Pagine

Print Friendly and PDF

mercoledì 25 agosto 2021

Mangili, l’inventore dei coriandoli

 

A VENEZIA COME A CRISPIANO

I DISCHETTI DI CARTA SONO ALLEGRIA

1969 - 1° Carnevale crispianese organizzato dalla Biblioteca comunale di Crispiano
 

Giovani e adulti li lanciano in grande quantità, sommergendo le

maschere e il pubblico. Li ho visti piovere pure in qualche

matrimonio e nelle grandi feste all’Hotel Quark

dell’Associazione regionale pugliesi a Milano.

A Crispiano venivano lanciati da una telecamera che simulava

riprese televisive.

 

 

 

Franco Presicci 

Ragazzini impegnati a raccogliere coriandoli da terra
“A volte basta un’idea per cambiarti la vita. Non come quella del camionista che mise la gonna al suo bisonte della strada per far sì che non s’infangassero le ruote in caso di diluvio, e venne al giornale per conquistare un po’ di spazio; o come quello che sosteneva di aver inventato un nuovo tipo di pipa, ignorando che qualcuno ci aveva già pensato. Molti furono coloro che si presentarono a “Portobello”, condotto da Enzo Tortora in televisione (gentiluomo e grande uomo di cultura), dove il pappagallo, comprimario delle puntate, nonostante fosse ripetutamente sollecitato, non parlava mai. 

Carnevale Associazione Pugliesi

Parecchi di loro si esibirono con proposte divertenti, come l’autista dell’Azienda tranviaria municipale di Milano, che consigliava di livellare il Turchino per disperdere la nebbia e l’altro che nell’80 aveva progettato la pattumiera aspirapolvere. Tutti o quasi venivano gratificati dagli applausi e soprattutto dai complimenti del conduttore, esempio tra l’altro di eleganza di stile. Parecchi fecero davvero una bella figura con congegni nuovi e utili, la gran parte brevettati. L’ingegner Enrico Mangili, milanese titolare di una filanda a Crescenzago, un paese non lontano dal capoluogo lombardo, nel 1875, non dovette scervellarsi per inventare i coriandoli e le stelle filanti: stando seduto in poltrona, magari in un momento di riposo, che si concedono anche gli imprenditori, stava osservando i dischetti di carta che si ammonticchiavano sul pavimento, uscendo dalle macchine perforatici che bucavano i fogli da utilizzare nell’allevamento del baco da seta. Materiale di risulta, dunque. “Eureka!”, dovette aver esclamato l’ingegnere, che era persona generosa, membro della Famiglia Artistica e fondatore di un istituto per i dipendenti bisognosi. Non credo abbia subito pensato all’uso che se ne sarebbe fatto. Certo è che anziché continuare a raccogliere i cerchietti in un contenitore per gettarli via, prese a farli mettere da parte con cura in attesa dell’idea giusta sul come farne tesoro.

Manto stradale ricoperto di coriandoli

E quell’idea non si fece attendere molto. Ne accantonò tanti, ma proprio tanti, e li propose ai negozianti per venderli a Carnevale. E così le folle che scendevano in piazza durante quella festa per insanire vedevano svolazzare sulle loro teste tutte quelle montagne di “farfalline”, che invadevano anche il pubblico che assisteva alla processione di uomini, donne e ragazzine in maschera e no, in costumi stravaganti, ispirati a personaggi storici, fiabeschi o inventati per l’occasione. Fu, dunque, quello dei coriandoli, un successo immediato, dal Nord al Sud, alle isole. Da allora non si è mai visto un Carnevale senza il lancio di coriandoli e stelle filanti, che appena escono dal rotolo sembrano buccoli che poi formano lunghi nastri che si attorcigliano sui vestiti o incoronano teste. I coriandoli, fatti di tanti colori, sono simbolo di festa, di allegria. Al Carnevale di Venezia, glorificato in un bellissimo libro fotografico di Fulvio Roiter, edito dalla Celip con presentazione di Guido Lopez, questi pezzi di carta piovono dall’alto, dal basso, sommergendo i partecipanti. Così anche ai Carnevali di Viareggio, di Putignano, di Massafra.

Ballerina tra Abbascià e Lenoci

Il palo della cuccagna a Crispiano
Ovunque si snodano milioni di chilometri di stelle filanti; milioni di “moscerini” colorati. Non meno a Milano. Il banchetto che all’epoca smerciava coriandoli e stelle filanti in Galleria Vittorio Emanuele fu preso d’assalto; la voce si diffuse con la rapidità di un fulmine e vennero aperti altri punti di vendita, che in poco tempo esaurivano il prodotto, 5 centesimi per la quantità contenuta in un cartoccio piccolo quanto quello del caldarrostaio (che ancora oggi spande l’odore del frutto sul fuoco alle fiere che si tengono in alcuni periodi e in varie zone di Milano). Evidentemente Mangili credeva che i coriandoli e le stelle filanti avrebbero scoraggiato l’abitudine di ricorrere a oggetti pericolosi; e invece no: fino a qualche anno fa certi irresponsabili facevano uso, per esempio, di arance con lamette. Tanto che nel capoluogo lombardo qualche anno fa il Comune incaricò Tullio Barbato, fondatore e direttore di Radio Meneghina, di organizzare un servizio di controllo per garantire sicurezza ai cittadini. Mangili sapeva che già allora, e anche prima, venivano lanciati sulla folla oltre a fiori, confetti, frutta, zucchero con all’interno semi di coriandolo (pianta aromatica delle ombrellifere con funzioni digestive); come già al tramonto del ‘700, spadroneggiavano monete roventi appena estratte dallo scaldino; “benis de gess”, pallottole di gesso e fango tirati con una sorta di fionda; uova marce o intrise di sostanze maleodoranti. Le autorità persero la pazienza, come in altre circostanze, e intervennero contro tutti gli abusi, stabilendo per i trasgressori 25 scudi di multa o due “tratti di corda in pubblico”. L’ingegner Mangili, che morì nel 1917, anno di nascita dell’Atm (Azienda tranviaria municipale), aveva inventato le stelle filanti guardando le striscioline di carta che scivolavano nelle trasmissioni dei messaggi telegrafici con l’alfabeto Morse. La paternità delle stelle filanti gli venne riconosciuta da tutti; mentre quella dei coriandoli contestata da Ettore Fonderi, di Vittorio Veneto, autore di brevetti di centrali ad acetilene. Sosteneva, questo professionista, che all’età di 14 anni lui aveva sparpagliato sul Carnevale di Trieste, dal proprio balcone di casa, migliaia di pezzettini di carta multicolori, facendo accorrere la polizia austriaca allarmata.
 
Fuochi d'artificio come coriandoli
Disputa a parte, coriandoli e stelle filanti hanno arricchito il Carnevale, che a Milano ha avuto nel tempo edizioni modeste e altre di grande splendore, con giostre, musiche, tornei, balli, soggetti importanti in costumi sfarzosi e originali. Il governatore spagnolo, Giovanni Velasco, che abitava in un palazzo cinquecentesco in corso di Porta Romana e amava essere presente pomposamente alle feste pubbliche e con grande partecipazione di popolo, dette impulso alla baldoria e per agevolare il corteo dei carri e delle carrozze (un anno addirittura duemila), nel 1598 fece allargare una via, che gli venne poi intitolata. E il suo collega e connazionale Gaspare Tellez Giron Gomez incrementò il Carnevale del 1860, nel quale spiccò la presenza di Vittorio Emanuele II. Ai dischetti di carta hanno anche dedicato una canzone, “Coriandoli,” di Brunetta, la più bella rocker italiana degli anni 60. La fortuna del brano fu tale che si avvalse anche delle voci di Mina e di Marcella Bella. Stando al racconto di uno studioso di curiosità milanesi, Enrico Mangili distribuì per la prima volta i coriandoli in una festa per bambini svoltasi alla piccola Cannobiana. Figure tradizionali del Carnevale Ambrosiano sono Meneghino e Cecca.

2019-Mago Gabriel al Carnevale di San Paolo
I panni del primo a suo tempo li ha indossati anche Gianni Magni, bravissimo cabarettista, attore e mimo, uno degli elementi dei Gufi, che comprendevano anche Nanni Svampa, Lino Patruno, Roberto Brivio, tutti fuoriclasse, eccellenze che tra l’altro pescavano i vecchi canti dei contadini. Di coriandoli e stelle filanti ne ho visti lanciare tantissimi, anche al Carnevale del Fegatino, che fino a qualche anno fa si svolgeva in luglio a Crispiano, con carri originali: un anno un carro evocava la mitologia greca, un altro portava una telecamera, dinanzi alla quale il pubblico si metteva in posa per essere ripreso e invece improvvisamente l’occhio magico sputava una valanga di coriandoli, che i ragazzi raccoglievano da terra a manate per scagliarli a loro volta. La gente arrivava da ogni parte, invadeva tutte le strade in cui passava a suon di musica il corteo. Un Carnevale stupendo, interminabile, con danzatori, musici, libellule in abiti color del cielo.

Carnevale del fegatino-Pro Loco Crispiano
Un Carnevale tutto da vedere, con le macellerie aperte per arrostire i fegatini, che i turisti e i locali mangiavano seduti ai tavolini degli stessi esercizi tra bancarelle illuminate e ricche di giocattoli e di quegli oggetti di carta in cui si soffia per farli allungare e fischiare. Ogni volta tornavo a casa con i capelli policromi come fossi stato dal parrucchiere per i colpi di sole. Come mancare a quella festa così affollata e divertente, chiassosa e coinvolgente. Io ero sempre presente anche alla sagra del peperoncino piccante, architettata da Alfredo De Lucrezis e dai suoi “Amici da sempre”; e al presepe vivente e a quello che lo stesso De Lucrezis e compagnia allestivano con il pane o la pasta scaduti. Non c’erano coriandoli né stelle filanti; ma li ho visti lanciare sulle teste degli invitati e degli sposi a un    matrimonio fuori della chiesa.














Nessun commento:

Posta un commento