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mercoledì 1 dicembre 2021

La brillante carriera di Elio Santarella

ORGANIZZAVA IMPORTANTI MOSTRE

ALLA BESANA E IN CORSO EMANUELE

Inge Shoner e Presicci
 

Come pittore ha esposto nelle

gallerie più prestigiose e ha avuto

consensi dai critici più autorevoli.

Amico di Guido Le Noci e di

Restany, il pittore tarantino.

Ha esposto anche a New York.

 

 

 

Franco Presicci  

Quante serate trascorse con Elio Santarella passeggiando sul lungomare di Taranto. All’epoca sotto gli alberi delle palme c’erano i chioschi presi d’assalto dai bambini desiderosi di gelato e gli adulti di bibite.

La Rotonda di Taranto

Alla Rotonda ci affacciavamo sul mare, intrecciando commenti sulla vita quotidiana e sulla bellezza della città. Ognuno di noi aveva un obiettivo da realizzare il più presto possibile, perché avevamo già chi vent’anni e chi qualcuno di meno. Volò qualche anno e io cominciai a pensare a Milano per esercitare il mestiere che poi ho fatto. E bazzicavo “Il Corriere del Giorno”, dove spiccavano i nomi di Franco De Gennaro, Vincenzo Petrocelli, Franco Cigliola, Pasquale Scardillo … Avevo cominciato a scrivere su “Il Rostro”, un periodico diretto da Franco Sossi, poi su due settimanali di Bari. Un giorno seppi che a Taranto stavano per iniziare le riprese di “Promesse di marinaio”, un film con Renato Salvatori, Antonio Cifariello Inge Shoener, Luigi Pavesi…e mi detti da fare per sapere la data del primo “ciak”.
E passai quasi un’intera giornata a due passi dal “set” e poi al “Jolly Hotel” intervistai l’attrice tedesca Inge Shoener e a Lido Silvano durante una pausa del film Alberto Bonucci, che mi invitò a gustare un piatto di spaghetti con le cozze, Antonio Cifariello, Rosario Borelli, per un giornale che confezionava Roberto Raschillà nella sua abitazione in piazza Marconi. Ma era difficile resistere alla tentazione di prendere il treno; e nello stesso lasciare la città in cui ero nato mi faceva sentire un traditore. Collaboravo al “Corriere del Giorno”, dove a curare le pagine culturali era Giuseppe Barbalucca, medico pediatra con la passione per la carta stampata, e tornava a d assillarmi il pensiero di cambiare aria. Santarella non mi accennava mai ai suoi sogni. Timido, gentile, riservato, educato, sereno, aveva preso dimestichezza con la tavolozza e mi dava l’impressione che quella fosse la sua strada.

Il naviglio grande
Un giorno mi regalò un’opera, nella quale alcune suore erano inondate da nuvole d’incenso. Lo ringraziai e lui schiuse un sorriso dolce. Improvvisamente lo perdetti di vista e mi chiedevo dove fosse finito. Poi ruppi l’indugio e me ne andai, con gli occhi umidi, a Milano. I primi tempi furono incerti; e incombeva il pensiero del quartiere, degli amici, di via D’Aquino, del ponte girevole… che mi ero lasciato alle spalle. Una sera in corso Vittorio Emanuele incrociai Ninuccio Ruggieri, amico carissimo, che mi chiese come mai mi trovassi nella metropoli. “Male, perché vagheggio Taranto e una voce di dentro mi dice che devo tornare”. “Ascoltala”. Me lo ripetè più volte prima di salutarci. Continuai a camminare per Milano, esplorando le vie, le piazze, i negozi, i monumenti, da piazza Cavour al Cordusio: da via Lorenteggio a via Foppa. Una sera ebbi una piacevolissima sorpresa. Andando per corso Garibaldi, mi fermai davanti a un bar, attirato da alcuni quadri esposti all’interno.

Le Noci, Christo e Santarella

Mi sembrarono familiari ed entrai. Erano di Elio Santarella, che dopo un po’ apparve. “Il titolare è un amico e mi ha invitato ad appendervi qualche opera”. Passò ancora qualche anno e il nome di Elio balzò sui quotidiani. Era lui che organizzava per il Comune di Milanomostre di scultura di Manzù, Martini, Marini, Sassu.. in corso Vittorio Emanuele (“Il percorso della scultura”), e altre alla Rotonda della Besana, all’Arengario, a Palazzo Reale. E seppi che continuava a dipingere, mietendo consensi. Gli telefonai e andai a trovarlo in un palazzo storico (appartenente alla famiglia Lupi di Soragna?) di via Manin, dove aveva casa e studio: uno studio ampio, silenzioso, riposante, affacciato sui tetti, a leggio o a capanna. Lo spazio era dominato da quadri di notevoli dimensioni, con temi labbra rosso-fuoco su spazi neri e sullo sfondo un grattacielo di New York: labbra che s’incrociavano, che si rincorrevano; labbra accostati, sensuali, lingue protese verso insegne luminose o contornati da tubi al neon, che sottolineavano le forme (introdotti nella tela, secondo Krumm, come se fossero semplici linee “pittoriche”); labbra sospese su lenzuola scomposte in una camera d’albergo della stessa megalopoli americana o mescolate a immagini fotografiche decontestualizzate e ludiche, di denaro oltre che di sesso. Erano le le ultime composizione di Elio, che per Guido Ballo emergevano da un certo contenutismo onirico. Correvano gli anni ’70. 

Elio Greco e Guido Le Noci
Nello stesso edificio aveva lo studio il pittore Walter Pozzi, volto da moschettiere, temi preferiti appassionato di osterie, Arlecchini innamorati seduti su una panchina sotto la luna. Erano da tanto tempo che Elio Santarella viveva e lavorava a Milano, in quello studio di via Manin, la vecchia contrada della Cavalchina, dove si trovava un maneggio e dove nel 1788 Giuseppe II d’Austria trasferì la Zecca. E passo dopo passo l’artista aveva costruito la propria brillante carriera, consacrata da critici del livello di Raffele De Grada, Aldo e Franco Passoni, Enrico Bay, Martina Corgnati, Mario Perazzi, Ermanno Krumm, Pierre Restany, padre dell’iperrealismo, che fu molto vicino a Guido Le Noci della Galleria “Apollinaire”. Per non parlare di Alda Merini, Fernanda Pivano, che frequentava la casa del pittore, Pedro Fiori, Alberico Sala, Roberto Sanesi, Emilio Isgrò. I quali non hanno solo analizzato apprezzandole le opere, con vivo interesse per le sperimentazioni continue di Santarella, ma hanno anche sottolineato il suo carattere schivo e cordiale. Nato nel ’38, espose per la prima volta alla “Taras” di Taranto. Poi passò ai nudi di donna, che si identificavano con il paesaggio naturale. “Santarella – scriveva Restany - è il pittore del … corpo femminile che diventa universo, mondo globale di riferimenti essenziali”. La donna è per lui un panorama incantevole: colline sinuose, bel modellate, spalmate di spighe di grano; valli che sono spalle, seni, gambe di donna: il corpo per antonomasia. 

Piazza Carmine
“Quanta strada, vero Elio? Ricordi le nostre conversazioni sul lungomare di Taranto, Il profumo del mare, gli incontri, la spensieratezza, gli amori giovanili? E i tuoi primi quadri? Non si possono dimenticare. E soprattutto non si può dimenticare Taranto, così regale e luminosa, così bella nell’abbraccio dei due mari. L’amore per Taranto è inestinguibile. Puoi trasferirti a Milano o in Amazzonia e avere sempre dinanzi agli occhi i tramonti tizianeschi sul Mar Grande e lo scorrere placido del Galeso”. Elio ascolta e poi accenna alla mostra antologica di qualche anno fa al Castello Aragonese, organizzata dal Comune con il corollario di una serata in onore dedicata a Raffaele Carrieri e un Premio per il pittore emigrato, che dal critico e poeta tarantino ebbe affetto e stima. Ancora un tarantino che ha tracciato il suo segno nella metropoli lombarda. E’ stato in Russia, in Cina, a Parigi, Londra, Madrid…Ha collaborato con Guido Le Noci alla realizzazione della mostra del “Nouveau Rèalisme”, nel ’70; ha allestito quella di Henry, Moore al Castello Sforzesco. E’ stato spesso in Usa facendo anche foto notturne della New York Tecnology di Time Square. Amico di Enrico Bay, Mimmo Rotella, Antonio Paradiso, Kengirro Azuma, Agenore Fabbri, Luciano Minguzzi.

“E tornando al mio lavoro – dice- oggi utilizzo le foto, il video, il neon, il computer”. Parte dalla foto, segue con interventi con il colore acrilico e l’aggiunta del neon come potenziamento del segno grafico”. Ha fatto poi esposizioni a Bressanone, Lerici, Ravello, sulla costa amalfitana, alla Galleria Cortina di Milano, presentato da Pierre Rèstany, alla Galleria del Navigllio, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, mostra presentata da Marina Corgnati e Sergio Dangelo; nel ’99 una ”mostra-installazione” di opere realizzate con neon allo Spazio Saporiti di Milano; nel 2002, alla Barchessa di Villa Morosini organizzata dal Comune di Milano; e poi personali a New York, Lugano, Stoccolma, Zagabria e in diverse città del Marocco… . Un “curriculum” fitto, un’attività intensa, seguita dai critici più autorevoli, da Mario Perazzi a Roberto Sanesi. “Perché quelle labbra?”. “Sono icone del nostro tempo”. Elio Santarella è arrivato a Milano nel 1963, si è imposto come responsabile del Comune delle già citate esposizioni a Palazzo Reale, Arengario, Besana dal ’70 al ’90. Nel 2003 ho nuovamente perso le sue tracce e purtroppo non ho più potuto seguire il suo intenso lavoro. Qualche anno ha l’ho cercato e qualcuno mi ha detto che se n’era andato in Toscana.







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