Pagine

Print Friendly and PDF

mercoledì 18 agosto 2021

MILANO BELLA

La Scala del libro, seducente e gioiosa
di Franco Presicci

“Milano è la città più ideale per andare a passeggio. Non ti aggredisce, non ti stuzzica, non molesta con l’esibizione delle sue meraviglie. Ti lascia camminare in pace, libero e trasognato”. 

Così dice Maurizio Cucchi, poeta, consulente letterario, traduttore…e buon conoscitore della città. Lo dice in un libro, “La traversata di Milano”, Oscar Mondadori, un libro bellissimo e affascinante, che lessi alla sua apparizione, nel 2007, e ho ripreso in questi giorni. Un libro che si legge con interesse e gioia. Di pagina in pagina il lettore si sente accompagnato su percorsi che probabilmente non conosce e ricerca, scoprendo bellezze e curiosità.

La Galleria

Milano non è una città vanagloriosa; non è una donna che s’imbelletta per mascherare la sua bellezza che sfiorisce. Anche perché la bellezza di questa città, così tanto amata da Stendhal, lo scrittore francese che qui avrebbe voluto essere sepolto, rimane intatta fino a quando l‘uomo non l’intacca. E’ accaduto negli anni passati, ai primi del ‘900, quando, per esempio, per fare spazio al cemento armato usarono il piccone contro la Pusterla dei Fabbri (XII secolo), “ che – ricorda Raffaele Bagnoli - dal punto di vista artistico, storico e monumentale aveva un indiscutibile valore”. Milano è una città discreta, magari anche restìa, non desiderosa di essere esaltata. Accetta qualunque giudizio se ci facciamo pellegrini tra le sue vie e le sue piazze, i suoi monumenti, le sue tracce storiche, le sue chiese... Indifferenza? Superbia? Ma no. E’ riconoscere la libertà di ognuno di dire quello che vuole. E se lo dice per ignoranza è affar suo. 

Piazza Gaie Aulenti
Sono passati ormai tanti anni (era il ’76) da quando “Il Milanese”, settimanale che ebbe alterne vicende (fondato da Arnoldo Mondadori, poi estinto, poi fatto rinascere sotto la guida di Angelo Rozzoni, mitico vicedirettore del quotidiano “Il Giorno andato in pensione; ancora chiuso e riaperto) mi dette l’incarico di andare in giro per la città per raccontare tutto quello che vedevo. In seguito Guido Nicosia, inviato dello stesso quotidiano, mi arruolò per Telemontepenice, un’antenna del Pavese, con lo stesso compito. Cominciai da via Lanzone, dedicata a un nobile che guidò il popolo ribellatosi contro la nobiltà intenzionata ad asservire la città dopo una rivolta esplosa per l’omicidio di un popolano. Via Lanzone è una via stretta nei pressi della basilica di Sant’Ambrogio e dell’Università Cattolica. E’ anche vicina a via Caminadella, che prende il nome dalla prima casa fornita di camino. 
 
Piazza Belgioioso di A. Inganni

A quel tempo i camini erano un lusso: divennero un bene comune nel secolo XIII, quando le case del ”popolino” smisero di essere edificate in legno e con il tetto di paglia. E naturalmente si fece largo il mestiere di spazzacamino, perchè la fuliggine bisognava pure eliminarla. Scarpinando per Milano, di cose ne imparai, anche consultandomi con Raffaele Bagnoli, che era esimio socio della Famiglia Meneghina e scrittore serio e fertile; e parlando con la gente che incontravo, chiedendo notizie sulla vita che nella contrada si svolgeva, soprattutto nelle case di ringhiera, dove gli uni davano una mano agli altri e spandevano i panni su un filo che andava da una ringhiera all’altra. Il gabinetto di decenza era in fondo al ballatoio, sul quale si allineavano le porte. Mi alzavo presto per cominciare la ronda, sempre con la macchina fotografica a tracolla. 

Corso Vittorio Emanuele
In via Borsieri, nel quartiere denominato Isola Garibaldi, anche perché gli abitanti erano convinti che al numero 14 avesse passato una notte il re dei due mondi (a testimoniarne la presenza c’è una nicchia con il busto). Di certo hanno avito qui i natali Silvio Berlusconi, Fedele Confalonieri e Giovanni Borghi, il fondatore dell’Ignis che riempì il mondo di frigoriferi, e che Gianni Brera chiamava “Giuanin” in una bellissima pagina che gli dedicò sul “Giorno”. Ai primi del 900 via Borsieri non aveva una buona fama: frequentata dalla malavita, che probabilmente si dava ai duelli rusticani, se nella farmacia vicina veniva spesso richiesto il cosiddetto “unguent de dodes”, che curava le ferite da martino, cioè il coltello a serramanico, tradotto dal gergo della categoria. Ma vi lavoravano mugnai, noleggiatori di cavalli…Nella zona c’era il Foppone della Mujascia, dove vennero sepolte personalità come Cesare Beccarini e il poeta Parini. Mi spinsi sino a via Cascina Barocco, nell’estrema periferia, ricca di strutture rurali oggi quasi tutte un ricordo.
Cortile di corso San Gottardo

In corso San Gottardo, al Ticinese, ebbi un’accoglienza inattesa. La gente fece a gara per riferirmi la storia della zona, indicata come “el borg di formaggiatt””: si calcolava che ai primi del ‘900 nei locali dei cortili (vi si entrava fino a pochi anni fa dal corso e si usciva in via Ascanio Sforza, dove scorre il Naviglio Pavese (vicoli più cortili) si custodissero 900 ruote di formaggio e che quando uno del borgo andava in piazza del Duomo s’intuiva l’origine dall’odore che si portava addosso. Lì la vita era molto movimentata: lavoravano i bottai, c ‘era qualche contrabbandiere e qualche bisca clandestina all’aperto e i ragazzi giocavano spingendo un grosso cerchio con una mazza, nel cortile. Me lo disse una signora anziana, la cui ringhiera si affacciava sui tetti con le tegole rosse. In una di quelle case abitava il fratello della simpaticissima attrice Tina Pica (quante volte l’abbiamo vista con Vittorio De Sica), che faceva il posteggiatore on corso Como; e in via Tabacchi c’era e c’è il commissariato Ticinese, che fu diretto dal vicequestore Vito Plantone - nome di prestigio, già collaboratore di Mario Nardone e tra i pilastri della questura - che aveva come braccio destro l’ispettore capo Armando Sales, poliziotto integerrimo, colto e intelligente. Rimanendo in zona, m’inoltrai sulle sponde del Naviglio Grande, entrai negli studi dei pittori (Guido Bertuzzi, Aldo Cortina, Gigi Pedroli, Sarik, Cottino…), nel laboratorio dei maestri argentieri, nella Galleria di Angelo Cottino, nell’atelier di Liuba Stolfa, degli artigiani, che allora erano tanti. Poi passai al centro, inoltrandomi in vie tranquille, che sanno ancora di antico: via Bigli, a destra da via Manzoni, dove al civico 11 c’era l’abitazione del Premio Nobel Eugenio Montale, che rispondeva al telefono con una gentilezza esemplare (quando morì andai in clinica per rendergli omaggio e partecipai ai funerali, facendo coraggio alla Gina, che era la sua fedele governante). 

Ottagono della Galleria
Sempre in via Bigli trasferì la sua casa e il suo salotto la contessa più famosa del Risorgimento, Clara Maffei, che nel 1863 presentò Boito a Verdi e poi Verdi a Manzoni. Attraversai poi via Borgonuovo, dove abitava il poeta e critico d’arte tarantino Raffaele Carrieri; e via Morone, dove all’angolo con piazza Belgioioso c’è la casa del Manzoni, che anni fa visitai accompagnato dal celebre critico letterario Giancarlo Vigorelli, che era direttore del centro studi manzoniani, e mi regalò tre corposi volumi da lui scritti sull’autore de “I Promessi Sposi”, prima di invitarmi a pranzo al “Bouucc”, uno dei più prestigiosi e antichi ristoranti milanesi (nato nel 1696), che si trova nella piazza che accolse i sospiri di Stendhal per la splendida Matilde Viscontini, moglie del generale polacco Dembowski. La contessa aveva simpatie per i Carbonari e allo spasimante francese preferiva Ugo Foscolo.
 
Piazza Cordusio
Dopo aver ammirato piazza Belgioioso, definita da qualcuno il bel salotto neoclassico di Milano, con il palazzo commissionato all’architetto Piermarini da Alberico XII Barbiano di Belgioioso; dopo aver attraversato corso Venezia e via della Spiga vorrei ascoltare i commenti di uno dei detrattori della città, che inviterei in piazza Cordusio, nata come piazza degli Affari, con quel bel balcone fiorito. E in piazza Eleonora Duse, sorta nel 1924, quando la diva moriva. E in via Montenapoleone, detta una lunga vetrina di eleganza. E ancora in via Borgonuovo, con il palazzo Perego, che ha uno scalone ideato dal Vanvitelli. Amo la Galleria Vittorio Emanuele, “la strada coperta più bella del mondo”. E piazza San Babila, dove l’8 marzo del 1785 venne battezzato il Manzoni. E padre Navigio, come chiama il corso d’acqua lo scrittore Alberto Vigevani. Tanti hanno amato la città di Carlo Porta. L’ha amata Indro Montanelli e l’hanno amata Gaetano Afeltra, che diresse “Il Giorno”; e Francesco Ogliari , che camminava senza mèta per la città guardando qua e là, per scoprire le bellezze nascoste da descrivere nei suoi libri. Gaetano Afeltra, nato ad Amalfi e trasferitosi molto presto a Milano, dove lavorava al “Corriere” il fratello Cesare, ha scritto “Milano, amore mio”. Sarò fazioso, ma Milano per me è bella. Movimentata, chiassosa, invasa dalle auto, ma bella dentro e fuori, in basso, anche con i suoi cortili preziosi, e in alto, con i suoi giardini pensili.

Nessun commento:

Posta un commento