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mercoledì 11 dicembre 2019

Taranto in una mostra al Castello Aragonese

TANTE BELLISSIME IMMAGINI CATTURATE

DALL’ALTO CON IL DRONE E DAL BASSO 
L'Ammiraglio Salvatore Vitiello con Cataldo Albano


Un grande fotografo, Cataldo Albano, ha percorso ogni angolo della città in cui è nato per esaltarne le bellezze. 

Ha quindi raccolto in un volume i suoi scatti e li ha proposti nella Galleria Meridionale del noto maniero, 
dove è stato accolto da un impareggiabile anfitrione: l’ammiraglio Salvatore Vitiello.



Foto di Sergio Malfatti


Franco Presicci

“Taranto vive tra i riflessi, in un’atmosfera traslucida adatta a straordinari eventi di luce...”: scriveva Guido Piovene nel suo “Viaggio in Italia”. Al fulgore dei suoi tramonti sul Mar Grande aveva assistito anche lo scrittore “come ad uno spettacolo, ad un tramonto splendido, col sole divenuto rosso che cala veloce, simile a un’isola di fuoco che sprofondasse nelle acque. Così, dallo stesso luogo, a un grande plenilunio con sfolgorii bianchissimi e i punti brillanti dei fari disseminati al largo”.

Il trailer della mostra nella Galleria del Castello Aragonese
E ancora: “La città vecchia è collegata a quella nuova con un ponte girevole su un canale per cui passano le navi andando tra il Mar Piccolo e il Mar Grande, spettacolo gratuito e quotidiano…. Il meglio della vita di Taranto vecchia è all’aperto, sulla banchina, tra la muraglia delle case e il Mar Piccolo. E’ uno dei posti più vivaci dell’Italia del Sud, e non saprei trovarne di paragonabili; sembra illustrare una novella orientale, di quelle dove i pesci parlano e spuntano anelli preziosi…”. E Nerio Tebano, nel ’52: “Ho raccolto un po’ di sole: lo terrò stretto tra le mani./ Dono d’amore andrò nei vicoli/ di Taranto vecchia, schiuderò…/ le mani, darò ad essi la luce…”. E’ lunga la schiera dei poeti e degli scrittori che hanno esaltato Taranto. Così Annapaola Petrone Albanese, nell’85: “Aperto il ponte, l’isola diventa/ un approdo lontano./ Basta un solco di mare, un castello imponente/ un brusio che si perde/ a separare un mondo di persone/ Giocano nel tramonto i ragazzini/ sulla sponda di terra che lambisce/ le paranze già pronte per la pesca…”. In via Garibaldi, che dalla discesa Vasto porta a piazza Fontana, dopo aver passato la Dogana, andava Alfredo Nunziato Majorano per ascoltare i suoni, le armonie, le onomatopee del dialetto dai pescatori che ricucivano le reti tra le barche a riposo. E ci andavano forse anche gli altri poeti per sciacquare il loro dialetto nelle acque del Mar Piccolo, “peccerìdde” per Alfredo Lucifero Petrosillo. E qui tra paranze e ”schife”, o piccole barche, ancorate a riva, gomene e “lambare” per la cattura dei pesci di notte, è venuto il grande fotografo Cataldo Albano, tarantino doc che vive a Verona con la nostalgia della sua culla. Taranto vecchia è una calamita per le migliaia di turisti che sciamano in questa città e uno scrigno di tesori da immortalare per un cacciatore d’immagini come Cataldo Albano. 

Il dott. Cataldo Albano - Fotografo
Ha trascorso giornate intere ad esplorarla: dai pontili con corde e gomene e mitili, l’oro della città, intrecciati vicino alle barche a secco con “le curnecìdde”, a “’u chiudde”, pescatore, con le labbra screpolate e i capelli arrostiti dal sole. L’obiettivo di Aldo ha scrutato tra i vicoli , “strittele” in vernacolo; ha atteso la sera per riprendere gli occhi luminosi delle case, la luna che si specchia sulle onde, mentre le lanterne delle lampare si accendono e “’u chiudde” si prepara per affrontare il suo faticoso lavoro. Ha scattato centinaia di foto, una più bella dell’altra: il ponte girevole che si apre e si chiude dopo il passaggio delle navi (una festa per i ragazzini). E poi il faro di San Vito, sorpreso di giorno e di notte; i tesori del Museo Archeologico; interni delle concattedrali, il canale navigabile che unisce i due mari; la chiesa di San Giuseppe; le scalinate corrose; il Castello Aragonese, il cui primo nucleo venne eretto nel 780 (altri indicano un’altra data) da Niceforo Foca, quindi completato da  Ferdinando d’Aragona e poi rimaneggiato e rafforzato a difesa dei turchi, dei quali la città aveva terrore.... E proprio nella Galleria Meridionale del castello Cataldo ha allestito una mostra dei suoi scatti migliori, raccolti anche in un libro: “Taranto: due mari e un’anima”. 

L'Assessore alla Cultura del Comune di Taranto Fabiano Marti
All’inaugurazione erano presenti l’ammiraglio di divisione Salvatore Vitiello, l’assessore comunale alla Cultura Fabiano Marti, Nicola Cavallo, presidente della Giovane Orchestra Jonica (il flautista Giuseppe Palmisano ha aperto la serata interpretando un pezzo di Bach), la poetessa Mariella Cuoccio, che ha letto alcuni suoi versi. Tutti hanno preso la parola per commentare l’evento. Il professor Francesco Lenoci, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha dato il meglio di sé - come ha riferito Michele Annese, anima dell’Università del Tempo libero e del Sapere di Crispiano e già dinamico, colto, esperto direttore della biblioteca comunale “Carlo Natale” di quella cittadina -, tracciando un po’ il profilo biografico dell’autore e messo in evidenza la preziosità e la ricchezza del libro, che ha definito stupefacente. 

Il prof. Francesco Lenoci
Lenoci ha coinvolto l’uditorio: “Sono tanti i figli di Taranto che non vivono nella città dei due mari,” ma per la stragrande maggioranza di loro, tra cui Cataldo Albano, vale ciò che cantava Domenico Modugno: "lontananza, sai, è come il vento: spegne i fuochi piccoli e accende quelli grandi”. L’amore per Taranto. Taranto, “capitale di mare”, non si dimentica. Taranto l’emigrato se la porta dentro con un pizzico di sofferenza e tanto amore. E grande è l’amore di Albano per Taranto. A riscoprirla non è andato da solo: si è fatto accompagnare dai giovani musicisti dell’Orchestra Jonica, per condividere le impressioni e forse anche perché, come affermava Piovene, passeggiando, qui “sembra di respirare a tempo di musica”. E con il pensiero lo ha accompagnato anche Lenoci, che tra l’altro ha citato Alda Merini (che visse a Taranto quattro anni): “Ho bisogno di poesia”/ questa magia che brucia la/ pesantezza delle parole/ che risveglia le emozioni e/ dà colori nuovi…”. E Taranto è fonte di poesia, è ricca di colori, provoca emozioni ad ogni passo. Il discorso di Lenoci è stato sommerso dagli applausi.

Anfora sonante donata da Cosimo Vestita all'Ammiraglio
E’ toccato poi al figulo Cosimo Vestita, che ha donato un’anfora sonante all’ammiraglio Vitiello, che, impareggiabile anfitrione, sensibile e disponibile alle attività culturali nel Castello, ha elogiato l’opera di Cataldo, già suo ospite ad agosto con la mostra sui sassi di Matera. Il Castello! Scrigno di storia visitato da milioni di turisti; ammirato per la sua struttura architettonica, per il verde ottimamente scolpito in uno dei suoi ampi spazi. In coda alla manifestazione, degustazione del Primitivo del Salento igp delle cantine di Lizzano, che ha come etichetta la copertina del volume di Albano. Volume – ripetiamo - con immagini spettacolari, straordinarie, che tra l’altro fanno nascere il desiderio negli stessi tarantini di fare quattro passi nella città vecchia, in Strada Maggiore, a San Domenico, la chiesa dalla quale il giovedì santo esce la statua della Madonna per andare alla ricerca di Gesù, tra una folla di fedeli con le guance bagnate di lacrime. La gente fa chilometri e chilometri per partecipare alla processione, come a quella dei Misteri, che si snoda il giorno dopo. Di San Domenico, “Saneminghe”, in dialetto, Aldo ha ripreso la bellissima facciata. Si è poi soffermato sul ponte di pietra, a Porta Napoli, che si affaccia su decine e decine di yacht di lusso ormeggiati in Mar Grande.

L'omaggio di Albano al prof. Lenoci
E’ stata una serata interessantissima, che ha anche emozionato il pubblico con le opere esposte. La professoressa di storia e filosofia Wilma Laghezza ha espresso il suo apprezzamento per l’iniziativa, che – ha confidato - l’ha estasiata. Taranto affascina , con la sua luce, il suo mare, con il fiume Galeso, amato da Orazio, Virgilio… Al tramonto del secolo XIX Armando Perotti a questo fiume sacro per i tarantini, che come l’indimenticabile storico di Taranto Giacinto Peluso l’hanno amata e continuano a regalarle i propri palpiti, dedicò una bella poesia: “E ancor tu guidi le sonanti e fresche/ acque per dolce clivo, alla tranquilla/ spera del mar, tra floridi giuncheti/ fiume Galeso… ricordi ancora i tuoi lunghi colloqui/ con l’erbe, con i fior, con l’acque lente/ e la pineta immobile ed il rezzo/ meridiano?...”. E Vincenzo Falco, 1913: “Piccolo Mare, talamo canoro/ di nativi tritoni e di sirene/ accorrenti alle tue sponde serene/ languidamente, dall’Egeo sonoro/ di tue vaghe conchiglie il blando core/ sospira il suono delle cetre ellene/ che si spandea da l’agili carene/ cinte di rose e rilucenti d’oro”… Dolce Taranto, molle Taremtum. “Oh, l’incanto di Taranto/ dal colle di Mottola…” (Ignazio Schino, 1980). Ricordi poetici che le immagini di Cataldo Albano suscitano in chi dalla città di Archita, matematico e filosofo della scuola pitagorica, non si stacca mai. E come potrebbe? L’amore non è una parola vuota. Soprattutto chi vive lontano è legato a Taranto, e nei suoi ritorni la vede sempre più seducente. “Ad ogni uccello – ha ricordato Francesco Lenoci accennando a padron Toni de ‘I Malavoglia’ di Giovanni Verga – il suo nido è bello”. Sono molti i figli di Taranto che stanno lontani dal nido – ha aggiunto il docente – ma quel nido è conservato nel cuore.


Intervento video di Franco Presicci   proiettato  durante la cerimonia di inaugurazione della Mostra di Cataldo Albano, allestita nel Castello Aragonese. 






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