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mercoledì 24 luglio 2019

“Il risveglio del portiere”


Longhi con colleghi della Gazzetta dello Sport


UN LIBRO APPASSIONANTE
DI GUGLIELMO LONGHI


La trama si sviluppa tra

personaggi veri e inventati da

Lamberto Boranga a Gianni

Rivera, a Giovanni Lodetti. Un libro

per chi ama il calcio e la vita.


Longhi con la moglie e il campione Giovanni Lodetti





Franco Presicci
 
Non mi appassionava lo sport. Invogliato dal direttore del settimanale barese “Settegiorni”, Papandrea, assistetti a un paio d’incontri di boxe (uno nella palestra della scuola XXV Luglio), avendo a fianco Rino Di Battista, virtuoso della penna ed esperto della materia (scriveva sul quotidiano “Il Corriere del Giorno” prima di passare alla “Gazzetta del Mezzogiorno”), che mi spiegava i montanti, i ganci, le sventole, le posizioni di guardia, le castagne… tentando di mettermi in condizioni di mettere giù un “pezzo”. Ma fu tempo sprecato. Vidi un terzo incontro tra due campioni in un circo che aveva innalzato il tendone della città vecchia; un quarto al Teatro Comunale di San Severo, ring sul palcoscenico; l’ultimo, protagonista Mazzinghi, la sera dell’inaugurazione di Antennatrè Lombardia, ma nessuno di questi mi coinvolse. Avevo 13 anni quando aspettavo gli ultimi 5 minuti di una partita dell’Arsenal Taranto, sperando che la squadra segnasse e aprissero le porte accogliendo tutti gratuitamente, ma tenendoci ai margini; e feci in tempo a vedere uno slancio acrobatico del portiere che mandò in visibilio gli spettatori.
Copertina libro su Rodi
Quelle mie presenze erano saltuarie. Le domeniche a Taranto erano noiose, se non avevi voglia di andare a mare, allo stabilimento Santa Lucia in viale Virgilio, allestito per gli arsenalotti o a Lido Taranto, per la gente” chic”. Andavo verso il muraglione, dove c’era l’ingresso del campo, ma senza emozione: vittorie e sconfitte mi lasciavano indifferente. Poi m’incalzò: Gianni Nuzzo, persona sbrigativa e determinata, che sedeva sulla plancia di un altro periodico, “Bari Sport” (da tempo mi ospitava la pagina letteraria). Mi telefonò per chiedermi se ero disponibile ad andare allo stadio di Torino per la partita Juventus-Bari (sarà stato nel ’62) e gli dissi che mi sarei fatto accompagnare da mio cognato, Dino Bucci, cataldiano doc e grande appassionato e profondo conoscitore di calcio. Fu lui a scrivere l’articolo come fosse un giornalista provetto. In tarda età ho cominciato ad essere attirato dalle partite, dalle geometrie che i pedatori disegnano sul campo, dai giochi di equilibrismo dei solisti. Oggi li seguo e mi diverto, pur non tifando per alcuna compagine. Non ho mai più messo piede in uno stadio, ma dalla poltrona del mio soggiorno vedo volentieri le beffe all’avversario, i colpi alla palla con il tacco, le testate, le sparate in porta, i voli, i tutti del portiere, la prontezza nell’intercettare la sfera, a inseguirla saettando, a svirgolare. Godo nell’osservare i calciatori che s’inventano il gioco, realizzano strategie, agganciano la sfera, la spingono verso la rete facendo spettacolo, forando la difesa. Così io vivo le competizioni, i momenti esaltanti di un duello. Senza esprimere giudizi su un calcio di rigore, una staffilata, una decisione dell’arbitro. Non mi compete, non ne sono capace. Ma fremo quando un lancio saetta verso la porta e il pubblico ammutolisce per l’incertezza che la violi o finisce contro la traversa e urla, si agita, si scalmana quando è gol o si affloscia quando il tiro va a vuoto. 
Palazzo del Giorno
Non so se per questo interesse tardivo o per curiosità mi sono precipitato a telefonare a Guglielmo Longhi, di cui proprio in questi giorni è uscito il libro “Il risveglio del portiere”. Non lo sentivo da tanti anni, a parte qualche suo intervento brioso su facebook. Guglielmo ha lavorato per oltre cinque anni al “Giorno”, e lo ricordo spiritoso, autentico, gioviale, rispettoso, faccia da bravo ragazzo, sempre sorridente, simpatico ai colleghi e al capocronista, Enzo Catania, abile nel galvanizzare la redazione. Guglielmo si muoveva in punta di piedi, mai polemiche, mai chiacchiere, attento nel lavoro, scrupoloso, bello stile. Poi traslocò alla “Gazzetta dello Sport” - confratello del “Corriere della Sera” - di cui fu direttore il grande Gino Palumbo. Ho saputo del libro sorvolando Facebook, dove a richiamare la mia attenzione è stata una foto con Guglielmo, la moglie e Giovanni Lodetti, a suo tempo centrocampista del Milan, campione europeo, 17 presenze in nazionale, ritratti nella serata di presentazione del volume. Che ha come protagonista un portiere andato in coma per un incidente di gioco. L’argomento mi stuzzicava e mi sono procurato il libro, che ho preso subito a leggere. Sin dalle prime pagine mi ha catturato: scritto con grazia, coinvolge, commuove. E quando arrivi all’ultima pagina, ti prende la voglia di ripercorrerlo. Il protagonista è un medico sportivo che ha il ruolo di portiere in una squadra dilettantistica milanese; ed è anche un accanito tifoso del Milan in particolare di Gianni Rivera, di cui porta con orgoglio li nome di battesimo. 
Guglielmo Longhi
Nel 1989, giocando, si fa molto male, entra in coma e si ridesta dopo 16 anni, scoprendo che il calcio, il mondo, sono cambiati. Non è una scoperta rassicurante: la metamorfosi non è esaltante. Lui deve risollevarsi, e lo fa a fatica, con il supporto del figlio Mattia e di un personaggio reale, celebre, acclamato, che fa parte della storia dello sport: Lamberto Boranga, portiere, che dopo aver militato in serie A nella Fiorentina, nel Cesena, nel Perugia, in cui era cresciuto, diventando campione, ritornò tra i pali all’età di 75 anni. Ottenne risultati anche nello studio, laureandosi in medicina all’Università di Bologna. Gianni torna a lavorare, mette su famiglia, a 40 anni suonati rientra in campo con l’energia e la gioia di un pivello. Una vicenda entusiasmante che Guglielmo costruisce con saggezza e cuore, mescolando in armonia voglia di rifarsi dei giorni perduti, tifo, abilità, ricordi del rettangolo di gioco di un giocatore che difende la sua postazione con coraggio, con interventi geniali. Un libro bellissimo, interessante, che con pennellate efficaci rende le emozioni che il calcio offre a chi lo ama. Un libro per chi esalta la vita, che va affrontata, quando si può, con determinazione e la capacità di rialzarsi quando si cade, di vedere la luce in fondo al buio, l’amore nella solitudine. Il portiere è una metafora. Tra i due pali è solo; e quando la palla arriva con la potenza di una cannonata, lui deve cercare di afferrarla, di sottrarla ad altre spinte; e quando ci riesce è salutato come un mito.
Guglielmo Longhi col figlio Stefano
Un libro che trascina anche chi non bazzica gli spalti. Chi leggendo si immedesima nel protagonista, nella sua volontà di ritornare in campo e anche alla vita, con sostegni solidi da parte del figlio, che lo incoraggia, lo esorta, gli tira le orecchie quando si abbatte, quando sembra cedere alla rassegnazione, lo aiuta a interpretare le novità alle quali si trova di fronte, le incognite che gli si presentano, le nuove mode e i modi nuovi, gli atteggiamenti a cui non è abituato. “E’ accaduto di tutto durante il suo lungo sonno – dice con la sua solita pacatezza Guglielmo – è caduto il Muro di Berlino, c’è l’euro, sono scomparsi i vecchi partiti, sono sorte nuove compagini, Palazzo Chigi e il Milan sono presieduti da Silvio Berlusconi…”. Nel libro sfilano nomi illustri del calcio, Nereo Rocco, per esempio, che arruolato nel Milan conquistò lo scudetto nel primo campionato; passò al Torino e poi rientrò nel Milan, vincendo un altro scudetto…. Gianni Rivera, altro campione di quegli anni, bersaglio di Brera, Gianni come lui, e inventore di un linguaggio giornalistico che è stato argomento di tesi di laurea. 
Longhi con la storica Esther Menascè
“Il risveglio del portiere”, edizioni Effedì, pagine 271, è anche “una storia di sofferenze, di tragedie, di dolore, ma resta un omaggio all’ottimismo”, aggiunge Guglielmo Longhi. “Gianni capisce di aver superato l’emergenza quando torna a lavorare e grazie a Boranga a giocare nell’Iris, che è stata anche la squadra di Mattia. E poi quando torna a San Siro a vedere il suo Milan, il segno della normalità”. Nel 2014 prende una decisione: chiudere la parentesi del calcio. Quell’anno la squadra del suo cuore compie i cent’anni, lui sfida il figlio nel torneo celebrativo”. Pagine da consigliare a chi ama le buone letture e applaudire le pedate sull’erba di veri e propri assi della sfera che suscitano trepidazioni, esaltazione, gioia nei “fans” e delusione quando una sforbiciata fallisce. Guglielmo Longhi ha scritto anche “Rodi, i giorni dell’attesa ’41-43”, prefazione di Mario Cervi, editrice Mursia; libro che è stato presentato dalla storica Esther Menascè, mentre “Il risveglio del portiere” da Giovanni Lodetti. “Il risveglio del portiere” me lo sono portato in vacanza, dove non vado al mare, non faccio passeggiate fra i tratturi di Martina Franca, non frequento il mercato affollato di varia umanità né le feste rionali, non impigrisco su una sedia a sdraio: leggo un buon libro all’ombra dell’ulivo saraceno, che ha la base come i piedi di un elefante. Posto migliore per rileggermi “Il risveglio del portiere”, tessuto da un autentico scrittore.


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