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mercoledì 11 marzo 2020

Grande riparatore di orologi antichi


La bottega di Gregato

GIORGIO GREGATO RIMISE IN MOTO

IL CONTATEMPO DI SAN VITTORE



Era fermo da cinquant’anni e gli 

restituì la vita gratuitamente.

Un professionista noto a apprezzato.

Ha restaurato oggetti antichi di

grandi collezioni pubbliche e private.






Franco Presicci
Cominciai ad amare gli orologi antichi, visitando il museo Poldi Pezzoli, che si trova in via Manzoni a Milano, uno scrigno di oggetti preziosi, regalati alla città nel 1879 dal ricco mecenate Gian Giacomo che fino a quell’anno aveva dimorato nell’edificio che ospita quei tesori (non soltanto orologi). “Entrarci - scrive Micol Arianna Beltramini nel suo libro”101 cose da fare a Milano almeno una volta” - è come entrare in una specie di enorme salotto con mobili e arredi di fine Ottocento”.
La Galleria
Gian Giacomo, nipote del principe Trivulzio, aveva la passione del collezionismo, quindi prese a raccogliere armi ed armature e poi oggetti d’arre, tappeti... Nel museo, d’importanza internazionale, fondato nel 1881, si passerebbero intere giornate a voler osservare tutte quelle opere d’arte, tra gioielli e armi dall’epoca romana fino al Settecento, ceramiche dal valore inestimabile... Quando Antonio Baroni, già direttore di “Confidenze” e poi del “Milanese”, mi pregò di andare a fare un giro in quel Museo, che è a due passi dalla Scala, accettai con entusiasmo. Fu la stessa direttrice, Alessandra Mottola Molfino, ad accompagnarmi nella visita. E ci fermammo un bel po’ di tempo davanti alle vetrine con gli orologi, di cui lei mi spiegò le caratteristiche e la storia.
Via Della Spiga
Ricordo un orologio da tasca con automi, datato 1820, e un grande orologio a proiezione e notturno, del 1860. Veri e propri capolavori, come quelli aggiunti nel ’73 con una donazione di Bruno Falck. Cominciai così a raccogliere notizie sull’argomento, apprendendo che nelle sue “Cronache milanesi”, nel 1309, Galvano Fiamma racconta di un orologio installato sul campanile di Sant’Eustorgio, secondo gli esperti la prima citazione in Italia di un contatenpo da edifico. Fiamma fa anche sapere, nel 1336, di un altro orologio, con un quadrante e una campana che batteva tanti colpi quante sono le ore che scoccano, eseguito da un artigiano di nome Visconti per il campanile della chiesa della Beata Vergine, oggi san Gottardo. Nel 1344, uno di questi esemplari entrò nel Duomo di Milano. Le carte affermano anche che il primo orologio con ruote e scappamento meccanico sarebbe stato introdotto da noi da un gruppo di monaci al tramonto del 1200. 
Giorgio Gregato
Libri a parte, un giorno ricevetti una lezione sulla storia degli orologi da un tecnico di grandi qualità, Giorgio Gregato, noto e apprezzato restauratore di pezzi antichi con laboratorio in via San Fermo della Battaglia 1, perpendicolare di via Moscova, vicino alla Regione dei Carabinieri. Persona gentilissima, mi parlò degli orologi monumentali e di quelli con le dimensioni di un portasigarette, del modo d’intervenire per riavviare un meccanismo che ha smesso di pulsare… Qualche anno dopo, Gregato restituì gratuitamente, nel carcere di San Vittore, all’orologio sovrastante il cancello del corridoio in cui si susseguono gli uffici dei poliziotti penitenziari e del comandante, fermo da 50 anni. Erano le tre del pomeriggio del 20 dicembre del 2006 quando mi presentai nella bottega di Gregato. Dovevo prima passare da una cartoleria aperta in una vietta che porta in via San Marco, per poi andare al “Corriere della Sera” per consegnare un libro su Milano al capo delle pagine lombarde, Giuseppe Gallizzi. Il restauratore di orologi mi accolse con grande cortesia, depose l’attrezzo e la cassa che aveva in mano e m’invitò a sedermi di fronte a lui. Alle sue spalle un orologio a torre e tutt’introno pendole e altri misuratori del tempo di valore. Erano tante le domande che avevo in mente.
Via Solferino
Anche sulla sua biografia. Nato per caso a San Pellegrino (“le bombe massacravano Milano e i miei dovettero rifugiarsi in quel paese, nel cuore della Val Brembana”), non mi disse molto di sé. “Esercito questo mestiere da cinquant’anni. Ho cominciato da quando di anni ne avevo 14 in una bottega di orologiaio in viale Brianza. Il capo era Luigi Pippa, oggi presidente della nostra categoria. ed ex dipendente della ditta Fiumi di via Manzoni, che serviva la crema di Milano ed era considerato uno dei più autorevoli esperti di orologi antichi, oltre che ottimo restauratore degli stessi”. Parlava piano, dando di tanto in tanto un’occhiata al lavoro che due assistenti svolgevano nel retro e sbirciando i curiosi che si fermavano per lanciare uno sguardo all’interno. “Ragazzo di bottega, dovevo conoscere l’orologio nella sua combinazione tecnica e nella sua storia.

Piazzetta dell'Angelicum
Ed era complicato perché bisognava avere dimestichezza con il pezzo, essere al corrente della sua provenienza, austriaca piuttosto che inglese o francese o italiana: ogni regione aveva una sua peculiarità stilistica e meccanica”. Seguivo le sue parole con molta attenzione e interesse. “Il maestro indicava i punti dell’orologio i cui l’allievo doveva guardare, e nello stesso tempo osservava il modo in cui smontava l’oggetto e lo teneva fra le mani per il restauro; e una volta smontato come interveniva conservando la parte meccanica originale evitando facili sostituzioni”. Stavano molto attenti a rispettare l’originalità dell’oggetto. “Per esempio, per la pulitura di un bronzo dorato si smontano tutti gli elementi della cassa (fregi, statue, pinnacoli, piedi, basi) e poi singolarmente s’immergono in un liquido speciale, che è segreto perchè ce lo facciamo da noi”. Aggiunse che a suo tempo aveva restaurato un orologio tedesco del 1500 con varie indicazioni orarie e astronomiche. “Ora è in mostra alla Pinacoteca Ambrosiana”. Ma se decidesse di soffermarsi più a lungo sulle sue tappe professionali, faremmo notte. Ne ha di cose da dire e su molte deve mantenere la riservatezza. Era il restauratore ufficiale di una famosa e prestigiosa collezione privata milanese e aveva restaurato gli orologi di Stupinigi (casino reale di caccia dal 1729: uno dei più grandiosi edifici di Torino); quelli di Palazzo Madama e del castello del capoluogo piemontese. L’anno prima aveva collaborato con l’Associazione italiana cultori orologeria antica alla più bella esposizione d’Europa a Trento, presso il Castello del Buonconsiglio. “Restauro orologi da tasca, orologi a colonna, pendole francesi…”. Tutta l’orologeria antica fino all’alba del ‘900. Parlava e altri curiosi occhieggiavano dall’esterno. Rispolverava la sua carriera senza foga, senza toni di autocelebrazione. “Ho collaborato come esperto, anche scrivendo articoli, con Giorgio Mondadori”. Si capiva la sua grande passione per queste preziosità e anche la sua profonda 
Orologio restaurato di San Vittore
cultura nel settore. 
Orologi comuni

Accennava agli orologi solari, i più antichi, ed entrava nei dettagli; e alla meridiana, costituita da un palo conficcato nel terreno. “Gli orologi hanno spesso incisa sulle molle la data di costruzione; e a volte nell’interno della platina il nome di chi lo ha riparato: Su una di queste platine lessi la scritta: ‘Presto e bene non conviene’. In un’altra, del 1820: ‘Sovrintendente asino’”. Quante curiosità potrebbe riferire, se avesse tempo! ”Di orologi ne ho visti tantissimi, entrando nel loro cuore”. E mentre mi mostrava un gioiello del 1500, che si appendeva al petto come una collana, mi diceva ”che sul punzone aveva notato tre pesciolini incisi”. Nel timore di trattenerlo troppo assottigliavo la lista delle domande. Ma non potevo non chiedergli notizie dei suoi clienti. “Alcuni sono collezionisti, e tutti gelosissimi di questo loro patrimonio. Quando mi affidano un esemplare da rimettere a posto lo fanno come se cedessero un figlio. Sembra che io sia lì a compiere una violenza, pur essendo stato invitato a fare il mio lavoro”. Tutti i collezionisti sono così gelosi delle loro raccolte, che sono costate fatica e ansia, denaro a parte, per entrarne in possesso, che evitano di rivelare agli estranei i pezzi più rari. Se sono di derivazione ereditaria, la carica affettiva è maggiore. Me lo diceva anche Vito Arienti, un grande collezionista di tarocchi storici (aveva carte provenienti dalla Cina e da altre parti del mondo e una cultura straordinaria nell’arte grafica). Giacchè c’ero, feci a Gregato una domanda rituale nelle mie interviste: “Che cosa pensa della Milano odierna?”. “Spostarsi da via Padova a piazzale Loreto, una volta era come andare all’estero. C’erano artigiani e chi ne aveva bisogno non doveva allontanarsi dal quartiere. Anche allora andavo in biciletta. Ed era bello. Oggi con tutto lo smog e il traffico impazzito inforcando la ‘dueruote’ si corre qualche rischio”. Non per niente sono in molti quelli che pedalano sui marciapiedi, mettendo in pericolo i pedoni. Milano è davvero cambiata, pur continuando ad essere bella, anche dove lascia spazio alla campagna. Chi afferma il contrario non la conosce.












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