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mercoledì 6 novembre 2019

Correvano gli anni Cinquanta



Il sindaco Monfredi riceve gli universitari
LOTTE ACCANITE PER LA CONQUISTA

DELLA FESTA DELLA MATRICOLA


Un attacco epilettico, forse artefatto,
consentì alla formazione più debole
di raccogliere una valanga di consensi.
Tra le iniziative, la rappresentazione
nel teatro del circolo dei marinai della
commedia di Diego Marturano “Marjie
a canzirre”: un topo scambiato per un
fantasma

CORRIERE DEL GIORNO

 









Franco Presicci 

Chi ricorda le Feste delle matricole degli anni 50, a Taranto? Se si rivolge la domanda a uno dei giovani che frequentano oggi l’università la risposta è negativa. Ma la memoria di alcuni ottantenni sicuramente ne conserva qualche scampolo. E’ trascorso più di un secolo da quando si tenne quella che desidero raccontare, quindi è naturale che sia stata dimenticata, o quasi.
Scena de Marjie 'a canzirre. A dx: F. Presicci
Una volta presi parte anch’io a quel serraglio, e ho ancora in mente le polemiche, i dispetti, le scorrettezze tra le due formazioni in gara. Mettersi d’accordo, unendo le forze per predisporre meglio la ricorrenza era impresa titanica. Anche perché i contendenti erano di diverso colore politico, e quei colori come i campanili hanno sempre acceso gli animi. Come nel minuscolo libro di Indro Montanelli, che riferisce degli “insuesi” e degli “ingiuesi” (quelli del paese alto e quelli del paese basso), che “si affrontavano a colpi di uova marce”. Insomma la fazione opposta a quella a cui io davo la mia collaborazione avrebbe sicuramente trionfato, se il giorno delle votazioni, che si svolsero in un locale di via Berardi, vicino all’ospedale San Giovanni di Dio - che aveva come primario traumatologo il delicatissimo poeta Michele Pierri, che poi sposò Alda Merini - non fosse avvenuto un fatto straordinario: uno di quelli dati per perdenti, fuoricorso di medicina all’ateneo di Bari, ebbe un attacco di epilessia e attirò l’attenzione di tutti, provocando il vuoto attorno all’urna. 
Taranto vecchia
Quando il flusso dei votanti si esaurì e la cassetta venne aperta, la sorpresa fu enorme: i nostri avversari risultarono sconfitti, e andarono su tutte le furie. Pretesero che si tornasse a votare o che addirittura si rinunciasse alla festa. Sembravano irriducibili, convinti che i movimenti convulsi del collega fosse stato un abile “escamotage”. Nonostante il clima arroventato, si dette inizio alle danze, avviando la questua, per raccogliere il denaro necessario per allestire i carri e il resto. Gli incaricati, a gruppi di tre, andarono casa per casa per raccogliere le 10 o le 50 lire elargite dalla cittadinanza; la sera riunione nella sede del comitato, dove il denaro si riversava su un tavolo e si contava. I più abili venivano elogiati; gli altri esortati a rendere di più. Uno, che si distingueva per il carattere scherzoso, sosteneva di avere la capacità di valutare un palazzo dalla facciata: sapeva in anticipo se la cerca sarebbe stata soddisfacente o scarsa. E in effetti il gruzzolo più consistente era sempre il suo. Aveva successo con un metodo particolare: non chiedeva, supplicava. E quando notava che l’interlocutore vacillava, accentuava il tono: “Volete prendervi la responsabilità di mandare a monte la festa che tutti aspettano con ansia? Lo faccia almeno per la ia nonna, che è morta da poco”. I renitenti cedevano per stanchezza.Ma un imprevisto debilitò il comitato. 
Barche in Mar Piccolo
Seduto a un tavolo del bar Principe in via D’Aquino, non sapeva che pesci prendere, perché la somma accumulata non bastava: se si allestiva un carro, bisognava rinunciare a un’orchestra o ad altro. Il problema si profilava insanabile, quando uno del gruppo ebbe un’idea: “Utilizziamo i colleghi che suonano uno strumento, poco importa se bene o male; troviamo qualcuno che possa procurare gratuitamente cinque o sei traini tirati da cavalli, promettendo un ringraziamento pubblico, dal palco che sarà montato in piazza della Vittoria… insomma rendiamo protagonisti anche i carrettieri. E rappresentiamo una commedia dialettale di Diego Marturano o di Alfredo Nunziato Majorano, chiedendo l’autorizzazione per l o spettacolo al colonnello da cui dipende il teatro del circolo dei marinai, nei pressi dell’arsenale. Animo, ragazzi!”. Il comitato riprese energia e si mise all’opera.Marturano, insigne poeta e commediografo, concesse la commedia in un atto “’U cuèrne de Marije ’a canzirre”; le scene vennero date in cambio di 3 mila lire; il colonnello fu generoso e così mettemmo in cantiere il testo. Ma ecco un’altra difficoltà: le studentesse non erano disposte a recitare in dialetto; e alla proposta storcevano il muso. Nessuna disponibilità dai licei, dagli istituti tecnici, dal magistrale. Alle prove avevamo soltanto una ragazza bassa e con i capelli lunghi e corvini, bravina e volenterosa. Che fare? In attesa di un pescaggio fortunato, cominciammo con gli uomini nei panni delle donne. Ma si accese un’altra lampadina nel solito “genio”: “Andiamo in scena vestiti da donna, vedrete che divertiremo di più Sarà una novità”.
La dogana
Il primo a dire di sì fu Minguccio Mondrone, un tipo effervescente, che quando incontrava un amico o un conoscente in via D’Aquino lo abbracciava, sfornando gradevoli e spassose spiritosaggini. D‘accordo anche Ninì Vanacore (la mamma aveva una piccola bottega davanti al cinema Dopolavoro Ferroviario e pare fosse parente di Virna Lisi); gli altri si accodarono. E via al rodaggio. L’interprete principale, il sottoscritto. Trovammo anche un giovane appena diplomato al conservatorio, che accettò di venire a suonare “Ohi Marjie” dalla… strada, mentre la famiglia “d’a canzirre” andava a letto e Tinghisce, il figlio, attraversava il palcoscenico in penombra con l’orinale in mano. Mondrone era bravissimo a divertire il pubblico. Non imparava la parte a memoria e improvvisava battute comiche che disorientavano i compagni di scena. Il “clou” fu quando, durante una recita del rosario, compresa nel canovaccio, inventandosi una pulce su una gamba, unì indice e pollice fingendo di afferrarla, la… depose davanti alla buca del suggeritore, la colpì con uno zoccolo scatenando una nuvola di polvere, che investì il collega sepolto sotto la cupola della ribalta. 
Scena de Marjie 'a canzirre. A dx: F. Presicci
Al pubblico, che straripava, piacque la storia di “Marjie”, che abitava in una casa in cui era deceduta una fattucchiera e si agitava al pensiero che gli strani rumori avvertiti di giorno e di notte dipendessero dal suo spirito, per scoprire alla fine che a farli, quei rumori, era non la maga, ma un topo. Lo spettacolo ebbe l’onore di un articolo sul “Corriere del Giorno”, con tanto di foto. Titolo: “Un trenta anche se senza lode agli universitari tarantini” (se non sbaglio il pezzo era firmato da Arturo Pellegrini, che poi passò al “Popolo”). Se ne occupò anche “Il Messaggero”. Diego Marturano si disse soddisfatto e ricordò che la commedia era assente dai teatri dal ’45. Naturalmente non volevamo imitare gli studenti baresi, che avevano formato una compagnia che si esibì anche a Taranto con un testo di Anouhil. Eravamo attori occasionali, che si dilettavano “semel in anno”, tanto che l’anno successivo ripetemmo l’esperienza interpretando “’A Sanda Moneche”, di Alfredo Nunziato Majorano, che poi sul settimanale “La voce del popolo” invitò i concittadini a dare una mano per creare, per noi, un teatro in un locale di via D’Aquino.
Mar Piccolo
Ma quando Tommaso Carmelo Imperio dell’Enal espresse l’intenzione di riunirci in una filodrammatica rimase deluso; e si avvalse di altri giovani, più dotati e appassionati, che portarono in scena con successo al circolo sottufficiali anche “Trenta secondi d’amore”. Dopo anni, qualcuno, ricordando, quei giorni, disse che avevamo anticipato i Legnanesi, messi su da Felice Musazzi. Esagerazione dovuta alla simpatia e all’amicizia. Per dovere di cronaca, devo aggiungere che il giorno prima dell’appuntamento al circolo dei marinai, il comitato era andato al Municipio, atteso dal sindaco, che era Luigi Monfredi, per la consegna simbolica agli universitari delle chiavi della città; la sera avevamo allestito un processo alla matricola in piazza della Vittoria tra una folla che debordava in via D’Aquino. La manifestazione era stata così intensa, che alla fine un signore anziano chiese all’”avvocato difensore”, dove avesse lo studio perché aveva bisogno di un lottatore come lui, che però non era ancora laureato. Tutto sommato, la festa della matricola anche quell’anno andò benino.
Silvio Noto con F. Presicci
I carri variamente addobbati con studenti imberrettati che suonavano mandolini, chitarre, fisarmoniche, trombe e perfino la grancassa, applauditi dal pubblico schierato ai bordi delle vie D’Aquino, Di Palma, eccetera. Il conducente di una carrozza fu travolto dall’atmosfera e urlava: “Erghià! Erghià”, ma si scoprì che non faceva parte del corteo. In un angolo, solitario, sorrideva divertito “Marche Polle” senza proporre “’U panarìedde”. Gli animi si riconciliarono definitivamente e le divisioni si sciolsero in bicchieri di birra spumeggiante. Con il passare del tempo la memoria si affievolisce e ci fu chi raccontò quella festa a modo suo, attribuendone ad altri la paternità. Succede nelle migliori famiglie. Noi tutti, calato il sipario, tornammo a ballare, ogni sabato, nel salone del Cin Cin Bar” – aperto in piazza Maria Immacolata, di fianco alla libreria Filippi – dove una sera venne a trovarci il famosissimo Silvio Noto, attore, doppiatore, presentatore, che, tra l’altro, negli anni ’50 e ’60 prese parte a tante trasmissioni radiofoniche e televisive, fra cui, “Primo applauso”, programma condotto da Enzo Tortora; “Telematch”, che ottenne numerosi consensi da parte della critica e del pubblico; e condusse, ancora con Tortora, nel ’57, “Voci e volti della fortuna”, abbinato alla Lotteria Italia, conquistando sempre più successo. Da quei giorni sono passati quasi settant’anni; quella generazione si è sfoltita, molti hanno i capelli bianchi.
                                                                                                 
                                                                                    LA VOCE DEL POPOLO     
 IL MESSAGGERO
                                           








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