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mercoledì 6 gennaio 2021

Un’intervista a Pippo Baudo nel giugno del ‘71

Presicci intervista Pippo Baudo

HA FATTO LA STORIA DELLA TIVU’

IL PIPPO NAZIONALE, UN MITO

 

I suoi genitori erano contrari alla

sua passione per lo spettacolo. La

mamma alla fine gli disse che se

proprio voleva fare la televisione

conducesse almeno il telegiornale.

Lo conobbi al Festival di Miradolo

Terme, Pavia, qualche anno dopo

c’incontrammo all’entrata della

Fiera, da via Domodossola, quindi

in un albergo di corso Sempione, a

un passo dalla sede Rai di Milano

e al Festival dei Giocolieri, a Bergamo.

 

Franco Presicci

Oggi Pippo Baudo è un mito, il principe dei presentatori; e ogni volta che compare in televisione, per una ricorrenza o per un’altra occasione particolare, è un avvenimento. Della tivù ha fatto la storia e di molti cantanti la fortuna. E’ simpatico, cordiale, divertente. Così mi sembrò molti anni fa, nel ’64 (se la memoria non m’inganna) in un piccolo festival a Miradolo Terme, oltre 3.500 abitanti in territorio di Pavia.

Don Lurio
Appena arrivò volle farsi una partita a ping-pong con me e per farla tolse ridendo la racchetta al mio avversario improvvisato. Mancavano poche ore allo spettacolo, e lui si fermò a conversare con un folto numero di “fans”. che si spintonavano per conquistare la prima fila. Non aveva la fama di oggi, ma si capiva che sarebbe diventato un mattatore. Successivamente, dovendolo intervistare per un settimanale popolare che non esiste più da tempo, lo pescai in un albergo a due passi dalla Rai di corso Sempione. Mi ricevette non ancora del tutto vestito nella sua camera e dovemmo interrompere spesso il discorso perché le telefonate non gli davano pace. Mi disse: “Fino a ieri non mi chiamava nessuno; adesso appena metto giù la cornetta quella riprende a squillare. La celebrità albeggiava. Lo rividi nel giugno del ’71 davanti alla Fiera di Milano, poco prima della registrazione della trasmissione “La Freccia d’Oro”. Non mi dette fretta. Gli chiesi di raccontarsi e lui lo fece volentieri. Cominciò col dire che da buon siciliano era un po’ superstizioso; e a giudicare da alcuni episodi qualche motivo ce l’aveva. Ma non indossava oggetti apotropaici.

Nicola Arigliano intervistato da Presicci

Del resto, di frecce nella faretra ne aveva, per difendersi dalla jettatura e dagli imprevisti. Come se la cava, per esempio un conduttore che dopo aver preparato mentalmente la scaletta per Rossano Brazzi si vede arrivare in studio e all’ultimo minuto Nicola Arigliano? O Raffaella Carrà? O Memo Remigi? O Piero Mazzarella? O Enrico Simonetti? O Ernesto Calindri? Con l’improvvisazione, dono che gli ha elargito madre natura. Se Pippo aspettava Franco Franchi e l’attore era rimasto impalato nella morsa di Ciccio Ingrassia, Pippo non si agitava né fremeva: un tocco del truccatore ed ecco Ciccio trasformato in Franco davanti alle telecamere. L’improvvisazione è sempre stata una delle caratteristiche di Pippo Baudo, fin da quando correva in salita e animava piccoli spettacoli di provincia e bussava alle porte della televisione senza che si aprissero.

L'intervista a Ernesto Calindri
Poi qualche capitano si accorse che quel soldato era un portento e poteva diventare generale e proclamò il “Sesamo, apriti!”. Pippo aveva una sola preoccupazione: riuscire a rimanere sulla fune. Ero curioso di sapere come nascevano le sue trasmissioni; e come reagiva ad un possibile inconveniente capace di lacerare il tessuto di un programma. Mi rispose: “Basta avere fra le mani l’ago e il filo per ricucirlo”. A rivederlo dopo tanto tempo non era cambiato per niente. Alto, snello, colto, intelligente, era solo diventato un personaggio con l’aria da goliarda impenitente. Aveva 35 anni, tra l’altro suonava benissimo il pianoforte. Lo aspettavano “Canzonissima”, “Senza Rete”, “Spaccaquindici”, “Domenica in”, “Fantastico”, il Festival di Sanremo. Una carriera gloriosa. E’ difficile racchiudere in un articolo tutte le sue tappe, superate alla grande; le sue conquiste, i successi che si susseguivano con ritmo rock.

Piero Mazzarella
Quel giorno in cui mi ricevette in quella camera d’albergo vicino alla Rai e in altri successivi lo vidi scrivere pagine brillanti in tivù. Il suo nome diventava onnipresente, applaudito, esaltato. Parlare con lui era davvero un piacere: sorridente, giocoso, cultore di storia. Rispondeva a tutte le domane, senza schermirsi. “La lavorazione dei programmi si svolge soprattutto in tre fasi: una è la scelta degli ospiti, e comincia una specie di caccia all’improvvisazione, perché io sostengo che il 75 per cento del gradimento avviene quando il pubblico si accorge che lo spettacolo lo stiamo inventando in quel momento per lui. Tranne le canzoni, che sono già collaudate, il resto de ‘La Freccia d’oro’, com’era per ‘Settevoci’, è tutto alla mercè del caso. Ti faccio l’esempio dell’ultima puntata: dovevamo avere Raoul Grassilli, avevamo già preparato una cosa per lui, Grassilli non viene più, viene Pagliai e, plaf!, è tutto quanto da inventare. E’ una specie di jettatura: quando mi dicono che viene un ospite sono sicuro che quell’ospite non c’è”. Gli domandai: “Pippo, come ti trovi meglio, con i personaggi di grosso calibro come Gassman o con quelli minori?”. “Se un personaggio è troppo secondario, non esce fuori niente. Però, se intravvedo dei lati nascosti, cerco di tirarli fuori, e allora ho il gusto di costruirlo io, il personaggio. Se ho di fronte un personaggio notevole mi diverto, non a dissacrarlo, ma ad evidenziarne gli aspetti nascosti”. “Più umani?”. “Più umani. Ricordo un’intervista fatta l’anno scorso a ‘Settevoci’.

Tony Renis e Presicci
Ne è trapelato un Gassman che nessuno poteva immaginare”. “Com’era questo Gassman?”. “Un Gassman che esponeva il suo lato io più intimo. Se tocchi certe corde, il pubblico scatta”. “Tutte le tue trasmissioni hanno ottimi indici di gradimento, fra cui “Settevoci”, che molti ricordano con nostalgia, e adesso “La Freccia”, che è agli sgoccioli. Che cosa è cambiato in te dai giorni degli spettacoli al Puccini di Milano, se non sbaglio con Lucio Flauto, e da quelli del festival di Miradolo Terme?”. Assolutamente niente. Perché devi sapere che quando uno è in fase ascendente, non ha paura di niente avendo un traguardo da raggiungere. Quando poi è arrivato in alto tenere la corrente è difficile”. “D’accordo. Ma voglio sapere se ti senti un divo; come ti senti dentro se la gente ti ferma per in strada per l’autografo o ti accorgi che la ventenne guardandoti con gli occhi luccicanti, spiffera all’amica: “Toh, Pippo Baudo!”.

Memo Remigi con Franco Presicci
“Certo che mi fa piacere, ma niente di più. Mi diverto a rappresentare una sorpresa rispetto ad altri che, appena emergono, si montano la testa e prendono a sbagliare tutto. D’altra parte vedi che io, raggiunta la maturità artistica, mi sono sposato e sono rientrato nell’alveo di una vita borghese come tanti altri”. “In tre o quattro aggettivi, mi puoi definire Pippo Baudo?”. “Semplice. Modesto, artista nel senso più completo del termine, perché non mi limito a presentare, ma faccio anche altro: suono, ballo, canto”. “Ti piace la pittura?”. “Molto. Nelle correnti spazio. In un periodo avevo la passione per Monachesi; poi per De Chirico, non quello metafisico; poi per Guttuso…”. ”Leggi?”. ”I ‘best-seller’ quasi tutti, ma in particolare la storia. Non quella delle guerre puniche, ma gli ultimi cent’anni. Ho sempre avuto da ragazzo un profondo interesse per la storia. Mi affascina”. “Tu sei laureato in legge. Hai qualche volta pensato di fare l’avvocato o il magistrato?”. “Tu mi vedi in tocco e toga in un’aula di tribunale? Se mi fosse capitato di fare l’avvocato e di rimanere impigliato in un processo importante, venendo il mio turno, avrei potuto dire: ‘Signore della Corte, ecco a voi Alighiero Noschese”. “Che cosa pensi degli strappi alla giustizia in Italia?”. “Di strappi ce ne sono dappertutto. Oggi gli strappi li trovi anche sulle gonne delle donne”. “In famiglia conservi questo carattere bonario, brillante? Oppure qualche volta spunta un Pippo con il ‘cerone’?”. “Starei fresco. Mia moglie mi lascerebbe subito. Io sono sempre Pippo al naturale, in casa e fuori”. “Questa volta sei più frizzante del solito. Come mai? ”Dopo cinque anni di ininterrotto lavoro finalmente sto per andare in vacanza. Dici che non è una gran bella cosa? Me ne vado al mare”. “C’è un vino al quale credi possa essere paragonato Pippo Baudo?”. “Il Corvo rosso di Salaparuta”, vino da arrosti di carne sanguigna e di pollami nobili. “Che cos’ha di particolare questo vino?”. “E’ siciliano”. E dire che i genitori erano contrari alla sua passione per lo spettacolo (iniziò con il teatro) e alla fine la mamma gli disse che se proprio voleva fare la tivù facesse almeno il telegiornale. Non poteva immaginare che, pur non conducendo un Tg, sarebbe diventato un grande.

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Disegno di Anna Presciutti     

 

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