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mercoledì 2 gennaio 2019

Un nome importante della nostra televisione


IL COREOGRAFO E BALLERINO DON LURIO

E IL DADAUMPA DELLE SORELLE KESSLER

Nato a New York, approdò in Italia nel ’57,
diventando una colonna del piccolo schermo.
Numerosi i suoi successi: fu anche, nel 1999,
in qualità di coreografo al Festival di Sanremo
condotto da Fabio Fazio e vinto da Anna Oxa,
con il brano “Senza pietà”. 



Franco Presicci


Sfogliando il mio archivio fotografico, operazione che svolgo quando non ho altro a cui dedicare il tempo, sono emerse alcune foto di Don Lurio, nome di battesimo Donald Benjamin Lurio, detto “signor Dadaumpa”, classe 33, nato a New York, e mi è venuta l’idea di dedicargli un pezzo, essendo stato un personaggio importante della nostra televisione. Lo avevo conosciuto qualche anno fa e lo avevo trovato gentile, spiritoso, educato, simpatico. 

Copertina del catalogo
Poi, precisamente il 22 febbraio ’99 – ero già in pensione - mi telefonò a casa la collega Giovanna Pezzuoli, poi trasmigrata al “Corriere della Sera: “Tu potresti rintracciare Don Lurio? Fa una mostra di suoi quadri in una galleria milanese e ci piacerebbe pubblicare una pagina sull’evento”. Chiamai il mio amico Mimmo Dabbrescia, grande fotografo che aveva cominciato la carriera nel tempio del giornalismo in via Solferino ed era titolare di “Prospettive d’arte”, nome ispirato da una bellissima rivista che dirigeva con saggezza. “Don Lurio è qui a Sanremo, nella veste di coreografo per il Festival con Fabio Fazio; ti faccio telefonare subito dopo la conferenza-stampa”. Strillò l’apparecchio dopo appena 15 minuti. “Sono felice di parlare con te. Chiedimi quello che vuoi: sono a tua disposizione”. Parlava come ad un vecchio amico in una serata conviviale. E siccome aveva capito l’argomento, si mise subito a raccontare. “Fu il mio insegnante delle elementari a incoraggiarmi nella pittura.
Don Lurio (1)
Intelligente e sensibile, aveva intuito la mia vocazione e non si lasciò sfuggire l’occasione di alimentarla, suggerendomi anche di sostenere l’esame di ammissione alla “Hig School of music and art” di Harlem. Ma non era facile arrivare a quelle aule, dove soltanto 50 ragazzi su mille venivano ammessi…”. E fu la stessa maestra a tranquillizzare i suoi genitori, preoccupati del fatto che lui, ancora bambino, dovesse percorrere la strada 155 a nord dell’omonimo fiume, ritenuta piena di pericoli. La maestra riuscì a convincerli e lui s’impegnò nell’impresa. “Per maggiore sicurezza mi scortò sempre un poliziotto”. Così frequentò la High School per quattro anni, studiando diligentemente, e alla fine dimostrò di avere speso bene il tempo. Ripercorreva il passato senza enfasi, con pazienza, con qualche battuta di spirito, com’era suo solito, come se al Teatro Ariston della città dei fiori si trovasse da semplice spettatore. Don Lurio è purtroppo deceduto, nel 2003, al Policlinico Gemelli di Roma, ma sono molti quelli che non lo hanno dimenticato. Forse tanti giovani non sanno neppure chi fosse il ballerino, coreografo e conduttore, non avendone mai sentito parlare; eppure nel nostro Paese la sua carriera fu lunga e brillante. 

Uomo nudo (carboncino)
Don Lurio (2)
















Aveva studiato danza a Broadway, con Bobe Fosse e Jack Cole; arrivato in Europa, aveva allestito in Francia una grandiosa scenografia per un programma importantissimo; poi in Italia nel ’57, dove portò le gemelle Kessler (che tra l’altro ballavano il “Dadaumpa”, sigla di apertura di “Studio Uno”, e pare avessero assicurato le bellissime gambe presso il Lloyd’s di Londra). Con loro lavorò in questa trasmissione con la regia di Antonello Falqui, che, vista da milioni di spettatori, lanciò tanti attori, cantanti, soubrette…; rivelò Mina e ospitò celebrità come Totò, Peppino De Filippo, Gassman, Alberto Sordi, Enrico Maria Salerno… Sottile, sguardo penetrante, agile, elegante, faccia birichina, sorriso cordiale. La conversazione con Sanremo si concluse con saluti interminabili e un arrivederci a Prospettive d’arte, in via Carlo Torre - a due passi dal Naviglio Grande - dov’erano allineate le sue opere recenti: “donne su divano rosso”, “un matinèe al Sistina”, giocatori di carte, calciatori (acrilici su tela), ballerine, sedie impagliate, tavoli, pinguini, vasi in ceramica, figure maschili, nudi di donne...        I visitatori commentavano: “Ma guarda Don Lurio, dipingeva senza dire niente a nessuno. Tutti credevamo che fosse soltanto quel ballerino formidabile che ci inchiodava davanti alla televisione. Invece eccolo artista della tavolozza…”. Quando le voci si spensero a Sanremo e le luci nel teatro pure, dopo aver consacrato vincitrice Anna Oxa con il brano “Senza pietà”, alla presenza di MiKail Gorbaciov, già presidente dell’Unione Sovietica e capo della perestroika, Don Lurio venne a Milano e si diresse a “Prospettive d’arte”. Andai a trovarlo. Aveva un forte raffreddore ed era tutto imbacuccato in un cappotto chiaro nello studio di Mimmo Dabbrescia e della moglie Bruna, valente critica d’arte. “Ah, sei venuto, hai mantenuto la promessa. Però, mi raccomando, se mi fai delle domande non cercare di fregarmi, perché so che tu sei furbo”. “Hai letto bene il mio articolo? Secondo te nasconde cattiverie?”. Sorrise, per dirmi che stava scherzando. “Vieni, ti accompagno a vedere la mostra, in questa sala ampia, elegante, ricca di luce…Per anni ho dipinto senza mai poter fare personali: non ne avevo il tempo, preso com’ero dal balletto, dalla coreografia”. “Pittura e danza sono in antitesi?”. “No, in fondo il palcoscenico è una tela bianca, dove i ballerini sono i colori… Colori in movimento perché è lo spazio il vero protagonista”. “Hai scoperto anche la ceramica; quando?”. “Verso la fine degli anni ’80. I miei tavoli sono quadrati o tondi. Uno di 170 centimetri l’ho realizzato a Firenze nel ’92. Una copia è stata acquistata dall’ambasciatore Peter Secchia”. “E i pinguini in terracotta?”. “Raffigurano le caratteristiche dei vari Paesi, ma su un piano sarcastico”. “Qual è il pittore che ti piace di più?”. “L’olandese Karel Appel, per la sua grande carica espressionista”. Nel ’78 Don Lurio comprò un suo quadro alla mostra di Boulevard Haussmann, a Parigi. Otto anni prima era stato in Olanda e si era avvicinato al gruppo Cobra, che Appel aveva fondato nel ’49 con Alechinsky, Corneill, Jorn. “Non hai un po’ di rimorso per il poco tempo che hai riservato alla pittura e alla ceramica? In fondo i tuoi vasi sono ricercatissimi e qualcuno addirittura li colleziona”. “Certo che ho qualche rimorso. Da giovane avrei voluto fare soltanto il pittore. Ai colori e ai pennelli ho dedicato tante ore sottratte al sonno”.
I giocatori di Don Lurio
Don Lurio (3)
Ci fermammo davanti a un quadro, acrilico su tela centimetri 70 per 70, collocato di fianco a “Ballerini”, stessa tecnica, sesse dimensioni. Non fece commenti. Fui io a dare un giudizio favorevole, avendo l’impressione che non mi ascoltasse. Una signora si avvicinò porgendogli un fiore, e lui si commosse. “Ho cominciato a vederla e ad apprezzarla nello show televisivo ‘Crociera d’estate’, che andava in onda da Torino”. Intervenni: “Ricorderà il suo exploit in ‘Canzonissima’ di Garinei e Giovannini, con Delia Scala, Nino Manfredi, Paolo Panelli, Walter Chiari…”. “E ‘Sabato sera’ – rispose la donna, bassina, capelli come il carbone, una collana vistosa, appoggiata a un bastone - in cui si occupò dei balletti? E ‘Quelli che il calcio’ alla fine anni ‘60’?. Don Lurio è stato un grande personaggio. Se si dovessero elencare tutti i suoi successi faremmo notte. Per esempio nel ’92 riapparve in ‘Rai Uno’, in ‘Partita doppia’ di Pippo Baudo, per far rivivere il varietà anni ‘60 assieme alle Kessler…”. La signora si congedò quasi inchinandosi. Lo considerava un monumento, un mito. Lui mostrò imbarazzo. Mi disse: “Ho mosso i primi passi sul palcoscenico nella veste di aiuto di Jerome Robbins. A Parigi aprii una scuola di danza e mi esibii a Hollyvood in Tv con Frank Sinatra, Dean Martin, Jerry Lewis, Sempre a Parigi mi scrissi all’Accademia ‘Grand Chaumier’, ma proprio perché senza un soldo in tasca dovetti alternare le lezioni al lavoro, come seconda vedette nello spettacolo di Edith Piaf. Si raccontava a pizzichi e bocconi, senza un ordine cronologico. Effetto del raffreddore, che forse era influenza. Lo sentii mormorare: “Ma io ho la febbre!”. Qualche giorno dopo, nella stessa galleria presentammo il Volume “Venticinque secoli di Milano”, edito in elegante veste tipografica dalla Celip di Nicola Partipilo, e invitai Don Lurio a sedersi al tavolo dei relatori. Dopo un attimo d’incertezza accettò. Un suo brevissimo intervento creò un malinteso con lo storico Guido Lopez, che protestò. Don Lurio sorrise amabilmente e al termine della serata, moderata dal giornalista Piero Colaprico di “Repubblica”, con un pubblico numeroso e colto, consegnò allo scrittore (autore tra l’altro di “Milano in mano”, “Navigliando”…), in segno di pace, un catalogo dell’esposizione con una dedica. La Galleria “Prospettive d’arte” non c’è più”. L’attività di Mimmo l’hanno intrapresa, non da oggi, i figli: Riccardo, laurea in Scienze Politiche alla Statale; e Paolo in Economia e Commercio alla Cattolica, con una tesi sull’economia dell’arte. Ha insegnato a Brera e con il fratello si occupa di nomi di livello mondiale.



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