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giovedì 11 gennaio 2018

Gigi Pedroli, artista eclettico e virtuoso


 
I SUOI PERSONAGGI PROVENGONO
 

DA UN MONDO FATTO DI SOGNI
 

Gigi Pedroli agli 80 anni della Martin
Realizza le sue opere sull’alzaia

Naviglio Grande nel suo Centro

dell’Incisione, nato oltre 40 anni

or sono. Ha esposto in Italia e

all’estero, in gallerie d’arte,

osterie, circoli, associazioni

culturali …

In questi giorni le sue

creazioni sono in uno spazio della

Martin Luciano, a pochi passi dal

Centro, per gli 80 anni della famosa azienda.





Franco Presicci

Se un turista ha voglia di conoscere la vita di una volta sul Naviglio Grande, deve rivolgersi a Gigi Pedroli, gigante buono e artista eclettico: pittore, scultore, ceramista, affreschista, cantautore…
Gigi Pedroli nel Centro dell'Incisione
Non so più da quanti anni lavori sull’alzaia, in una bella struttura che ospita il Centro dell’incisione da lui diretto assieme alla moglie Gabriella; so che, se interpellato, lui risponde con dettagli, facendo nomi di artigiani e di artisti che non ci sono più, come Guido Bertuzzi, Aldo Cortina, Riccardo Saladin (in arte Sarik), il poeta Armando Brocchieri che esaltava la sua Milano in versi dialettali… Gigi evoca con piacere le atmosfere; ricorda gli abitanti che da tempo hanno fatto fagotto, tra cui i tanti meridionali che non potevano più sopportare il galoppo dei canoni. E racconta con grazia carezzevole le vicende che si sono susseguite su queste “strade d’acqua silente” (Alfonso Gatto) anche nelle sue canzoni, briose, divertenti: ”el barbun”, “el pitur”, “el barun”…, con cui intrattiene gli amici in una sala di quell’oasi di tranquillità, di pace dominata da decorazioni di vite americana che si arrampica e si spande sui muri. Il suo regno è qui che Gigi Pedroli costruisce le sue figure che sembrano emergere da un mondo onirico, come in “Quater pass in Galeria”, dove una folla di persone deformate, stravolte, una sull’altra, rese con un’ironia mai caustica, quasi arriva al tetto del salotto di Milano, la Galleria Vittorio Emanuele; o come in quell’acquaforte, in cui i frutti di un albero dal tronco a mo’ di barile sono troppo in alto per chi tenta di raggiungerli; o ancora laddove un’altra folla, molto più nutrita, solleva il Duomo come fosse di cartapesta.
Pedroli esegue un lavoro di ceramica
Gigi sembra divertirsi a snaturare i suoi personaggi e l’ambiente che popolano; a sconfinare nell’immaginario. L’osservatore viene catturato da tutte quelle figure strambe, sofisticate, surreali immerse in un’atmosfera di autentica poesia: sagome che volano; innamorati seduti immobili come statue su una panchina sovrastata da un paesaggio; uomini o donne seduti al tavolo di un caffè… che ora sfilano in una mostra organizzata nell’ambito delle celebrazioni per gli ottant’anni della ditta di divise militari Martin Luciano, che sorge a una decina di metri dal Centro dell’Incisione (che è in alzaia Naviglio Grande 46), dove Gigi Pedroli tiene fra l’altro corsi d’incisione. L’artista è un narratore piacevolissimo. E quando interpreta i suoi brani pizzicando la chitarra si accendono sorrisi ed esplodono risate. Tra i più assidi frequentatori delle serate che Gigi allestisce in onore del vernacolo meneghino, il professor Lauria, docente in pensione alla facoltà di veterinaria e geloso custode della lingua del Porta; Roberta Cordani, brillante curatrice dei pregevoli volumi su Milano e la Lombardia editi dalla Celip; Graziana Martin, titolare con il fratello Paolo del grande negozio aperto alla mostra...
Gigi Pedroli
Sia nelle sue canzoni sia nelle sue opere si scopre un amore profondo per il prossimo, soprattutto per i meno fortunati che dormono e sognano sotto i ponti o in scatole di cartone anche quando il freddo fa battere i denti. Il gigante buono, capelli spioventi sulla nuca, alto quanto un giocatore di basket, prende di mira anche i titolati, come quello che “el purtava la vestaja con le cifre e lo stemma del casato”. Suona anche il pianoforte e altri strumenti. Della sua arte non parla. Non la giudica, non la esalta. Lascia che siano gli altri a valutarla. E stando davanti a un suo quadro, a una sua ceramica, a un suo olio ci si ferma a lungo, rapiti dagli impulsi, dalle emozioni che questo artista prolifico e brioso esprime. Non cerca la pubblicità, anche se sono in molti a scrivere di lui, dei suoi quadri, delle sue canzoni, delle tante iniziative che nel tempo ha avviato.
Pedroli al lavoro
Artista virtuoso, versatile, originale; uomo simpatico e affabile, disponibile, saggio. In testa un cappello a falda larga, sollecitato apre uno spiraglio della sua biografia. “Sono nato negli stabili dei tranvieri di via Gran San Bernardo, dove i gabinetti erano stati già tolti dai cortili e sistemati nelle abitazioni; e ho cominciato a manovrare spatole e pennelli nelle case di ringhiera del Naviglio Grande. Ho amato e ritratto, come oggi, la gente, soffrendo nel vedere quelli che se ne andavano. Lavoravo e partecipavo alle associazioni, che. organizzando esposizioni, richiamavano giornalisti, architetti, medici…”. Era il 1970, La sera improvvisavano teatrini nei locali, lui suonava la chitarra e cantava le sue ballate che “dipingevano” i barboni, la “vegia ustaria”, “la mundna”… e con eleganza e riguardo le signore che passeggiavano sui marciapiedi lottizzati; le osterie in cui andavano a mangiare la trippa o il bollito con l’insalata, la minestra. In una composizione Gigi si ispira ai “terun”, perché – dice – la realtà del naviglio comprendeva anche loro, ”che salivano a Milano in cerca di sistemazione”.


Il Naviglio Grande
Festa sul Naviglio

E continua: “Quando sono venuto qui era tutto tramezzato: in ogni spazio la brandina per l’immigrato”. Sauro, il vecchio barbone che innaffiava le sue alette di pollo con il vino della ‘vecchia osteria del porto’, passava le notti all’addiaccio, sotto il ponte della ferrovia, con il pigiama di flanella. Era sempre brillo: Gigi compose anche per lui una ballata, seguita da ‘L’acquarellista’, che non lavorava dal giorno in cui tracannò la prima bottiglia e viveva racimolando qualche soldo nelle gallerie d’arte della zona. Indossava sempre il cappotto anche quando Milano arrostiva. E l’Adamo? Non c’era giorno che non mandasse giù il sessanta per cento di Barbera e il 40 di ‘alternativa’”. Sbarcava il lunario con i suoi quadretti: grossi cerchi neri su fondi bianchi e viceversa. Una notte in cui il clima era più rigido si addormentò in un androne e lo trovarono morto il mattino dopo. Tutti conoscono Gigi Pedroli. Anche la gente comune, che passa ore e ore alla Festa del Naviglio o al Mercatone dell’antiquariato, e svirgolando fra le centinaia di bancarelle fluisce al Centro dell’Incisione attirata dal suo mondo fantastico. Una volta ci andai con Ibrahim Kodra, il pittore albanese il cui nome è rimasto scritto nel cuore della gente di Brera e non solo. Qualche giorno dopo v’incontrai Nanni Svampa e Francesco Salvi. “Ogni giovedì offrivo con Faini lo spettacolino ‘Sorrisi e lacrime’ e alla fine regalavamo agli intervenuti un’incisione”. Il “curriculum” di Gigi è corposo. Si apre con il diploma conseguito alla Scuola d’arte del Castello e i corsi di Renato Bruscaglia a Urbino, frequentati con passione e tenacia.
Gigi Pedroli, a destra
E continua con le tante mostre allestite non soltanto a Milano, ma a Varese, a Lodi… e all’estero; non soltanto nelle gallerie, ma anche nei circoli, nelle osterie, nelle sedi di associazioni culturali. In questi giorni eccolo in uno spazio dei Martin, dove lo avevamo visto mesi fa alla festa degli 80 anni dell’azienda, con Luciana Savignano, etoile della Scala, amica di Graziana, che, amante della danza, non si perde uno spettacolo del tempio della lirica. Graziana è contenta di ospitare i “teatrini” di Gigi, che affascinano gli amanti dell’arte. Gigi ha anche altre qualità: si muove a suo agio tra i fornelli. I suoi risotti e la sua polenta cucinati alla maniera dei contadini di una volta: nel paiolo sospeso sulla legna. Li hanno gustati tanti amici del Centro, sorto una quarantina di anni or sono. Autenticamente milanese, ama la compagnia. Ed è felice quando vede quelli che vengono sull’alzaia o sulla ripa ad ammirare il corso d’acqua, i ponti, la bellezza di questo angolo di Milano, decantato da tanti poeti e ripreso da tanti fotografi di classe, come Mario De Biasi e Fulvio Roiter, che per puntare l’obiettivo sul Ticinello arrivò da Venezia, raccogliendo poi le sue perle in un libro festoso pubblicato da Nicola Partipilo, che ha il cuore a Bari e a Milano. I navigli sono percorsi dell’anima, vero Gigi? Attirarono De Pisis; furono amati dai vedutisti dell’Ottocento e dai viaggiatori, che rimasero estasiati, come Stendhal, che li vedeva disposti nella città, come il “boulevard” della Bastiglia alla Madelaine.







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