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mercoledì 20 luglio 2022

Nel ’70 una notte su un’auto della polizia

VOLANTE “PIOLA” CHIAMA LA CENTRALE

QUI IN UN CIRCO SPETTACOLO FUORIPISTA

 

Mario Nardone,Enzo Caracciolo

Le sentinelle in giro per la città 

sorvegliavano, come oggi, ogni angolo

con grande attenzione e intervenivano in

un baleno. 

Io viaggiavo con ansia, aspettando il colpo

grosso. 

Ma quella volta accaddero altre cose, ma

non ci furono regolamenti di conti.

 

Franco Presicci 



“A mezzanotte va la ronda della madama e sono cavoli della malandra”, canticchiava uno dei piantoni sotto il grande portone della questura, mentre uscivano le pantere a sirene spente. Avevo chiesto al questore Allitto Bonanno di ospitarmi a bordo di questi avamposti in giro di perlustrazione notturna attraverso la città; e dal suo ufficio partì una telefonata al commissario Enzo Sciscio, un giovane sui 30 anni, foggiano di Fornara, spiritoso e svelto, preparato e solerte. L’appuntamento per la sera successiva alle dieci e mezza, nel cortile di via Fatebenefratelli. 

Il poliziotto al centralino
Era il settembre del ’70 e scrivevo su “La Gazzetta di Mantova”, un quotidiano con secoli di storia sulle spalle. Per carattere sono maniaco della puntualità. E arrivai mezz’ora prima, ma l’equipaggio era già lì ad attendermi. Mi presentai: i poliziotti, giovani, gioviali, sorridenti, rispettosi. La pantera si mosse lenta e silenziosa, svoltò a destra, verso via Porta Nuova, via Monte Santo, piazza della Repubblica... L’autista, Giovanni, era pugliese come me e si trovava molto bene a Milano: gli piaceva la gente e non si era mai imbattuto in qualcuno con l’abitudine di dare del terrone a un meridionale. “Che poi non è un’offesa, perché molto cibo ci viene proprio dalla fatica del contadino chino sulla terra”. Aveva letto Curzio Malaparte, Tiziano Terzani, Mario Tobino, “Un amore” di Dino Buzzati, le storie di Roma e dei Greci di Indro Montanelli… Per problemi familiari non aveva raggiunto il diploma di ragioniere: “Ho tempo”. Quelli che stavano dietro di me ascoltavano e ogni tanto intervenivano per commentare una chiamata di un’altra sentinella alla Centrale. Giovanni andava piano, in una Milano tranquilla, senza sussulti, almeno fino a quel momento. 
 
Falena
Incontrammo una decina di donne giovani che taccheggiavano sul marciapiedi, e Giovanni disse: “Di ‘segnorine’ ce ne sono tante in città. “Segnorine”, come nel ‘46 venivano chiamate le “falene” per non dispiacere ai benpensanti, soddisfatti di vedere sulle locandine gambizzato il titolo di un’opera di Jean Paul Sarte, “La p. respecteuse”, dove la p. stava per una parola facilmente immaginabile). Dopo qualche minuto Giovanni riprese l’argomento: “Svolgono la loro attività senza dare fastidio e noi non interveniamo, a meno che non facciano adescamento”, “Così vuole la legge Merlin”, aggiunse l’agente Mario, e ipotizzò: “Lei si aspetterà un delitto”, così avrà da scrivere di più”. Non risposi, ma confesso che aveva ragione. “Le nostre giornate sono quasi sempre movimentate. Pensi che una volta il dottor Mario Nardone, detto ’il gatto’, per l’abilità, la perspicacia e l’efficacia delle sue indagini solitarie, per correre sul teatro di una grossa rapina a mano armata dovette lasciare il matrimonio di un amico ed essere fagocitato da una Volante con il dottor Mario Jovine, il suo vice”.
 
Caracciolo, Olivieri, Pagnozzi
Le Volanti pattugliavano 24 zone. Naturalmente, non soltanto per dare uno sguardo alle “lucciole”, che a volte creavano fermenti per l’insolenza di qualche cliente o erano vittime di qualche matto o dello stesso “protettore”. “In una notte può succedere di tutto: un regolamento di conti, una rissa, una ‘dritta’ (rapina) in un cinema, in un bar, in un ristorante; un ferimento o peggio”. Improvvisamente, in fondo a una strada senza sbocco notarono un giovane che armeggiava attorno a una 500. Giovanni accelerò e arrivati sul posto scendemmo tutti. Il ragazzo aveva in mano una forbicina da donna, da utilizzare per aprire la portiera. “Non volevo rubare, non ho casa e volevo dormire lì dentro”. Destinazione questura. La pantera riprese il suo itinerario. Ogni tanto le sentinelle pescavano un tipo sospetto, controllavano i documenti, trasmettevano le generalità alla centrale operativa, da dove la guardia D’Ambrosio, un venticinquenne che aveva ricevuto una medaglia per la solerzia, la preparazione sostenute dall’entusiasmo, controllava, presente il maresciallo Mantovani, che conosceva bene tutta la provincia e i cunicoli che si tuffano sotto il Castello Sforzesco, quelli in cui una volta si attestavano le scolte del signorotto e nei nostri giorni cappelloni inebetiti dalla marjiuana e falene in minigonna.
 
Operazione polizia
Chiamò il dottor Sciscio per sapere se andava tutto bene. “In caso di novità avvertitemi subito”. “D’accordo”. La serata procedeva calma. I grossi calibri del furto e del mitra erano forse in vacanza o sbaloccavano in un night di lusso con fiumi di sciampagna e sorrisi di bionde prosperose; o erano intanati in labirinti insospettati a progettare colpi da maestri. Intanto ci arrivavano le voci delle altre Volanti e degli uomini che presidiavano la Centrale operativa. Mantovani: “Per quell’incendio avvertiamo anche la squadra di emergenza dell’Edison e se è il caso facciamo sgomberare gli stabili vicini”. la notizia era stata data dalla Volante Romana. I clienti del night posarono i calici, appena si videro assediati dalle fiamme. Urla, panico, il fuoco stava per divorare le porte e ostacolava l’uscita. La Romana richiamò: “I vigili del fuoco sono arrivati con due autopompe. Nessun pericolo per le case vicine. Il night è in una specie di villetta isolata. Le tubature del gas sono al sicuro”. Volante Monza: “In un bar due persone hanno bevuto un po’ troppo e stanno dando i numeri”. Mantovani: “Identificateli!”. La Sesto, che da un pezzo non si fa sentire: “Nulla di nuovo”. “Unitevi alla Monza e fate un posto di blocco sulla solita strada della Brianza”. Spesso su questi asfalti restavano intrappolati i ladri che da Oggiono, Cantù, Erba, Merate… facevano bottino a Milano. Sono le due e le ore si sfilano tra dialoghi delle Volanti e la Centrale, e domande a soggetti in atteggiamenti equivoci. Un tale protestò, “perché in Inghilterra, dove aveva soggiornato a lungo, i gentiluomini vengono riconosciuti a naso e quindi non vengono importunati”, e la memoria di via Fatebenefratelli in pochi minuti scodellò un polposo “curriculum” penale. L’uomo cambiò “refrain”.
 
Plantone e Borsellino
La Volante Ticinese dette tre nomi: il primo era un rapinatore. Due ragazzi evasero dal Beccaria, misero le mani su un’auto, l’avviarono con il sistema del ponte. Mantovani ricevette una segnalazione: una ciurma di giovani si divertiva a fare carosello attorno alla villa di un industriale, scatenando le marmitte e ancor di più i claxon. “Volante Genova, andate immediatamente!”. La Romana: “In un bar si è scatenata una rissa ed è spuntato un coltello. La “Piola” viene spedita a San Donato, dove in un circo stava andando in scena uno spettacolo fuoripista: un dipendente in divisa, di quelle che sotto gli “chapiteaux” ricordano i soldati napoleonici, e un altro in borghese se le stavano dando al ritmo di uno strumento a percussione. Il dottor Pippo Micalizio chiese notizia dei ragazzi del Beccaria. “Volatili…”: la Magenta spezzò la parola: “Abbiamo acciuffato gli evasi e recuperato l’auto”. L’”Adriatica” piombò in questura, attraversò il lungo cortile e si fermò davanti alla porta che si apriva dall’interno con un congegno elettronico. Scesero una signora e un giovane allampanato. Lei lo accusava di essere entrato il giorno prima nel suo negozio e di aver acquistato merce con un assegno falso di 96 mila lire, esibendo una carta d’identità contraffatta: uscendo dal cinema con amici, lo aveva riconosciuto e bloccato.
 
 Prefetto Mario Jovine e Arnaldo GiulianI
Mezz’ora dopo nella stanza comparvero i commissari Achille Serra (che chiuderà la carriera da prefetto dopo essere stato capo della Squadra Mobile, dello Sco (Servizio centrale operativo) e questore di Milano, e il suo collega D’Orta. Serra appoggiò le mani sull’orlo di un tavolo, compì un salto e si sedette facendo dondolare le gambe. Pippo Micalizio offrì un bicchiere di birra, mentre una telefonata non ufficiale informò che era arrivato “all’improvviso il dottor Enzo Caracciolo, diretto nel suo ufficio”. Caracciolo era il capo della Mobile, un signore alto, severo, intransigente, del quale tutti avevano un timore riverenziale. Siciliano, coltissimo, perspicace, snello, baffetti alla David Niven. Diventeremo amici, dopo un’intervista in casa sua, in viale Piave. Ricordo che mi confidò di avere ancora uno scrupolo per non essere riuscito a risolvere il delitto di Simonetta Ferrero alla Cattolica.
 
Oscuri,Bonanno,Gino Cervi,Caracciolo,Plantone
In seguito presi a frequentare assiduamente via Fatebenefratelli, stringendo amicizia con personalità prestigiose e di grande valore, tra cui Mario Jovine, Vito Plantone, Antonio Pagnozzi, Francesco Colucci. Filippo Ninni, Paolo Pifarotti, Paolo Scarpis, Eleuterio Rea, i questori Tria, Fariello, Carnimeo…, il “judo man” Ferdinando Oscuri, che incuteva paura a chi scivolava nel codice penale. Ci alternavamo con il mio collega Giancarlo Rizza, posato, lento, impassibile, riservato. Se fiutava una notizia la inseguiva come un ghepardo la sua preda. Una sera i funzionari invitarono a cena i cronisti in un ristorante dalle parti di via Padova; e a un certo punto Rizza andò in bagno. All’uscita, intercettò alcune parole di una conversazione intessuta sottovoce tra Micalizio e un altro funzionario. Sgattaiolò verso la porta e sparì. Quando ci accorgemmo della sua assenza ci chiedemmo dove fosse finito. Era già in questura a farsi dire da un amico fidato ciò che era successo. Avevano concluso un’operazione clamorosa e la notizia doveva essere data il giorno successivo in una conferenza-stampa, presenti le tv private e pubbliche e la carta stampata. Invece uscì su “Il Giorno” in esclusiva. E tutti gli altri cani da tartufo abbaiarono. Ho trascorso notti anche nella sala-stampa della questura. Appena sentivo il rombo di una volante mi affacciavo alla finestra che dava sul cortile e osservavo chi scendeva. E ho passato qualche altra notte con le pantere e ore sull’elicottero del Gruppo Volo Malpensa della polizia, dove, al momento della pensione, il colonnello Cipriani mi ha dato una targa, in cui si attesta la mia passione nello svolgimento del lavoro di “cacciatore”.



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