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mercoledì 22 novembre 2017

Incastonata fra Taranto e Martina


 


LA FRANCESCA, GIOIELLO

FRA LE CENTO MASSERIE



Masseria Francesca
Gastronomia qualificata,

ospitalità superlativa,

gite in carrozza,

cavalli murgesi che

ballano la “pizzica”,
 
concertini,

serate danzanti,

parco-giochi, momenti

rock,

ogni tipo di “confort”.



Franco Presicci


Una fisarmonica e un sassofono suonati da due virtuosi, Vito Santoro e Armando De Sales, hanno inondato di musica, l’altra sera, le sale-ristorante dal soffitto a stella della masseria Francesca, a Crispiano. 

Vito Santoro - Armando De Sales
Hanno fatto rivivere gli anni Sessanta e Settanta, con “Legati a un granello di sabbia”, di Nico Fidenco”; “Nel blu dipinto di blu”, di “Mister Volare”: Domenico Modugno; “Le mille bolle blu”, cantata da Mina al Sanremo del ‘61; “Il nostro concerto” di Umberto Bindi, che lo interpretò piangendo, con “Arrivederci”, nel ‘63 all’ Intra’s Derby Club di Milano, presenti Giorgio Gaber, Paolo Stoppa e Rina Morelli; “Quando quando quando”, che, scritta da Alberto Testa, vinse la rassegna sanremese nel ’62 con l’accoppiata Tony Renis, autore della musica, ed Emilio Pericoli, esplodendo poi negli Stati Uniti con la voce di Pat Boome e fiorendo in Vietnam nel 2008. Da tutti i tavoli scrosciavano ovazioni, mentre i camerieri, sincronizzati e veloci come maratoneti, servivano castagne, polenta, funghi, cipolla al forno, un delizioso risotto e uno stinco al Primitivo di Crispiano, accompagnando i piatti con un ottimo Novello (cantina di Lizzano), primo vino dell’anno, tradizionalmente bevuto in occasione della festa di San Martino: ricorrenza in cui, recita un vecchio detto popolare. ogni mosto diventa vino.
Ospiti della serata
E questo seduce il palato per il suo colore vivo, intenso, e per la generosità del gusto.
Una serata memorabile, allestita da Michele Conserva, ottimo anfitrione. Insomma, un binomio felice: gastronomia qualificata e volo di brani che all’epoca fecero sognare milioni di giovani innamorati, mandando in visibilio anche un oceano di anziani, come “Romantica” urlata da Tony Dallara. Ogni tanto Santoro, noto tra l’altro per la sua naturale “vis” comica, distillava battute effervescenti dalla sua botte sempre piena; cambiava le parole di “Love in Portofino”, del “Barattolo” di Edoardo Vianello…; dedicava brani ad amici ritrovati; zigzagava fra gli spazi con il mantice che gli è compagno da una vita, mentre un manipolo di “fans” invocava invano l’ugola della bravissima interprete di operette Federica Ruggieri (a destra della foto in alto).  

Una carezza...condivisa
Sarius si esibisce con una ballerina









Per noi una sorpresa: una visita alle scuderie popolate da una quindicina di cavalli murgesi, tra cui “Sarius”, un asso che nelle serate estive si fa onore ballando senza sbagliare un passo, la “Pizzica”, e regalando ore di svago ai clienti ospitati nelle camere della struttura, ariose e arredate con classe, oltre che ai visitatori, che vanno a godersi la bellezza della Francesca e gli eventi che vi si susseguono.

De Sales - Santoro
“Sarius” è un’attrazione come l’elefantessa Bombay che negli anni ‘60 nello zoo di via Palestro, a Milano, con tutt’altro numero catturava l’attenzione di migliaia di spettatori, soprattutto bambini: dopo gli equilibrismi su una grossa sfera di ferro, scartava i doni che gli venivano dati; e se denaro lo consegnava all’istruttore; se caramelle le teneva per sé; se carta straccia rifilata dai soliti spiritosi la buttava via: fenomeni che nemmeno i circhi equestri più famosi si sarebbero lasciati sfuggire. Sono all’altezza della loro reputazione, questi gioielli delle Murge: fieri, forti, eleganti, fronte larga, occhi dolci e vivaci, imponenti, disponibili alle coccole… Alloggiati come principi in questo complesso dalla linea architettonica semplice, interessante e suggestiva, incastonato nella campagna attorno alla città delle cento masserie, che ha molti meriti, tra cui quello della Sagra del peperoncino piccante che nella passata edizione ha perso uno dei suoi rappresentanti più autorevoli: il professor Massimo Biagi, docente all’università di Pisa ed esperto a livello mondiale della spezie amata anche da personaggi famosi (pare anche da Mao tsè-tung) in ogni sua sfumatura di colore e di piccantezza.
Rientrati sotto una pioggia afona nel ristorante, abbiamo sorpreso Santoro, simpatico, sguardo vivace e penetrante, impegnato in “Besame moucho” con De Sales, che soffiando muoveva ritmicamente le spalle, si contorceva, roteava lo strumento, con i commensali che fungevamo da coro e richiedevano, ottenendolo, il “bis”.
Il maestro Vito Santoro
Santoro è capace di fare spettacolo da solo: musica e teatro. Lo stesso           De Sales, sassofonista di grande bravura, rideva a crepapelle agli “schetch” estemporanei del compagno. Poco prima di mezzanotte, il gran finale. La musica ha alzato i toni; poi tutti hanno indossato i cappotti e si sono incolonnati verso l’uscita. Ma alla testa della fila è stato imposto l’alt dalla pioggia, fattasi incalzante, aggressiva, rumorosa; e toccava il pavimento come piedi di ballerini scatenati sulla pista. Qualche ardito l’ha affrontata correndo verso la superba quercia secolare, chioma a cupola, un’opera d’arte che signoreggia al centro dell’ampio piazzale; e, dopo una breve sosta sotto quell’ombrello vegetale, con un’altra sgambata acquatica, inzuppato, ha raggiunto l’auto, parcheggiata fra macine di pietra disposte a mo’ di ornamento, e un grosso sasso con la sagoma di un cane San Bernardo. Una di quelle pietre di Puglia che hanno forme zoomorfe o umane: monumenti come i tronchi e gli zoccoli degli ulivi saraceni. E’ stato Michele Annese, per anni segretario generale della comunità montana, direttore della Biblioteca “Carlo Natale”, e conoscitore delle masserie, della loro storia, della loro attività antica e moderna; amante delle loro caratteristiche architettoniche, ad offrirci l’occasione di alcune ore gioiose in quest’oasi fra Taranto e Martina, in territorio di Crispiano.

 Masseria Francesca di sera
Un agriturismo “super”, fra corolle di alberi, folklore e tradizione, ogni “confort”, vari angoli rilassanti: dal piano bar a una sala detta del frantoio, al parco-giochi, ai percorsi per passeggiate in carrozza, momenti rock, manifestazioni di arte equestre, galoppate di colossi murgesi allevati nel regno della Francesca. Dove c’è poco da annoiarsi, tra concertini, omaggi a interpreti famosi (uno, tra i più recenti, a Renato Zero), grandi feste, serate danzanti. come quella della notte di Ferragosto, degustazioni di antipasti di derivazione contadina…. Tutto in un ambiente rustico ingentilito da un restauro corretto e intelligente. Un luogo, in cui il silenzio è rotto al massimo dal canto del gallo, dal gorgheggio di un uccellino, dal nitrito d’un cavallo, che vanta origini lontanissime e nobiliari.
Tanti stalloni – ci informa uno che la sa lunga, anche se non quanto Alfonso Basile (tra l’altro preparatissimo melomane) e Luca Pastore-Chiancone, entrambi di Martina - furono importati all’incirca nel 1500 da Matteo Andrea Acquaviva, conte di Conversano. Soddisfatto, e noi con lui, Michele Annese, di solito riservato e misurato nelle parole. Continuava a versare gocce di Primitivo in calici invitanti, esaltando le doti del nettare, una delizia, dopo il breve brindisi intessuto da Michele Conserva e gli “exploit” del “duo” artistico, ben amalgamato e vincente. Tra saluti e baci, una giovane signora, carrozzina al seguito, ha sussurrato a un “apulo-lombardo”: “Scusi, lei è…?”.
Maestosa quercia nel piazzale della Masseria
La risposta è stata un lungo abbraccio: zio, anziano, ma artapecorito, e nipote che, abitando in città diverse, non si vedevano da vent’anni, si sono ricongiunti (quando si dice il caso). “Io e il mio ‘ragazzo’ veniamo spesso alla Francesca. Ci piacciono la cucina, il servizio e l’accoglienza’”. Nel ‘700 questa masseria era una dimora contadina, che avrebbe potuto seguire il destino di tante cascine lombarde, abbandonate o demolite, come la Guardia di Sopra e la Cascina della Seta (e non è in ottime condizioni, nonostante gli sforzi dei fratelli Bianchi, neppure la Linterno, che per 9 anni ospitò Francesco Petrarca desideroso di solitudine). E invece eccola, la Francesca, convenientemente rimessa a nuovo, in parte convertita a ristorante, albergo, b&b, allevamento di cavalli murgesi... Tutta da ammirare; una signora che ha tante grazie da mostrare, da poter ammaliare, con il paesaggio, ricco e vario, che la circonda, l’ispirazione di un pittore dal nome consacrato. Proprietaria la famiglia Ruggieri di Martina Franca, la sezione agricola è curata dalla famiglia Caroli e la ristorazione da Michele Conserva, 54 anni, che si avvale di valenti collaboratori. I profumi e i sapori della Francesca ci hanno seguito nel rientro, come per invitarci a tornare. Promessa fatta, mentre, uscendo dall’auto, a Taranto, guadando la strada sommersa dall’acqua, il pensiero è andato al diluvio universale.










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