Pagine

Print Friendly and PDF

mercoledì 4 novembre 2020

L’albo d’oro dei pugliesi a Milano

UOMINI DI NOTEVOLI CAPACITA’

HANNO ONORATO LA LORO TERRA

 Sono il luminare della medicina Miraglia,

Velluto, Azzella, Lezoche, Palumbo, Alto,

Porzio, Carrieri, Le Noci, Cantatore e tanti

altri. Completerò il lunghissimo elenco,

aggiungendo di volta in volta personaggi

esemplari come principi del foro, docenti

giornalisti.

 

 

 

Franco Presicci

Non resisto all’dea di aggiungere perle alla collana dei pugliesi che hanno lasciato il segno a Milano, per genialità e laboriosità. Tra questi il professor Ferruccio Miraglia, che fu direttore della divisione di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Buzzi, in via Castelvetro.

Lezoche sul balcone a Trani
Noto e stimato anche all’estero, il professor Miraglia tra l’altro istituì una scuola di preparazione al parto ed era autore di numerosi volumi (“Sarò padre”, “Sarò madre”, “Per una cultura del nascere”, con prefazione di Gustavo Charmet), stampati da editori importanti in centinaia di migliaia di copie e tradotti in quasi tutte le lingue). Sosteneva che “l’ostetrico deve nutrire per la donna che aspetta un figlio non solo partecipazione ma affetto”. Dotato di grande umanità, studioso anche di psicosomatica e psicanalisi, ha sviluppato e trasmesso la cultura della preparazione al parto e ”l’etica dell’umanizzazione all’assistenza sanitaria”. Nel ’73 dette vita alla rivista “Nascere”, molto seguita non solo dagli esperti. Legato al suo paese d’origine, Castellaneta (che, come si sa dette i natali a Rodolfo Valentino), dove gli hanno intestato una strada, vi tornava spesso. Lo incontrai parecchie volte, e un giorno mi ricevette nella sua abitazione per un’intervista.
 
Dino Abbascià in bici

Era persona di poche parole, ma gentile e ospitale. M’incoraggiò subito a darci del tu e mi fece dono di uno deii suoi libri. Lo presentai a Dino Abbascià, dinamico presidente dell’Associazione regionale pugliesi, con sede in via Pietro Calvi, dove partecipava spesso alle manifestazioni. Chi non lo conosceva non poteva immaginare che era stato un luminare, una personalità illustre, una luce nel campo della medicina e della cultura. Il professor Miraglia è scomparso il 4 febbraio del 2012, a 99 anni. Avrebbe meritato il Premio Motta per quelli che hanno contribuito a far grande Milano. Ne parlerò diffusamente in seguito, ricordando meglio i suoi altissimi meriti. Mario Azzella era di Trani. Giornalista, documentarista della televisione nazionale; uomo spiritoso, coltissimo, di compagnia (“Ha la freschezza di un bambino”, commentò una signora). Mi invitò nella sede Rai di corso Sempione, per un’intervista su un’iniziativa sulla Puglia che stavo per realizzare al Centro Informazione d’arte di via Brera. Era uscito su “L’Europeo”, diretto da Giovanni Valentini, un inserto sui trulli che, abbandonati, si sgretolavano, e ne volevo approfittare per una specie di convegno, chiamando a raccolta i pugliesi sensibili all’argomento.

Zecchillo e Giacomo Lezoche

 

La trasmissione fu ascoltata dappertutto e il salone si riempì, avendo in prima fila Guido Le Noci, Domenico Porzio, Vincenzo Buonassisi, lo stesso Valentini e il suo “staff” redazionale, compresi Salvatore Giannella, autore dell’inchiesta, e il suo fotografo. Rividi Azzella qualche anno dopo nello studio di Filippo Alto in via De Castiglia; e mentre gli altri ospiti assaggiavano prelibatezze pugliesi, lui mi sciorinava barzellette sapide e divertenti. Aveva il gusto del racconto: dosava le pause e i toni, prima del colpo finale. Ma non tendeva a fare da mattatore; anzi se ne stava spesso in disparte. 

Gli onorevoli Aldo Aniasi, Roberto Mazzotta e Giacomo Lezoche

 

Azzella era innamorato di Trani, come Giacomo Lezoche, commercialista e ricercatore di documenti sulla Puglia di Milano, amico di Gino Palumbo, scrittore, autore di “Pane Verde” (la storia del tappezziere Amitrano, costretto all’emigrazione dalla grande crisi del ’29); “Il serpente malioso” (Editori Riuniti), con il protagonista condizionato dal senso del peccato; “Impiegato d’imposte”, edito da Mondadori ; “Le giornate lunghe” (Rizzoli)… e tanti altri corregionali, che vennero a Milano ad aprire i cosiddetti “trani” osterie cantate da Giorgio Gaber, ispirate, nel nome, dal paese da cui venivano. Famoso il volume “Il Trani di via Lambro”, che Vincenzo Pappalettera pubblicò con Mursia nel 1991. Mario Azzella era appassionato di spettacolo e dopo aver frequentato la facoltà di Scienze Politiche, frequentò l’Accademia d’arte drammatica e il corso di regia tenuto da Orazio Costa, uno dei maggiori nomi dell’agone teatrale fra la prima e la seconda guerra mondiale, e quelli di recitazione di Wanda Capodoglio, Sergio Tofano e Silvio D’Amico. Successivamente fu reclutato, grazie al poeta Michele Galdieri, dalla Compagnia di Carlo Dapporto; fu tra i boy di Wanda Osiris. Uomo dalle mille idee, durante il servizio militare allestì rappresentazioni per i commilitoni; e, a congedo avvenuto, continuò a coltivare i suoi sogni. Conobbe Giacomo Rondinella, interprete di tanti brani napoletani, tra cui “Scapricciatiello”, suonava il pianoforte, componeva canzoni…. Come editore stampò anche alcune serigrafie e litografie del pittore barese. Partecipava alle serate che questi organizzava in casa sua in via Calamatta, palazzina di cui era proprietario il grande sarto Guglielmo Miani (di Andria): serate con critici d’arte come Raffaele De Grada e Sebastiano Grasso, che scrivevano entrambi sul “Corriere della Sera”, giornalisti, artisti; e a Figazzano, dove il “Vichingo”, soprannome inventato da me per l’altezza e i capelli biondi, aveva la casa per le vacanze.

Filippo Alto

Quando Alto morì nel ’92 in seguito ad un incidente stradale nei pressi di Ancona il giorno prima di Natale, scrisse una commovente poesia, che venne recitata durante la cerimonia di commemorazione all’Associazione pugliesi di piazza Domo, presieduta da Beppe Marzo, collezionista di francobolli e di giornali leccesi dell’800. Per la televisione fece un documentario a colori sulla sua città, sempre ricca di uomini memorabili: Libero Bovio, autore di tante bellissime canzoni… vesuviane, tra cui “Guapparia”, “Reginella”, “’O paese d’o sole”, era figlio di un docente tranese amico di Giuseppe Mazzini. Di Trani Azzella parlava spesso. Era orgoglioso, come Lezoche e Gino Palumbo, di esservi nato. E quando vi tornava se ne andava in giro con la sua macchina fotografica, fermandosi a conversare con la gente. Nel ’64 i tranesi di Milano misero in cantiere numerose iniziative culturali, mentre veniva concepita l’idea un organismo sociale, che rifacendosi ai principi della vecchia Associazione pugliese, mettesse in atto attività tese a diffondere la cultura della nostra terra nel territorio lombardo. I più tenaci sostenitori erano Azzella, che nel ’67 fondò il periodico “Hinterland”, uscito fino al ’71; Lezoche; Palumbo, che, emigrato a Milano giovanissimo, si trasferì a San Michele di Pagana, frazione di Rapallo, finestra sul golfo del Tigullio, continuando, nella calma e nel silenzio, la sua attività di scrittore.

Azzella, Palumbo, Baldassarre, sindaco di Trani, Lezoche

Il progetto venne realizzato e Gino Palumbo assunse la presidenza. Parlando con Giacomo Lezoche in una mia visita nella sua oasi di Trani, rievocammo quella iniziativa e del suo nutrito programma, avviato con la presentazione della nuova edizione delle “Rime e scene popolari tranesi” del poeta vernacolare Francesco Ferrara, condotta da Mario Azzella. Sempre nel ’76 l’Associazione partorì la “Famiglia tranese”, presidente Stefano De Feo, che istituì tra l’altro il Premio “’U cambanale”. Nel settembre dell’83, deceduto Gino Palumbo, si decise di raggruppare tutti gli apuli nell’Associazione Regionale Pugliesi, una fucina di idee e di iniziative, condotta dal generale Camillo De Milato. Del quartetto rimane un ricordo indelebile. Ha tenuto alto il nome della Puglia a Milano e Locorotondo ha voluto onorare Filippo Alto, dedicandogli una strada; e Trani Mario Azzella, facendo altrettanto. 

Bruno Marzo
Antonio Velluto
Altro pugliese di primo piano, Antonio Velluto, scomparso nel 2014. Era nato a Troia, nel Foggiano, centro di un altro pugliese, Franco Marasca, che visse non ricordo più quanto a Milano, dove insegnava e fondò la rivista “Il Rosone”, con una cerimonia al ristorante “La Porta Rossa” di Chechele. Lo chiamavano “il principe”, Velluto, per l’eleganza del comportamento, la lealtà e il rispetto che aveva verso gli altri.
Giornalista professionista, dirigente alla sede Rai di Milano, trattava con i guanti bianchi i suoi redattori; se qualcuno aveva bisogno non si voltava mai dall’altra parte. Una sera, durante una cena a casa sua in via Moscova, gli dissi: “Sono passati più di 30 anni e conservo per te tanta gratitudine”. Si stupì e gli ricordai il motivo: “Morì un amico lasciando la moglie e cinque figli senz’alcun sostentamento: mi rivolsi a te e in brevissimo tempo trovasti un lavoro alla ragazza più grande”. Osservava il principio manzoniano: “Dona con volto amico, con quel tacer pudìco che accetto il don ti fa”. Alla sua morte, durante la messa nella chiesa di San Marco, un collega del “Corriere della Sera”, Grassi, che abitava nel suo stesso palazzo sopra di lui, mi sussurrò: “Camminavo sul velluto”, giocando con le parole. La chiesa era quella in cui il 22 maggio 1874 ebbe luogo la prima esecuzione della “Messa di Requiem” di Verdi in ricordo di “don Lisander”. Il giorno dei funerali del “principe” era affollata di giornalisti e di personalità: Antonio era stato anche assessore comunale all’Edilizia popolare, stimato e amato. La gente era venuta anche da lontano. La figlia Alessandra, giornalista anche lei, dal presbiterio disse: “Alcuni hanno conosciuto mio padre come giornalista, altri come politico e sindacalista, ma era per me soprattutto papà. Chi lo incontrava rimaneva subito colpito dalla sua capacità di farlo sentire accolto. Casa nostra è stata sempre piena di gente…” Il principe se ne andò mentre Alessandra gli teneva la mano.







Nessun commento:

Posta un commento