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mercoledì 18 maggio 2022

Martina Franca, città luminosa

Peppino Montanaro

ARRIVANO I TURISTI, ATTRATTI

DAL PAESAGGIO INCANTEVOLE


E anche i melomani per il Festival

che inizierà il 19 luglio. Il ricordo di

tante persone che ho frequentato

In anni e anni di soggiorni nella Valle

d’Itria. Molti di loro sono scomparsi

e altri sono ancora con noi, brillanti

come giovanotti



 

 

Franco Presicci

Aria di Festival, a Martina Franca. Aria di musica. Il belcanto andrà in scena il 19 luglio (lo abbiamo già scritto), atteso con ansia da moltissimi melomani. Sin dalla prima edizione la rassegna, conosciuta in ogni parte del mondo, ha calamitato la loro attenzione e il loro entusiasmo. Il mio amico Geseppe, che di mestiere faceva il contadino, potava gli alberi canticchiando il “Rigoletto”. Lui non c’è più da vent’anni; il suo campo, che sfiora la via, l’hanno venduto, ma io quando ci passo mi fermo a guardare quei trulli con nostalgia; e mi par di vedere la sua figura sotto il pergolato che protegge dal sole il piccolo piazzale.

Peppino Cito

Sono tanti gli amici che hanno lasciato l’adorata Martina, non per emigrare, ma per raggiungere quel luogo, dal quale non si torna più indietro: Pierino Pavone, che confezionava cappotti e li vendeva a Cutrofiano, in provincia di Lecce; Peppino Cito, che sagomava l’argilla con l’abilità e la passione di un figulo provetto; Giovanni Chisena, che faceva l’avvocato e scriveva di sport su “La Gazzetta del Mezzogiorno” con lo pseudonimo Anchise; Franchino Lodeserto, che portava sempre il “papillon” sull’abito scuro; Franco, il maresciallo, che quando giocava a carte da Cito nel laboratorio che Peppino aveva nel Ringo, non stava mai zitto; Peppino Montanaro, uomo colto, cortese, apparentemente burbero, pronto ad accompagnare qualche turista in visita a Palazzo Ducale, lettore fisso del “Corriere della Sera” e delle storie di Gaetano Afeltra sulla natia Amalfi, funzionario al Comune vicino al sindaco Alberico Motolese. Una sera acquistò un trullo e me lo consegnò pregandomi di portarlo a don Gaetano, che, lasciata la direzione del “Giorno”, si era acquartierato con migliaia di libri al piano superiore della redazione, in piazza Cavour; Cenzino Ancona, già costruttore edile che vantava le arance (quasi un chilo ciascuna) che pendevano su centinaia di alberi nel suo fondo a Castellaneta. 

Martino Solito
Nico Blasi al Rotary di Merate
 

                                                                                                         Martina ha sempre esercitato su di me un fascino irresistibile, e mi capitava di parlarne con le persone che frequentavo: per esempio Pasquale D’Arcangelo, capo ufficio stampa, allora, del festival, con ufficio prima a Palazzo Ducale e poi di fronte; Franco Punzi, uomo squisito, da 43 anni presidente del “Valle d’Itria” e oggi anche della Fondazione Paolo Grassi; Nico Blasi, socio onorario del Rotary Club di Merate e direttore di “Umanesimo della Pietra”, che visitavo spesso quando le gambe mi permettevano di affrontare le scale. Ricordo una serata pugliese, dominata da lui, con una camionata di prelibatezze martinesi arrivate a Merate con i più noti personaggi di casa nostra, dal dottor Centrone a Fragnelli, che confezionò le mozzarelle pronte per andare in tavola. 

Franco Punzi
Passando da “sott’a San Frangische” lancio ancora uno sguardo al laboratorio di “Giorno e notte”, detto così perché era aperto ventiquattr’ore su ventiquattro. Adesso pare che a rimettere in sesto freni, dinamo, mozzi, catene ci sia un altro, forse il figlio. Avevo una quindicina d’anni, quindi eravamo ne ’48, quando un giorno per andare sul Chiancaro, alla campagna dello zio canonico per un’emergenza, noleggiai una due ruote in quell’officina. Ma la salita l’affrontai a piedi, rimettendomi in sella dopo la fontanella, dalla quale prendevamo qualche volta l’acqua per risparmiare quella del pozzo. E a piedi feci la discesa, il giorno dopo, quando consegnai il veicolo al titolare. Mi sarebbe piaciuto poter intervistare il cestaio che sta a due passi dalla chiesa del Carmine e una volta quasi all’inizio della via, dove oltre a fare canestri vendeva la cicoria che spunta spontaneamente e si allarga rasoterra con le sue foglie lanceolate: ottima quando si accoppia con il purè di fave (“fav’e fògghie”). L’ho avvicinato un paio di volte, ma si è limitato a dirmi che nella sua bottega hanno girato un film e che per l’intervista è disponibile solo il mercoledì pomeriggio. Ogni tanto, parcheggiato vicino alla farmacia, lo vedo aprire la porta, uscire con una sdraio, sulla quale si accomoda e guarda il cielo. Di fianco al suo locale una vecchietta seduta sulla soglia sferruzza, lo scialle in testa, con due lembi incrociati sotto la gola. Recentemente ho visitato il cavalier Giuseppe Bellucci, che fabbrica campane per le chiese di tutto il mondo; e Martino Montanaro, che confeziona ottimo pane, “fecazzedd”, “mustacciuoli, friselle e quant’altro nel suo Antico Forno San Martino, in via Mercadante. Non dimentico altri personaggi che mi onoravano della loro amicizia e della loro stima. Ogni tanto andavo a trovarlo, Peppino Montanaro, nella sua campagna, su una lunga via che sfiora, sulla destra, la chiesa della Madonna della Carità. 

Guido Le Noci in moto

Mi piaceva sentirlo parlare con pacatezza dei tempi in cui era sindaco Alberico Motolese, ricordandomi che era stato proprio lui a mandarmi il volume “Martina Franca” di Cesare Brandi, edito dalla Galleria “Apollinaire” di Guido Le Noci, che io recensii con entusiasmo. Avevo conosciuto a Milano Guido Le Noci negli anni Sessanta, e mi presentò Dino Buzzati, lo scultore Paradiso e Pierre Restany. E un giorno, avendomi preso in simpatia, mi promise di portarmi a casa di Raffaele Carrieri, poeta e critico d’arte tarantino, che scriveva su “Epoca” e sul “quotidiano di via Solferino A una festa di carnevale alla Società Artigiana, Franchino Lodeserto mi invitò con molto garbo. E io accettai con piacere, precisando che ceno alle 20 e loro alle 23, quindi non potevo mangiare due volte. Mi rassicurò, ma mentre si ballava sotto una pioggia di coriandoli, distribuirono dei sacchettini con salsicce, birra e non ricordo più che altro, proprio all’ora da me temuta. Anche a casa sua o in campagna le cene erano pantagrueliche. Era il suo modo di onorare gli ospiti. Avevo già incontrato Clementino Messia, fotografo con negozio vicino alla Collegiata di San Martino. 

I fuochi di Locorotondo

Simpatico, un sorriso spontaneo, cordiale, ironico; amante dei fuochi di artificio, che va a vedere dove sa che sono spettacolari: a Locorotondo alla festa di San Rocco, per esempio, ma anche molto più lontano. Da lui comperavo le vedute di Martina di una volta, da lui ereditate dal padre. Le tiene in bella mostra in vetrina. Se le gode mentre osserva il passeggio, che in quel punto è affollato. Suo cugino Benvenuto è nato correndo. Ancora oggi, imbiancato come Martina sotto la neve, sfreccia in sella alla sua bici, fermandosi nei punti più attraenti, per catturare immagini di “nghiostre”, vicoli, balconi fioriti, altane inghirlandate... Ha pubblicato anche un libro con pagine bellissime e luminose: chiostri, forni a legna, vedovelle, processioni pasquali, Martina innevata, ringhiere barocche, Palazzo Ducale (edificato da Petracone V Carraciolo nel 1668), con il sontuoso cortile che ospiterà alcuni momenti del Festival della Valle d’Itria...

Benvenuto Messia e Lino Banfi
Benvenuto è un uomo poliedrico: poeta, attore cinematografico (ha lavorato in “Braccialetti rossi” e poi nella parte di un prete con Lino Banfi e ancora con Luisa Ranieri…). E nell’arte fotografica è un maestro. Quando recita le sue poesie è spassoso, a volte improvvisa versi divertenti inserendoli nei testi originari, davanti al pubblico che applaude freneticamente. Una sera alla masseria Cappotto di Laterza interpretò una poesia nella poesia dedicando la … coda a un personaggio illustre appena arrivato. Grande, Benvenuto. Una delle figure più note di Martina. I cittadini lo acclamano quando lo vedono accodato al Giro d’Italia non per darsi le arie da campione, ma per vivere l’emozione del “Giro”. Su Benvenuto, Ben per gli amici, bisogna scrivere un libro. Lo incontrai nel trullo di Oronzo Carbotti, insegnante in pensione e autore di articoli sulle tradizioni popolari e sui mestieri di una volta, sulla bella e interessantissima rivista di Nico Blasi “Umanesimo della Pietra”. Venne per fare ascoltare effervescenti versi sui mariti… incoronati. Fioccarono le risate anche per la sua mimica divertente, efficace, travolgente. Lo si ritrova in tutte le manifestazioni culturali e artistiche e alla Fondazione Paolo Grassi, di cui, ripeto, è presidente Franco Punzi. Ogni tanto vado a far visita a Martino Solito, studioso della storia e delle tradizioni di Martina Franca e poeta (i suoi libri più recenti “Quadèrne a Martenesè”, “Letteratuta provenzale delle origini – affinità lessicale col dialetto di Martina Franca”, “Letteratura in vernacolo di Martina” in due volumi). E non dimentico Ninì Ponte, che dopo aver avuto un negozio di mobili sullo stradone aveva montato una falegnameria in campagna su via Ceglie. Sempre ben vestito, discreto, serio, altruista, non lavorava per lucro, ma per hobby. Se un amico gli chiedeva un tavolo con le alette, lui si metteva subito al lavoro e lo accontentava. Come esaudì la richiesta di Cito di uno strumento musicale a forma di zanna di elefante. Mi regalò la tromba di suo nonno che risaliva alla prima guerra mondiale. La teneva in un cassettone assieme a tant’altra roba. La conservo gelosamente anche perchè è un reperto storico. Mi donò anche una pila, che finì nelle mani dei ladruncoli. Una volta a Martina si lasciavano le porte aperte. A Martina dunque già arrivano i turisti, che si siedono al bar Tripoli e ad altri tavoli, passeggiano nel Ringo, che si trasforma in una via dello struscio, ammirano lo splendore della Valle d’Itria: un paradiso in terra. E come il grande regista Pier Luigi Pizzi, che s’impegnò anche al Festival (l’anno in cui curò la regia di Medea alla Scala), camminano con il naso all’insù per ammirare il barocco… E alcuni restano fino a luglio-agosto, quando il 19 questa perla si vestirà di musica.

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