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mercoledì 10 luglio 2019

I mercati di Milano ieri e oggi

Un mercato dipinto da Guido Bertuzzi

LA NINETTA DEL VERZIERE DI

PORTA E’ NATA TRA BANCHI E

BANCARELLE



Il giorno in cui fu trasferito da piazza
Fontana in largo Augusto (1780) per
l’arcivescovo Visconti fu un grande
sollievo, avendo riconquistato così
la tranquillità e il silenzio.





Franco Presicci 
Quasi ogni quartiere a Milano, come altrove, ha il suo mercato. Stabile o ambulante. In quella via il martedì, in quell’altra il mercoledì, in quell’altra ancora il giovedì...
Pomodori appesi
Il senso del risparmio e il desiderio di trovare prodotti più genuini (le fave novelle pugliesi, i lampascioni, le cipolle di Tropea…) spingono a frequentarli. La gente si ferma davanti alle bancarelle, osserva, medita sui prezzi e sulla qualità e se si convince si mette in fila. E magari, in attesa del suo turno, si trova fianco a fianco con un amico, un vicino di casa, un conoscente con cui scambia opinioni sui problemi del condominio, sulla figlia che si sposa, sul marito che la fa disperare o semplicemente sull’andamento sul tempo. Al mercato è sempre festa, soprattutto per i colori, per la forma dei carciofi, dei pomodori a cuore di bue, per le angurie che sono imprevedibili (“E’ buona? Guarda che ho ospiti a pranzo”, e il fruttivendolo garantisce, giura senza pudore: “Vedrai che penserai a me quando avrai mangiato una fetta dolce e rossa come una rosa). E intanto una donna che traina un carrello già mezzo pieno anche se non se l’hai mai vista ti suggerisce il banco che offre vere cime di rapa della Puglia meno care e più fresche. Al mercato capita anche di litigare: “Signora, lei stava dopo di me e ora la ritrovo davanti. Si rimetta al suo posto e non faccia la furba”.

Fragole
L’autrice del sorpasso difende la sua posizione, i toni si alzano, la polemica si fa aspra, rischia di andare per le lunghe e di degenerare. Basterebbe qualche parola per riportare la calma (“Mi scusi, non me n’ero accorta”), fra l’altro evitando il coro dei commenti. Intanto il veditore per spegnere il fuoco pubblicizza la bontà della sua merce. Questi sono i mercati all’aperto, che innalzano i tendoni, per dirne uno, il sabato in piazzale Lagosta (che ha anche un mercato permanente, al chiuso), dove è preferibile andare a piedi o in tram, perché il giorno in cui lo slargo si trasforma in foro boario (vi si vendono anche coniglietti, uccelli, criceti) il traffico impazzisce, intasando anche le vie vicine (Pola, Alserio, Borsieri…). Storico quello di Sinigaglia, punto di smercio di ogni tipo di mercanzia, comprese biciclette usate, alcune – si vocifera da sempre - procurate in modo sospetto. L’ultima volta l’ho visitato una trentina di anni fa alla darsena, cercando un orologio ”parlante” e un trenino di latta a corda che passa sotto due gallerie, una di fronte all’altra. Trovai il primo ma non il secondo. Intercettai però una farfalla, ricordo della mia infanzia, che grazie a una leva muove le ali. In quell’occasione rividi l’uomo del pianino che suonava canzoni in voga, mentre il pappagallo beccava, a richiesta, da una cassetta piena di fogli colorati, la pianeta, l’oroscopo.

Largo Augusto
Il mercato un tempo più rinomato e ai giorni nostri reperibile soltanto nei libri sulla città era il Verziere (in meneghino “Verzée), attivo in largo Augusto (in omaggio all’imperatore romano Giulio Cesare Ottaviano Augusto, pronipote dell’uomo politico e scrittore romano che valicò in armi il Rubicone), dove era stato trasferito da piazza Fontana nel 1780 per volontà del conte Carlo Firmian, ministro plenipotenziario di Maria Teresa d’Austria. Il giorno del trasloco – commentava Otto Cima (nato a Milano nel 1859, da Camillo, pittore, caricaturista, storico, poeta, giornalista, fondatore del giornale umoristico “L’Uomo di Pietra”), fu sicuramente di grande sollievo per l’arcivescovo Visconti, che potette finalmente godersi un po’ di tranquillità e silenzio, perché “era chiassosa ed esuberante quella brava gente nel trattar gli affari e così ribelle alle autorità costituite. Specialmente le donne pronte di lingua e di mano, erano sempre state l’incubo dei fanti del podestà e dei vicari di provvisione…, come in seguito lo furono dei poveri sorveglianti quando comparvero nel 1860.
                                                                               
Pesce al mercato
Carciofi e pomodori
Famosa tra le sommosse femminili quella del 27 giugno 1302, quando essendosi sparsa la voce che il Gran Consiglio intendeva imporre nuove gravezze, le venditrici del Verziere si levarono in tumulto e spalleggiate dalle compagne pollivendoli di Santa Tecla si recarono in piazza Mercanti, dove cominciarono a saccheggiare il magazzino del sale…”. Al tempo degli spagnoli le cose non andarono meglio: ogni santo giorno c’era chi protestava, anche perché le norme sancite dai governanti erano spesso intollerabili. Per esempio, il pesce non poteva essere mandato a casa del cliente, fosse nobile o monaco o danaroso. Chi sgarrava veniva perseguito.

Mercato di piazza Santo Stefano - dipinto  di Giuseppe Canella
Il Verziere era enorme e debordava in corso di Porta Vittoria e in piazza Santo Stefano, che è a poca distanza da via Laghetto, dove confluivano le acque della Fossa interna che formicolava di tencitt”, facchini che trasportavano nei depositi la legna e il carbone che arrivavano con i barconi e - ricorda Raffaele Bagnoli, profondo conoscitore della città e anche autore delle Strenne della Famiglia Meneghina - solennizzavano la loro festa a Ferragosto incorniciando di nastri policromi le facciate delle loro case. Il Verziere, mercato all’ingrosso che solo con il passare del tempo inaugurò lo spaccio al minuto (frutta e verdura, ma anche fiori, carne, pesce e selvaggina), fu definito da Carlo Porta ”scoeula de lengua”, cioè scuola di lingua, per i tanti dialetti che, anche allora, vi si parlavano da parte dei “verzeratt” (chi aveva un posteggio) e degli avventori. Il poeta descrisse questo teatro, variopinto e ricco di voci, sempre affollato, nella sua opera “La Ninetta del Verzée, storia di una pescivendola del luogo che si trasformò in meretrice per colpa di un amore infame”. Per colpa del traffico, che veniva ostacolato dalle bancarelle, il mercato subì diversi trasferimenti: uno con un proclama del conte de Fuentes in quel largo che oggi porta il nome di Marinai d’Italia e ha la Palazzina Liberty, che, realizzata nel 1908 dall’architetto Alberto Migliorini, negli anni Settanta ospitò le rappresentazioni di Dario Fo.

Largo Augusto in un olio di Aldo Cortina
Nelle pagine di Otto Cima si legge anche che nel 1580, su proposta della Confraternita della Santa Croce di Porta Tosa si era deciso di collocare in largo Augusto la colonna sormontata dalla statua di Cristo Redentore (opera iniziata nel 1850 dagli architetti Giuseppe e Giambattista Vismara su disegno di Francesco Maria Richini), perché, come accade spesso nei luoghi più praticati, il Verziere aveva cominciato ad avere una cattiva fama, per certi elementi di malaffare che vi si aggiravano, ma più credibilmente per la cessazione della peste del 1577. Non c’era soltanto il mercato del Verziere, con la sua spettacolarità popolare. Gli faceva concorrenza quello di Porta Ticinese, in prossimità dei Navigli che tra l’altro offrivano le loro acque all’ansia di bagnarsi dei milanesi e anche alla pesca sportiva. Lo scrittore Guido Lopez, autore di tanti libri sulle architetture, i monumenti, la vita nei secoli, le piazze, le vie più importanti, i protagonisti del capoluogo lombardo…, nel suo volume “Milano in mano”, edito da Mursia, parla anche dell’argomento che stiamo affrontando: “Ci furono mercati al Cordusio, al Carrobbio, in piazza della Vetra e in Foro Bonaparte. Lungo via San Maurilio, allo sbocco sull’attuale via Torino, sorgeva l’Ospizio della Balla, che era sì un’osteria con alloggio, ma diventò mercato per cuoi e pellami e più tardi per derrate varie: olii, latticini e sego. E c’è chi ha sentito parlare della Sciostra della Luna, luogo di smercio per generi alimentari “quaresimali (pesci salati e sott’olio, fichi secchi…). Nel capoluogo lombardo c’è una via, nelle vicinanze di Porta Comasina, chiamata Mercato, in quando a suo tempo sede appunto di un commercio stabile, in cui le massaie si rifornivano di pesce, verdure e altra roba da mangiare. A sceglier quel nome fu il sindaco Belinzaghi nel 1872, ritenendo che per lo scopo non fosse il caso di… scomodare persone illustri o fatti storici memorabili.







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