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mercoledì 27 aprile 2022

Il ricordo di una grande serata

 

Giovanni Borghi a destra
GRAZIE AL BEL LIBRO DI GIANNI SPARTA’ SU UN PERSONAGGIO GENIALE: BORGHI


Giovanni Borghi era un vulcano e aveva

come Milano il cuore in mano. 

Dal niente creò un colosso imprenditoriale.

Nato nel ‘10 all’Isola Garibaldi, la stessa

culla di Berlusconi e Confalonieri, fondò tra

l’altro una squadra di ciclisti, tutti campioni


 

FRANCO PRESICCI 

Quanti giovani conoscono la vita e le opere di Giovanni Borghi, il “re dei frigoriferi", zio di Fedele Confalonieri, amico d’infanzia di Silvio Berlusconi?. Tutti e tre, futuri assi dell’Isola “Garibaldi”, un quartiere poco distante dalla Stazione Centrale e dal nuovo palazzone della Regione.

Gianni Spartà con il suo cane
Le imprese di quel monumento che è stato Giovanni Borghi, come gli altri tre legatissimo al suo quartiere, furono rinverdite nella primavera del 2000 con la presentazione del libro: "Il signor Ignis”, di Gianni Spartà, allora caporedattore del quotidiano storico “La Prealpina” di Varese, nella sala Montanelli del Circolo della Stampa, a Milano. Tra i relatori, Fedele Confalonieri, che ebbe un pacato, civile battibecco, per amor di patria, con il giornalista di Rai 3 Andrea Bosco, “colpevole” di aver accennato a briciole di malavita che vivacchiava ai primi del ‘900 all’Isola Garibaldi, dove lui e gli altri due personaggi erano nati. Detto a volo di uccello, è vero che l’Isola era popolata da tanti operai e artigiani onesti e laboriosi, che nelle ore libere andavano a giocare nelle varie bocciofile del quartiere, ma oltre a questi c’erano anche tagliaborse e altri tipi di furfanti, tanto che la gente aveva paura di trovarsi in strada quando calava la  sera. In un altro bellissimo libro, uscito pochi giorni fa, “B” (che sta per Berlusconi”), di Vittorio Testa, già valente inviato speciale di “Repubblica”, vicedirettore di Canale 5 e grande conoscitore di musica, l’ex presidente del Consiglio ammette, sfiorando l’argomento, che nella zona allignavano ladruncoli e ricettatori.
 
Casa di ringhiera dell'Isola
Passando subito a ricordi personali: le domeniche iniziate con la Messa celebrata dal don Eugenio al patronato Sant’Antonio in via Sebenica, “all’Isola dove sono nato e abitavo in via Volturno”. Dopo il rito andava a comperare le paste nella pasticceria che faceva le zeppole più buone di Milano e poi correva a casa ad aiutare la mamma, Rosella, ad apparecchiare la tavola. Ricorda anche le partite giocate con il fratello Paolo e con Confalonieri nel campetto sotto casa. Sempre la domenica Giovanni Borghi, per arrotondare la paga di garzone, suonava il piano al cinema Pastrengo, accompagnando con motivi dell’epoca la proiezione dei film rigorosamente muti e in bianco e nero. Il piano lo suonava ad orecchio e rivolgendosi a Confalonieri, che con quello strumento si era diplomato al Conservatorio G. Verdi di Milano, diceva.: “Se io avessi le tue mani saria un signore anche senza la Ignis”.
 
Gianni Spartà
Tornando alla serata dedicata al libro di Spartà, non mancò la presenza di un altro grande personaggio, il professor Francesco Ogliari, autore, se non sbaglio, di oltre 300 libri e ideatore del Museo europeo dei trasporti di Ranco. Quella sera il salotto buono del Circolo della Stampa in corso Venezia era affollatissimo, in prima fila membri della famiglia Borghi, attenti ed emozionati: il “commendatore el custa”, detto così perché uso a minacciare di acquistare tutto ciò che gli venisse negato, qualunque fosse il prezzo, fu rievocato sotto ogni aspetto, umano e imprenditoriale. Gianni Spartà, il “commendator el custa” lo aveva riproposto usando pennelli e colori in questo suo libro: “un’ottima idea, un contributo doveroso alla conoscenza di un personaggio di grande valore umano e professionale”: parole dello stesso Silvio Berlusconi. Per scriverlo, Gianni Spartà, giornalista scrupoloso e talentuoso, aveva interpellato carte, registri, interrogato la segretaria del “cumenda”, anziani dell’Isola (dove passò una notte al numero 14 l’”Eroe dei Due Mondi”), stuzzicando la loro memoria. Quella sera al Circolo della Stampa qualcuno tirò in ballo una pagina che un altro grande Giuann, il Brera, principe della carta stampata, aveva cucito nel settembre del ‘75 per Borghi su “Il Giorno” di Italo Pietra: “…in verità ha lavorato e creato da gigante, la sua è stata una voce di prim’ordine nel prodigioso rilancio industriale lombardo e italiano”. Giovanni Borghi era l’asso dell’imprenditoria italiana che portò nelle nostre case il frigorifero come prodotto di massa, che s’impose all’Europa e al mondo, fra l’altro meritando la copertina di un’autorevole rivista specializzata, “Officiel du fr”, che lo indicava come "l’artefice della rivoluzione”.
 
Corridori al Vigorelli
Il pubblico, molto interessato all’argomento faceva domande all’elegante firma della “Prealpina”, che integrava, aggiungendo elementi sul carattere del “cumenda”, che 1961 aveva fabbricato il milionesimo frigorifero, record che andarono a solennizzare in un ristorante di Arona: una bisboccia memorabile, come sempre, quando c’era il Borghi, che aveva terminato gli studi all’età di dieci anni per entrare nella bottega del padre ad imparare il mestiere. Teneva a dire di avere inciso un 45 giri con pezzi celebri, e dimostrava di non essere una schiappa cantando seduto al pianoforte “’O sole mio” in napoletano. Con il lavoro, la tenacia, le intuizioni geniali Borghi fece cose mirabolanti: la sua “Ignis” con satelliti in decine di nazioni, dava filo da torcere ai potenti tedeschi, mandava in bestia i francesi, sconfiggendo il “made in Usa” nel settore degli elettrodomestici. Nei suoi stabilimenti ricevette capi di stato, tra cui Giuseppe Saragat, ministri, delegazioni estere. La sua genialità era nota ovunque, tanto che a Bari, dove diventerà una sorta di cittadino onorario, nel ’66, gli dettero la “laurea honoris causa” in ingegneria elettrotecnica. Non si stupì e non assunse atteggiamenti trionfalistici. Aveva modi bruschi e andava sempre per le spicce. 
 
Borghi al centro
Ma aveva un gran cuore. In un rigidissimo autunno dei primi anni Sessanta, raccogliendo un sos dei naturalisti, mandò il suo aereo personale in giro per l’Europa a salvare migliaia di rondini intirizzite. Ma fu anche capace di urlare al direttore de “L’Equipe”, autorevole giornale sportivo francese, che non voleva gli sponsor al Tour, che si sarebbe comperato il giornale: “Se la custa ‘sta baracca? La cumpri mi”, ringhiò con la sua voce cavernosa. Forte la sua passione per lo sport e per la bici. Per diffondere i suoi prodotti nella sua squadra di corridori reclutò Bobet, Poblet, Maspes. Sempre il meglio e il primo. Fu uno dei primi ad investire nel Sud. Una leggenda: arruolando Miguel Poblet, gli fece mettere la firma su una scatola di sigarette per sancire l’accordo e il campione dirà: “Per Giovanni Borghi basta la parola”. Grandissimo personaggio. Per Camilla Cederna era il Gran sultano delle esaltanti manifestazioni al Vigorelli, che lui aveva rianimato. “Un uomo di attraente simpatia”, per Giulio Andreotti. “Il simbolo della più felice stagione dell’imprenditoria italiana”, per Gianni Agnelli. “Lo zio Giovanni? Un Berlusconi senza laurea", per Fedele Confalonieri. “Ancora un po’ che restavo in casa sua – scrisse nella primavera del ’64 su ‘Il Corriere della Sera’ Indro Montanelli, altro principe della penna non certo incline alle carezze – ne uscivo indossando come i suoi atleti una maglia con la scritta ‘Ignis”. Questi ed altri episodi emergevano dal libro, edito da Mondadori, di Gianni Spartà, diffondendosi tra il pubblico che debordava nelle sale adiacenti. Il giornalista scrittore, con acume, pazienza, impegno da certosino, era riuscito a pescare tutti i Borghi sparsi qua e là, partendo da lontano: oltre ai Borghi maestri tessitori a Varano, in provincia di Varese, e un Borghi, sindacalista anarchico a Bologna, un Borghi letterato romano, autore di studi di Dante e Petrarca, e addirittura un Borghi operaio vissuto all’epoca in cui a Milano troneggiava Napoleone. Mille i commenti del pubblico e tutti esaltavano le doti del volume, ricco di dettagli. “Esauriente, scrupolosa, avvincente biografia di un uomo che rimarrà nella storia. Circa duecento pagine in cui si sgomitola in uno stile arguto, brillante, espressivo, il meraviglioso racconto che ha come protagonista un uomo dotato dei “geni della grandezza” (Brera). Cominciando da poco in cinque “oeucc de vedrina” il Borghi riuscì a creare un’ammiraglia. I primi passi li mosse nella natia Isola Garibaldi. Poi Milano fu oltraggiata, ridotta in cenere dalla guerra. Danneggiati piazza San Fedele, Palazzo Marino, la Scala, la Galleria… Brutale il bombardamento di una scuola a Gorla il 20 ottobre ’44, con morti e feriti tra i bambini. I Borghi si trasferirono a Comerio, dove cominciò la grande avventura di un uomo che non si fermava davanti a niente. Ci metteva un attimo per volare in ogni parte del mondo per trovare la soluzione ad un problema, ottenendo vittorie sia nel campo dei frigoriferi sia nel campo dello sport. “Deve essersi divertito a scrivere questa biografia, Gianni Spartà, un cavallo di razza che fa onore alla genia dei terroni e al giornalismo” (non ricordo chi l’ha scritto, ma condivido). Non è il solo libro che porti la firma di Spartà, che annovera anche libri di storia industriale, biografie di aziende famose e non solo. Nato a Messina, vive a Varese, ama la bici. Lo conobbi quando aveva 19 anni ad Arco di Trento. Prese la laurea in Giurisprudenza, superò gli esami di procuratore legale, ma era già stato risucchiato dal giornalismo e ha percorso quella strada sino in fondo. Amante della Puglia e di Martina Franca, dove lo incontrai una ventina di anni fa. Nella stessa città del Festival della Valle d’Itria, tre o quattro anni or sono, nella Rotonda, che ospitò i nomi più famosi e amati dello spettacolo, a cominciare da Domenico Modugno, incontrai Memo Remigi, che mi disse: “Sei amico di Gianni Spartà, allora sei amico io”. Lo avevo intervistato per il quotidiano “L’Italia” nel ’60 in Galleria del Corso, allora quartier generale delle case discografiche. Ma quella serata al Circolo della Stampa con Gianni Spartà, Francesco Ogliari, Fedele Confalonieri e Andrea Bosco fu un’altra cosa.






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