BALLAVA PER DIMENTICARE

I DISASTRI FATTI DALLA GUERRA
  
I grammofoni lanciavano le

voci di Luciano Tajoli, Oscar

Carboni, Giorgio Consolini,

Claudio Villa.

Il film di Vittorio De Sica, nel

’50, Miracolo a Milano”, e le

balere.


 Franco Presicci
Molti sfregi e lutti provocò a Milano il secondo conflitto mondiale. E molti piansero sulle macerie. Le strade erano percorse da carrette tirate da cavalli, anche loro affamati, e perfino da un dromedario, idea di un estroso trasportatore. I tram viaggiavano stracarichi, con passeggeri sui predellini o addirittura appesi al “trolley”. Il carbone scarseggiava e il freddo faceva battere i denti. Tra i ruderi qualche tonsore rasava il cliente seduto su una panchina recuperata, o su un blocco di cemento, pezzo delle ossa spezzate d’un edificio. Intanto si pensava a ripristinare il volto della città. E intervennero le ruspe, che trasportarono il materiale a San Siro, modellando la Montagnetta, poi Montestella, sulla quale, in ricordo dei morti e dei disastri (ricordiamo la strage di Gorla, 184 vittime, soprattutto bambini sotto la scuola elementare sbriciolata), vennero piantati alberi anche dagli studenti. Il morale era a pezzi.
Tango
Non si riusciva a placare il ricordo delle bombe. “Qui sul Naviglio Grande non ne sono cadute”, mi disse una signora bassina, sottile, i capelli argentei – ma ho ancora nelle orecchie il fracasso che facevano quelle che cadevano altrove”. Ma bisognava scuotersi, arrangiarsi, tornare a vivere, liberarsi dell’angoscia, elaborare i lutti. Molti speravano nella Sisal, che, inventata dal meneghino Massimo Della Pergola, emise la prima schedina il 5 maggio del ’46. Due mesi dopo un impiegato di nome Emilio Biasetti con un 12 vinse oltre 500 mila lire. Che allora erano soldi. Nonostante la miseria, la fame, la mancanza di lavoro, l’incertezza del domani, a poco a poco nella gente tornò la voglia di darsi alla pazza gioia a suon di musica, anche per dimenticare. E la puntina seguiva i solchi magici del 78 giri che giravano sul grammofono a tromba o a cassetta. Furoreggiava il Trio Lescano; fece scandalo il bikini; al cinema arrivò “La vita è meravigliosa” …
Il maestro Giuseppe Martini balla con un'allieva
Soprattutto i giovani ballavano il “boogie-woogie” di origine americana, che subì la concorrenza del “booky tonky”. Giuseppe Martini, insegnante di tango e walzer in una scuola di danza del quartiere, sa tutto, di quegli anni. Almeno per quanto riguarda i “voli” sulla pista. “Andavano molto anche il charleston, il “cha cha cha, lo spirù, che in francese vuol dire scoiattolo – mi disse un giorno del 2008 -. Oggi sembrano ignorati, ma allora turbinavano, tra wiskhy e Coca cola, bibita che dalle nostre parti circolava da una ventina d’anni”. Per Tullio Barbato, giornalista di punta del quotidiano del pomeriggio “La Notte”, poi chiusa, e direttore di Radio Meneghina, pratico come pochi di storia milanese, “la gioia per la pace ritrovata esplose in tutte le zone, di sera e nei giorni festivi. I cortili si trasformavano in piste da ballo ed erano presi d’assalto. Fra i brani di maggiore successo, “Cantando con le lacrime agli occhi”, “Addormentarsi così”, “Fiorin Fiorello” di Vitttorio Mascheroni, che nel ’52 trionferà a Sanremo con “Papaveri e papere”. In via Washington 98 suonava un’orchestrina diretta da Gorni Kramer, poi trasferitosi alla Sirenella di via Rovello. Bruno Pallesi, ricorda Barbato, che è anche scrittore (suoi un libro sul terrorismo e uno sulle case di tolleranza milanesi), cantava in un cortile di via Cola di Rienzo; Wanda Lorenzini in viale Lanino; tanti altri nelle corti delle osterie con gioco delle bocce: all’Isola, a Brera, in piazza Bolivar, e delle cascine di periferia. Walter Annicchiarico, in arte Walter Chiari, mieteva risate in un locale semidiroccato di piazza Cavour. Nelle vie transitavano organetti e tricicli con grammofoni a manovella. Le persone uscivano sui balconi o si assiepavano attorno ai musicanti e, potendo, non lesinavano qualche spicciolo.
Tango alla Ghironda a Martina Franca
E si aprivano sale da ballo. “Di ogni tipo e per ogni classe, per i ricchi e per i poveri”, continuò Martini. E Barbato, in occasione di una interessante conversazione a Radio Meneghina, in via Monte di Pietà, ne citò alcune: “Il Giardino dell’Odeon”; il “Tosca”, affacciato sul Parco Solari; “La Lucciola”, “La Meridiana”, di via Cellini; la “Punta dell’Est” all’Idroscalo, dove si esibirono artisti di rilievo, come Don Marino Barreto jr.; l’”Arenella”, prima ribalta per Wilma De Angelis e Arturo Testa (chi non lo ricorda in “Io sono il vento” negli anni ‘70?). I circoli organizzavano feste con orchestrine e cantanti. Per i nottambuli, i “night”: l’”Astoria” in piazza Santa Maria Beltrade, il “Carminati” in piazza Duomo; la “Taverna Ferrario”, in piazza Cairoli; “El Maroco”, in via Paolo da Cannobbio; il “San Souci”, lo “Shangai”.
Ballo sulla Michelangelo
Tutti in centro; e anche qui chitarre, batterie, bassi e ugole di belle speranze. Dominvano Peter Van Wood, Lelio Luttazzi, Franco Cerri, Bruno Martino… Quando Vittorio De Sica, tra gli orti e le baracche di Lambrate, cominciò a girare “Miracolo a Milano” (nel ’51), con un gruppo di barboni autentici reclutati nella stessa zona, si fece largo il fenomeno delle balere, locali meno estesi, più dimessi e più accessibili a chi non aveva il portafoglio pieno, con la prima consumazione compresa nel biglietto e i dischi al posto dei complessi o complessi più modesti. Una domanda impertinente non sorprese Martini: Il ballo era anche l’occasione per cuccare?. “La maggior parte delle ragazze erano timide; ma dopo qualche sera a volte si poteva anche azzardare l’invito ad un incontro a due.
Una coppia di ballerini
Quelle più spigliate non respingevano il ballo della mattonella. Ma, attenzione, eravamo distanti dagli atteggiamenti di oggi. C’era più pudore, più riservatezza, più rispetto per gli altri”. Si ballava per divertimento, spensieratamente. E ogni tanto emergeva un fuoriclasse, come Bruno Dossena, detto “Boogie”, ballerino di “rock” acrobatico. “Adesso chi viene a scuola vuole imparare bene i passi, e ci riesce, ma non noto più la gioia di un tempo”. Certo non tutti possono mirare a “Ballando con le stelle” o ai livelli di un Alejandro Aquino, che appresa l’arte del tango da tre eccelsi maestri, tra cui Pepito Avellaneda, dette prova di ammirevoli virtuosismi nei migliori locali non soltanto di Buenos Ayres. Aggiunse Martini: “Di scuole a quell’epoca quasi non si parlava. L’associazione nazionale maestri di ballo, con uffici a Modena, di cui faccio parte, è nata nel ’45, ma allora i maestri scarseggiavano e quindi anche gli allievi. Negli anni 60 le richieste aumentarono e i maestri diplomati anche”.
Balli in cortile
Si ballava anche in casa, il sabato e la domenica, con le voci di Claudio Villa, Giorgio Consolini, Oscar Carboni, Luciano Tajoli, che ebbe il suo primo successo nel ’41 con “Villa triste”, facendosi acclamare poi con “Balocchi e profumi”, di E.A. Mario, “Violino tzigano”; nel ’47 “Canta se la vuoi cantar”. Un’altra maestra di danza, Daniela Arnoldi, intervistata nel 2009, raccontò che la passione l’aveva ereditata da uno zio, al quale piaceva ballare e tenere unita la famiglia. La domenica e nelle altre feste comandate riuniva nipoti, sorelle, cugini, spostava i mobili e apriva le danze. Si ballava come ognuno sentiva, mentre adesso si devono seguire passi precisi per ogni danza. Erano già gli anni 70. A Sanremo esplosero Adriano Celentano e la moglie Claudia Mori con “Chi non lavora non mangia”; Gino Paoli cantava “Il cielo in una stanza”; Domenico Modugno “Nel blu dipinto di blu”; Tony Dallara, il re dei nostri urlatori, “Come prima”, brano immancabile nei balli popolari, che si arricchirono con il calypso, il mambo, la samba, il surf, il sirtaki, lanciato dal film “Zorba il greco” con Anthony Quinn. Daniela Arnoldi confidò che le piacevano Mina e Gianni Morandi. Di Tony Renis “Quando quando quando”. I suoi balli prediletti il twist, i balli di gruppo, come il famoso trenino. Nella sua scuola andavano molto il walzer viennese, il walzer lento, la polka, il tango, il fox, la mazurka, il cha cha cha, l’hully-gully, e anche la tarantella. “Il ballo ha più appassionati di una volta, anche perché ci sono più scuole. Molti scelgono la sala da ballo perché troppo pigri per andare in palestra”. Anche la solitudine può spingere al ballo. “Quando va la musica i piedi si muovono da soli”. E li si lasciano andare. Con arte e non.














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