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martedì 22 dicembre 2020

Un fotocronista innamorato della “nera”

 

STEFANO CAVICCHI, DI FERRARA

UN VERO CAVALLO DA CORSA

Cavicchi oggi

Si è anche occupato di cronaca bianca.

Ha ripreso Papa Woytila, Sandro Pertini,

Spadolini, Gorbaciov. Occupandosi di

nera”, qualche volta è stato scambiato

per un poliziotto della Scientifica. Riprese

Giovanni Paolo II nella sua prima vacanza

in Valle d’Aosta.

 

 

Franco Presicci 

Il Papa ripreso da Cavicchi

Anche i fotografi ai miei tempi hanno consumato scarpe sulle strade di Milano e non solo, di giorno e di notte, galoppando o acquattandosi per fare lo scatto. A volte anche pericolosamente, quando, per esempio, tentavano d’immortalare un personaggio della mala recalcitrante. Anche loro avevano voglia di scoop”, e ne mettevano a segno. Posso citare bravissimi, appassionati fotocronisti. Lorenzo Pizzamiglio, che faceva parte della pattuglia del “Giorno”: con i suoi atteggiamenti da gatto sornione usciva dal giornale con l’attrezzatura nel borsone, ma la lasciava nell’auto, se era il caso di tirare fuori dalla tasca un sostituto infallibile. Un altro abile cacciatore di immagini del quotidiano dell'Eni un pomeriggio corse un brutto rischio: teneva nascosta la macchina sotto il giaccone in attesa del momento giusto per fare lo scatto; una ragazza uscita improvvisamente, si spaventò per il gonfiore dell'indumento e si mise ad urlare: "un mitra!". Per rassicurarla il professionista scoprì l'attrezzo di lavoro e nel frattempo cliccò. Non si contano i colpi realizzati da Stefano Cavicchi, “free-lance” oggi sessantacinquenne e non ancora a riposo. L’ho ripescato dopo tanti anni e ho voluto ripercorrerne la storia.

Obiettivo Sandro Pertini

Per la verità non è stato facile, perché l’esimio professionista non ama raccontarsi. L’ho incalzato e alla fine ci sono riuscito. Ma non sapeva da dove cominciare, tanti sono gli episodi che hanno costellato la sua attività, nelle sue notti bianche trascorse in strada o in questura, anche altrove e addirittura all’estero. “Dai, parto dall’inizio”. Dalla sua Ferrara, dove lanciò il primo strillo nel ’55 in una casa confinante con quella di Giorgio Bassani, l’autore del bellissimo libro “Il Giardino dei Finzi Contini”, da cui Vittorio De Sica trasse un film con Dominique Sanda nella parte di Micol, Romolo Valli, Lino Capolicchio… “Lì c’è la famosa Palazzina Marfisa, magnifica dimora signorile che appartenne a Francesco d’Este…”. Devo dirottarlo, perché a lasciarlo dire descriverebbe mezza Ferrara. “Mio padre, Luciano, faceva il tipografo alla “Gazzetta Padana”, quotidiano della città che con poche copie arrivava fino a Bologna, regno del “Resto del Carlino’.

Cavicchi con Spadolini

 

Mia madre, Osvalda, era commessa nel negozio “Giorgio calzature” nel centro storico, in via San Romano”. La passione per la fotografia di cronaca sorse quando aveva quasi 18 anni. “Una domenica mattina mi chiamò un giornalista del ‘Resto del Carlino’, edizione di Ferrara, e mi disse che la polizia aveva arrestato un dirigente sportivo e avevano bisogno di una foto. Non persi tempo. In un baleno ero in questura”. Fu questo il suo primo servizio. Carattere esuberante, volpino, ambizioso, vulcanico, allora fisicamente filiforme, un po’ timido e forse già con quella siepe di peli sotto il naso, si buttò a capofitto nel mestiere, scoprendo che non avrebbe potuto fare altro. “La nera affascina, ti prende, ti coinvolge. La nera seduce, ti entusiasma”. E’ vero. Persino il grande Dino Buzzati, giornalista, scrittore, pittore, scenografo, drammaturgo, al “Corriere della Sera” fin da quando era studente, nel ’65 trascorse notti insonni su un’auto del 777, il numero della Volante di quegli anni. “Con la cronaca, per la verità, Dino Buzzati aveva avuto rapporti fin dall’inizio del suo ‘meraviglioso mestiere, in via Solferino – ho letto in un piccolo libro con la copertina nera -.

Papa San Giovanni XXIII in vacanza
Nel 1928, a ventidue anni, era proprio entrato in cronaca al ‘Corriere’, e in cronaca era restato per sette anni, finchè l’uscita presso Garzanti del suo primo libro ‘Bernabò delle montagne’ lo aveva fatto promuovere alla redazione, a occuparsi delle province insieme con Emilio Radius…”. La nera rapì tanti giornalisti all’inizio della carriera, tra cui Guido Gerosa, che anche da vicedirettore del “Giorno” ricordava fatti e misfatti della malandra e la storia di “boss” e gregari. Alla cronaca nera riservavano un occhio particolare anche Gaetano Afeltra, quando era in plancia al “Corriere d’Informazione”; e lo stesso Guglielmo Zucconi, che lo sostituì alla direzione de “Il Giorno”. “Tre ‘esse’ fanno vendere i giornali – diceva – il sangue, i soldi, la salute”. Mi rimetto subito sul binario di partenza. Cavicchi ricevette la telefonata di Wilfredo Chiarini, dell’agenzia “Olimpia fotocronache, che aveva sede alle Varesine, nel capoluogo lombardo, e si sentì chiedere se fosse disposto a trasferirsi a Milano”. Rispose subito di sì, ma poi intervenne la riflessione: non aveva i mezzi per intraprendere questa strada che lo portava lontano dalla sua città. Prevalse nuovamente l’istinto: vendette l’agonizzante Mini Minor arancione e con il ricavato parti in treno. Giunto a destinazione, prese alloggio in uno degli alberghi frequentato dalle signore che luccicavano di notte. Riuscì ad acquistare un motorino 50 e mosse i primi passi nella cronaca. E siccome nel nostro ambiente contavano le amicizie (lo scrisse anche Giorgio Bocca nel suo “Vita di giornalista”), cominciando a bazzicare la questura, dove quel valente cronista del “Corsera” molto stimato tra i colleghi e gli investigatori, Alberto Berticelli, gli fece conoscere Marco Ancarani, capocronista di “Avvenire”, dal quale Stefano venne reclutato per seguire il cardinale Carlo Maria Martini; e quando l’arcivescovo andò a Lourdes con un treno speciale partito dalla stazione Scalo Romana, il neofita lo “scortò” assieme a tanti suoi colleghi. Dopo un po’ venne contattato dal capocronista de “La Notte”, glorioso quotidiano del pomeriggio condotto da Nino Nutrizio, definito da Indro Montanelli “un uomo a caldo in questo mondo di pesci Findus”, e da Vittorio Feltri “il genio che inventò la stampa popolare”.
In montagna

 

Fu in questo giornale, con sede in piazza Cavour, che Cavicchi intraprese i suoi voli. Incontrò Michele Focarete, che allora era impegnato nelle cronache notturne degli eventi nei locali milanesi, e con lui fece quasi coppia fissa. Primo atto che rivelò le sue doti: un generale di Corpo d’Armata desideroso di ritrovare un giovane lustrascarpe, che tante volte gli aveva lucidato le calzature (forse era l’ultimo della categoria che lavorava nella galleria delle carrozze della stazione Centrale) e si rivolse a “La Notte”. Il capocronista dette l’incarico delle ricerche a Cavicchi e a Focarete, poi passato in via Solferino rivelando l’ottima stoffa di cui era fatto, e il sciuscià venne rintracciato ad Afragola, nell’entroterra napoletano.

Modugno, Cavicchi, Franca Gandolfi
Quando il 18 giugno del 1984 l’inarrivabile astro della canzone Domenico Modugno fu colpito da un ictus durante la registrazione della trasmissione “La luna nel pozzo” di Canale 5 negli studi di Cologno Monzese, Cavicchi riuscì ad infilarsi nel reparto, a Niguarda, e a scattare le foto. Riprese l’autore di “Piove”, “Nel blu dipinto di blu” e di tantissimi altri brani intrisi di poesia, mentre la cortesissima moglie Franca Gandolfi spingeva la carrozzina fuori dall’ospedale. Stefano era, ed è, onnipresente; compare all’improvviso, fa il suo lavoro e corre via dopo aver catturato anche qualche notizia. A volte lo hanno scambiato per poliziotto. Abile, fulmineo, intraprendente, non si tirava mai indietro e continua ad essere un cane da tartufi. L’ho sorpreso più volte in questura appostato come un cacciatore in attesa degli uccelli di passo, a un paio di metri da una porta dalla quale stava per uscire un detenuto importante.
 
Cavicchi con Sua Santità

Si è occupato anche di cronaca bianca, fotografando personaggi di primissimo piano: Papa Woytila nella sua prima vacanza nel villaggio Introd, in valle d’Aosta; Giovanni Spadolini negli studi della Rai; Sandro Pertini, il Pontefice in Vaticano; Gorbaciov nella sua visita a Milano.… Quel giorno Stefano e i fotografi di tutti i giornali scattarono foto a iosa per un avvenimento clamoroso: all’arrivo del Presidente dell’Urss propugnatore della perestrojka in piazza Duomo, tra una folla straripante e rumorosa, lo sputafuoco Mustafà s’inerpicò come una scimmia sull’impalcatura montata per il restauro della facciata della Galleria Vittorio Emanuele per protestare contro i vigili urbani che lo riempivano di multe, interrompendo i suoi numeri. Furono momenti di grande tensione, che si sciolse quando Mustafà si fece convincere a scendere.

Scatto per Gorbaciov

 

 

Così Gorbaciov, seguito da un corteo di autorità e da una marea chilometrica e fluttuante, attraverso il salotto di Milano, fece il suo ingresso in Comune, protetto, oltre che dalla sua scorta, da centinaia di poliziotti e carabinieri, fatti venire anche da fuori. Stefano lo ricorda bene quel giorno così movimentato. E lo lascia emergere dalla memoria assieme a molti altri: l’omicidio della Settima Strada, a Segrate, dove s’intrufolò con disinvoltura nel teatro del delitto e venne preso per uno della Scientifica. 

Momento di leggere
Quanti delitti, alcuni irrisolti, come quello dell’antiquaria di corso Magenta; l’arresto della modella Terry Broome a Chiasso, proveniente da Zurigo, accompagnata dal vicequestore Enrico Macrì, capo della sezione omicidi di via Fatebenefratelli (era accusata dell’omicidio di Francesco D’Alessio, figlio del re dell’ippodromo, avvenuto il 25 giugno del 1984 in corso Magenta); l’arresto del re delle bische con il conseguente crollo del clan dei catanesi… Stefano aveva sempre l’orecchio teso. “Capivo da qualcosa che si agitava nell’aria che le forze dell’ordine avevano realizzato un colpo, e allora mi scatenavo, dopo qualche telefonatina a un amico, che magari trovavo reticente, imbarazzato, diceva e non diceva, intensificando la mia sensazione; e allora mi agitavo ancora di più, carpendo una conferma e un indirizzo…”). Nell’85 Stefano aprì un’agenzia, Day Studio, e poi conclusasi quell’esperienza ha conquistato il “Corriere della Sera”, dove lavora ancora. “Che cosa è per te la cronaca?”. “Una palestra, in cui la competizione è forte. Non puoi mai rilassarti. In qualunque momento può presentarsi l’evento e devi essere pronto. Del resto tu lo sai bene. La cronaca bianca mi ha permesso di muovermi nei palazzi romani, dove tra l’altro ho seguito prima Maroni e poi Salvini. Un giorno il giornale mi mandò a fare un servizio a Umberto Bossi, a Gemonio, dove vidi un bambino che soffiava su due candeline. Era il ‘Trota'. (Absit injuria verbis),così lo definirà il padre.“E la nera?”. “Quella ce l’ho nel sangue. La nera ti afferra e tu te ne innamori”.


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