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mercoledì 13 novembre 2019

Il lavoro durissimo dei vigili del fuoco


ANGELI CHE AFFRONTANO IL FUOCO


CON TANTO CORAGGIO E BRAVURA

 



Ne abbiamo avuto conferma, ammesso
che ce ne fosse bisogno, nella tragedia
di Alessandria, dove hanno perso la vita
tre uomini che per vocazione affrontavano
l’inferno.



Franco Presicci

“Ci hanno definiti angeli del fuoco. Questa volta gli angeli sono diventati martiri”. Lo ha detto, commuovendosi, un rappresentante del Corpo, durante uno dei tanti servizi televisivi sulla tragedia di Alessandria. Già altre volte le fiamme hanno seminato vittime tra questi eroi. Ne ho visti, di incendi. Quello che mise in pericolo un intero quartiere alla periferia di Milano, dove vidi crollare un grande capannone e poi un altro, come manufatti di cartapesta, e decine e decine di vigili del fuoco impegnati in uno sforzo immane per placare l’inferno. Uno di loro uscì da una delle due costruzioni qualche minuto prima che si disfacesse. Ricordo il 26 giugno ’84, quando in città si scatenò un tifone: strade allagate, case scoperchiaste, cornicioni franati, alberi sradicati, auto danneggiate; e le fiamme che distrussero un laboratorio di costumi di scena nell’aprile del 2010, in viale Monza. Ricordo anche la grande nevicata dell’85, che fece crollare persino il tetto del Vigorelli.

Leonardo Corbo
Comandante provinciale degli “angeli” era l’ingegner Leonardo Corbo, in seguito promosso prefetto, quindi capo della Protezione civile. Spesso a Milano anche di notte si sentono sibilare le sirene dei “pompieri” (titolo abolito nel ’39), seguite dalle consorelle delle ambulanze e della polizia: da qualche parte bisogna strappare uno stabile, una fabbrica alle vampate. Li vidi scavare tra le macerie in viale Monza, dove tra l’altro straziavano il dolore di chi aveva perso un familiare e di chi non aveva più una casa. Tantissimi anni prima il fuoco aveva aggredito lo stabilimento Pirelli in viale Sarca: uno spettacolo terribile. Un pennacchio di fumo che andava via via gonfiandosi, e il fuoco, che sembrava volersi impadronire del cielo. Nel maggio ’83, ancora in viale Monza, fu ridotto in cenere il cinema “Eros”. E anche lì i “pompieri” non si risparmiarono. I “pompieri” Non si risparmiano mai. Fanno il loro lavoro con abnegazione, pur sapendo che rischiano la vita. Assistetti anche a un incendio al metrò di Sesto (se non sbaglio era proprio lì), sempre ammirando quegli uomini che fanno tanto, ma proprio tanto, per proteggere la comunità. Come accadde anche nella strage di via Palestro compiuta il 27 luglio del ’93 con un’autobomba fatta esplodere dalla mafia davanti al Padiglione d’arte contemporanea. Cinque le vittime: tre vigili del fuoco, un agente della polizia municipale e un immigrato marocchino che dormiva su una panchina dei Giardini Indro Montanelli. Che coraggio e quanta passione, nell’esercizio del loro mestiere. Più che mestiere, una missione.

Modellino autoscala vigili del fuoco
Arrivano tempestivamente in ogni luogo e in ogni circostanza. Non soltanto per domare il fuoco. Quando facevo il cronista mi venne l’idea di trascorrere una giornata nella loro caserma di via Messina, dalle parti del cimitero Monumentale. Chiesi l’autorizzazione al comandante, che non era più Leonardo Corbo, e mi acquartierai nel locale del centralino. Era l’82. Ad ogni chiamata vedevo scivolare lungo un palo dal piano superiore nel piazzale la squadra, che saliva immediatamente sui mezzi e partiva verso la destinazione indicata. Intanto, parlavo con un altro vigile, che mi forniva generosamente una notevole quantità d’informazioni sull’attività del Corpo. La gente telefonava anche per motivi banali: “Accorrete, il mio Giosuè è scappato”. Era la voce allarmata di una donna anziana. Chi era Giosuè, il marito? Ma no, quale marito: Giosuè era il pappagallo. La signora aveva aperto lo sportellino della gabbia per mettergli il cibo nel beccatoio, e il volatile ne aveva approfittato per prendere il volo. Non aveva fatto molta strada: appostato sul ramo di un albero di fronte spiava i passanti. Un vigile del fuoco lo raggiunse e quello non fece alcuna resistenza. Poco dopo: “Qui Darwin, missione compiuta”. 

La notte delle bombe in via Palestro
Il telefono in via Messina aveva ed ha un ritmo incalzante. “Un gatto si è arrampicato sul tetto e si rifiuta di scendere? Si chiamano i pompieri”, mi raccontava il vigile del fuoco prodigo di notizie, mentre ascoltavo il telefonista che rispondeva agli squilli, senza gesti d’impazienza o ironie quando un cittadino gli comunicava di aver perso le chiavi e non sapeva come rientrare in casa. Oggi farlo è più facile, visto che tutti hanno un cellulare a portata di mano. Chiamavano, e certamente chiamano adesso, perché al parco il nonno non trova più il suo Clumber Spaniel (“Un animale prezioso, sa? Abile nella ricerca della selvaggina, incurante dei graffi che gli possono procurare i rovi mentre loro fiutano la preda colpita…”. Tanti i cani smarriti. Ma anche, allora, le scimmie e i serpenti allontanatisi dalle abitazioni private. Qualcuno si meraviglia? Beh, molti anni fa, dalle parti dell’aeroporto di Linate, un tale aveva in casa parecchi rettili, naturalmente in teche sicure. Una notte, lui assente, entrarono i ladri e gli assottigliarono la “famiglia”. Un altro, in un paesino della Brianza, in una stanza teneva un ocelot, ben legato, che mostrava i denti appena si apriva la porta.

Il Naviglio Grande
L’opera dei vigili del fuoco è richiesta dalla signora che al mattino si sveglia e si ritrova con i piedi nell’acqua, perché l‘appartamento si è allagato; e dai cittadini, se uno ha perso la tramontana e minaccia di buttarsi giù dal quinto piano, o se un altro si è buttato nelle acque del naviglio non certo per fare un bagno. A Milano vivono persone che, afflitte dalla solitudine, hanno bisogno di sfogarsi, di trovare conforto. E compila il numero di via Messina. Aggiungiamo all’elenco gli imbecilli che si dilettano a fare scherzi idioti e vili. Un giovinastro finse di vedere la vicina che stava bruciando nel letto perché si era addormentata con la sigaretta fra le dita. Un altro mise in moto il meccanismo perché gli piaceva veder passare le autopompe a sirene accese sotto il suo balcone di casa. Un altro ancora s’inventò un incendio nell’abitazione di un coinquilino e quando i vigili del fuoco entrarono da una finestra si trovarono di fronte a una scena imbarazzante: due coniugi in atteggiamento intimo. Non credo che oggi, con i nuovi strumenti tecnologici, questi sciocchi possano più dilettarsi, distraendo un servizio tanto utile per le città e i paesi. “Gli interventi dei vigili del fuoco sono numerosi e i più diversi”, mi diceva nel 2011 il mio interlocutore, sapendo che dovevo scrivere ella loro festa all’Arena.

Pompieri nel 1895 da libro On Gran Milan di A. Lorenzi, editori Marietti
“Oggi il Corpo ha migliorato le sue caratteristiche peculiari nel soccorso, anche con l’istituzione di reparti specializzati, come il nucleo batteriologico, chimico e radiologico, pronto per attacchi terroristici. Con il Saf, specializzato in tecniche speleo-alpino-fluviali; compie manovre molto complicate: la più recente, la partecipazione al fissaggio dell’antenna del grattacielo “Garibaldi”. Importante anche l’assistenza in campo faunistico: con apposite attrezzature abbiamo recuperato sciami di api e aiutato a salvare molti cervi, tanto che l’ente protezione animali (l’Enpa), con il quale collaboriamo, nel 2005, ci ha assegnato un premio per la sensibilità e l’umanità dimostrata in ogni occasione. Nel 2006 e nei due anni successivi, aprirono la sede di via Messina agli anziani. Li prelevarono con i pulmini nelle loro abitazioni e li portarono nella caserma trattandoli con ogni riguardo. Gli ospiti, provenienti anche dalla provincia, sostarono dalle 8 alle 17 nella centrale operativa e potettero anche visitare il museo del Corpo, ricco di splendide auto storiche. A mezzogiorno si sedettero a tavola assieme ai custodi della pubblica incolumità, e poi, più che soddisfatti della giornata, furono riaccompagnati al loro domicilio. I vigili del fuoco dunque non arrivano soltanto per spegnere un in incendio, per far fronte alle alluvioni, alle frane, ai terremoti, insomma nelle calamità naturali…. Mesi impegnativi – aggiunse il mio cortese informatore - sono luglio e agosto. I milanesi vanno in ferie senza chiudere il rubinetto centrale dell’acqua oppure lasciano la lavatrice in funzione o aperti i contatori di luce e gas. Una casalinga aveva architettato una ragnatela di tubi per dissetare in sua assenza i canarini e le piante: la pressione dell’acqua aumentò e provocò un danno. “E poi il problema degli anziani lasciati soli. Capita che qualcuno cada e rimanga ferito”. “E ci sono quelli che scambiano il “115” per ‘Telefono Amico’. Un lavoro durissimo, pericoloso, che richiede professionalità di altissimo livello. Se n’è avuta la conferma (ammesso che ce ne fosse bisogno) in questi giorni nel caso della cascina esplosa a Quargnento (Alessandria), dove di angeli ne sono morti tre. Una tragedia immane. A questo Corpo, a questi uomini straordinari, bisognerebbe fare un monumento, a testimonianza perenne del loro altruismo.







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