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mercoledì 13 marzo 2019

Nanni Svampa l’antesignano del cabaret

I Gufi




FONDO’ I GUFI E CANTO’ LA MILANO

CHE AVEVA CAMBIATO FISIONOMIA



Nanni Svampa e Presicci
                                                        
Nato nel ’38 in un quartiere popolare di Porta Venezia, aveva una laurea in economia e commercio e veniva spesso rimproverato dal padre ragioniere: “Ti ho fatto studiare e tu perdi tempo”.


Lui invece diventava ogni giorno più grande nel mondo dello spettacolo: traduceva Brassens e scriveva canzoni, testi per il teatro e per la televisione e recitava al Piccolo Teatro, al Gerolamo su altri palcoscenici di prestigio.


Franco Presicci

Le telefonate che mi faceva Giuseppe Zecchillo nascondevano sempre una sorpresa. “Hai qualcosa da fare sabato prossimo? Ci vediamo alle 17. Se hai voglia anche prima”. E trovavo dei giovanotti che stavano finendo di allestire una mostra di uno dei grandi artisti che impreziosiscono i muri della città; o un soprano sudcoreano che cantava alla Scala: “Se ti interessa, questa mia amica gradirebbe un’intervista”. Una sera mi presentò la moglie separata del tenore Giuseppe Di Stefano” - una signora cortese, colta, intelligente, che mi promise di mandarmi in dono, il giorno dopo, un suo libro su Maria Callas – e ci invitò a cena al “Rigolo”, in largo Treves, dove ti poteva capitare di vedere seduto al tavolo accanto o di fronte un sottosegretario assiduo ai programmi televisivi; lo scrittore famoso; il grande giornalista del “Corriere della Sera”, la cui sede è proprio a un tiro di schioppo dal ristorante.

Copertina del libro di Confalonieri
Un pomeriggio, nel suo vecchio studio di via Fiori Chiari, a Brera, dove lui era insignito scherzosamente del titolo di sindaco, dato l’attaccamento che dimostrava alla vita, alla storia, alla conservazione del quartiere, riunì un gruppo di amici, compreso Giulio Confalonieri, critico e storico della musica allora al “Giorno” e amico dei “clochard”, che gli ispirarono il libro, oggi quasi introvabile, “I barboni di Milano”, per assistere a un’esibizione improvvisata e amichevole di Nanni Svampa, Gianni Magni, Roberto Brivio, Lino Patruno, che, ribattezzati con in nome di “Gufi”, fecero poi un’abbondante vendemmia di successi. Dopo averli ascoltati, Zecchillo s’infiammò: “Sono davvero bravi: avranno una carriera più che brillante”. In quell’occasione conquistarono anche il maestro. Quattro o cinque anni fa, intervistando al telefono Svampa, che viveva a Porto Valtravaglia, sul Lago Maggiore, ma veniva spesso nel capoluogo lombardo, gli accennai a quell’esordio non ufficiale, ma lui fece fatica a ricordarlo. Era così lontano nel tempo e così estemporaneo, con un pubblico così striminzito, sia pure con la presenza di un personaggio eminente come Confalonieri, che tra l’altro aveva composto e messo in scena nel ’23, a Londra, il balletto “Une nuit de Versailles”; era stato applauditissimo pianista concertista, aveva scritto una Storia della musica e composto una biografia del Cherubini vincitrice del Premio Bagutta. L’ispiratore dei “Gufi” era stato Nanni, che mi spiegò di aver avuto l’idea mentre cercava un posto in cui fare il cabaret: “Incontrai al ‘Capitan Kid’, nei pressi della Biblioteca Ambrosiana, Lino Patruno, jazzista di grande valore, e cominciai con lui e con Didi Martinaz.
Nanni Svampa e Lino Patruno
Poi all’Intra’s Derby Club, in viale Monterosa, m’imbattei in Roberto Brivio e in Gianni Magni. La Martinaz andò via e rimanemmo in quattro. Io ero il cantastorie; Lino il cantamusico; Gianni il cantamimo; Roberto il cantamacabro. Il pronostico di Giuseppe Zecchillo si avverò: il fenomeno dei “Gufi” esplose. Spettacoli celebrati dappertutto, televisione compresa. Prendevano per i fondelli i politici, i preti, la piccola borghesia… Nanni Svampa in casa di un’ex compagna di scuola aveva ascoltato alcuni brani di Georges Brassens, se n’era innamorato, e aveva iniziato a tradurli in milanese; e così luoghi e personaggi della Senna sbarcarono sui Navigli, facendo pensare alle atmosfere dell’Ortica. Nel ’68 Svampa portò l’autore francese al Piccolo Teatro, tra vasti consensi.

Piero Mazzarella

E altrettanti ne suscitò successivamente l’iniziativa della Durium, che aveva sede in via degli Osii (dal nome di una famiglia patrizia), passaggio tra piazza Mercanti e via Orefici, sfornando “La Milanese” in dodici 33 giri, un documento storico, una testimonianza di enorme interesse. Che presentò in una serata affollatissima, presenti critici, giornalisti, addetti-stampa di case discografiche… al vecchio ristorante “Cascina Abbadesse”, nell’omonima via un tempo costellata di architetture rurali che abbracciavano una Badia. In quei solchi magici Svampa cantava e Patruno suonava. “Eravamo un gruppo divertente, anche se ogni tanto si litigava”, mi disse Nanni, empatico e schietto, disponibile, milanese con il cuore in mano. Ma non tutte le cose belle durano in eterno. E così verso il 1969 le incomprensioni dovute anche alla diversità di vedute provocarono crepe irreparabili e i “Gufi” si sciolsero. Sembra sia stato Gianni Magni il primo a disertare. “Era la Milano dell’ottimismo e del fervore – mi disse Nanni - con una generazione di comici che facevano la satira della società del ‘boom’... Io proseguii gli spettacoli con Antonio Mastino alla chitarra. Dopo i ‘Gufi’ allestii il trio con Lino Patruno e Franca Mazzola, quindi il duo con Lino, senza trascurare la tradizione di Brassens. Oggi a 30 anni dalla morte del cantautore, scrittore, poeta francese, (amato anche da Fabrizio De Andrè: n.d.a.), sto portando in giro un concerto dedicato a lui, oltre al Cabaret Concerto, antologia di canzoni e storielle”. Nanni Svampa era laureato in economia e commercio. Il padre, ragioniere, lo rimproverava ogni notte, quando aspettava in piedi il suo rientro: “Ti ho fatto studiare e tu perdi tempo”. Ma Nanni di tempo non ne perdeva: passava ore e ore per fare le prove al cabaret. Si era introdotto nel mondo musicale all’università Bocconi con “I soliti idioti”.

Zecchillo nel suo studio
Il vero debutto nel ’60 con la satira musicale “Prendeteli con le pinze e macellateli”, al Piccolo Teatro di Paolo Grassi e Giorgio Strehler e al Gerolamo, il teatro-bomboniera di piazza Beccaria, in cui si esibirono nomi prestigiosi: Piero Mazzarella, Milly, nel ’58 Edoardo De Filippo con L’Opera del Pupo” (nella seconda parte il grande attore si presentò nelle vesti di Pulcinella nella farsa in un atto di Antonio Petito “Pulcinella vedovo e disgraziato padre severo di una figlia nubile, con Felice Sciosciammocca creduto guaglione e’ n’anno”). Lo spettacolo di Nanni andò in scena con alcuni suoi colleghi di ateneo e Nuccio Ambrosoni. Due anni dopo rieccolo nei panni di Nencio ne “La cena delle beffe” con Besozzi. Nel ’69 scrisse “La mia morosa cara”, canti popolari meneghini e lombardi. Nel ’77, alla ribalta all’Odeon con “I desgrazzi di Giovannin Bongè” del Porta. Una vita sul palcoscenico e negli studi televisivi. Sempre presente e puntuale al Festival della Canzone milanese, a Inverigo, con Liliana Feldmann, Lino Patruno e Walter Valdi, che di giorno faceva l’avvocato e la sera recitava al Derby di Enrico Intra, dove sfilarono Charles Trenet, Umberto Bindi, Daisy Lumini e tanti altri, spettatori a volte Giorgio Gaber, a volte Paolo Stoppa e Rina Morelli…
Zecchillo a sinistra a Brera
Il suo primo disco fu “Nanni Svampa canta Brassens”; con “I Gufi” “Milano canta” e “I Gufi due secoli di Resistenza”… Scrisse il volume “Scherzi della memoria” edito da Ponte delle Grazie…Nato nel ’38 a Porta Venezia, Nanni conosceva molto bene i quartieri popolari di Milano e li cantava, come cantava la Milano che cambiava volto. Quando nel ’69 il gruppo si disperse i “fans” rimasero delusi. Si risollevarono nell’81, quando il matrimonio riprese fiato con la trasmissione “Meglio Gufi che mai”, ad Antennatrè Lombardia, la televisione che ebbe tra i suoi principali esponenti in plancia Enzo Tortora, giornalista dallo stile squisito (fu alla “Nazione” di Firenze), conduttore coltissimo ed elegante, gentiluomo di antico stampo e tra i conduttori Ettore Andenna (uno dei suoi programmi “la bustarella”. Nanni Svampa partecipò a film e sceneggiati molto seguiti; realizzò recital al Teatro Uomo e soggetti cinematografici e “sketches” per la Rai, e fece tante altre cose. Era infaticabile, appassionato, ricco di idee, prolifico, studioso, ricercatore di brani nati nelle campagne, tra i contadini. Se n’è andato a 79 anni due anni fa in un ospedale di Varese, suscitando tanta commozione: Ferruccio De Bortoli, già direttore del “Corriere della Sera” e de “Il Sole-24 Ore”: “Addio a Nanni Svampa, interprete di una Milano popolare, autentica, sincera”. Cordoglio anche da parte del sindaco Sala. Qualcuno ha scritto che Nanni Svampa era e continua ad essere il simbolo di Milano; e accenna ai titoli di alcune sue canzoni, tra cui                “El minestron”, “Se gh’ann de dì”, “L’era on bel fior”, “Porta Romana bella”; e le canzoni dell’osteria (“La cervellera”, “Il frate cappuccino”…). Era geniale, uno dei personaggi più rilevanti della musica italiana; antesignano del cabaret. Il tempo non potrà cancellare le sue tracce. p { margin-bottom: 0.25cm; direction: ltr; line-height: 120%; text-align: left; }


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