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mercoledì 12 ottobre 2022

Il teatro è la sua vita

L’ATTORE TARANTINO ANTONELLO CONTE

HA PORTATO ALLA RIBALTA MARCHE POLL

Locandina
 

Ha ripercorso la sua vita vera, dopo aver studiato, interrogato gente che lo aveva conosciuto bene, scoprendo dove viveva.

Prima di salire sul palcoscenico ha fatto insomma l’investigatore.


Franco Presicci 

Marche Poll, personaggio indimenticabile della nostra città. Basso, un tantino curvo, un basco sempre in test, il passo stentato, attraversava le strade del centro solitario e silenzioso, il capo spesso chino, un sorriso ingenuo. Appena intercettava qualcuno, gli chiedeva: “A vuè ’a schedine? Nà, accàttete ‘U pamarijdde”. Parte della fortuna del periodico fondato da Leggieri, tipografo in via Anfiteatro, di fronte alla piazza coperta, alle spalle del vecchio ospedale, era nelle mani e nella simpatia che questa figura riscuoteva tra i concittadini, oltre che nella fattura del foglio e del suo contenuto, dovuti al grande valore dei collaboratori, poeti e scrittori, tra i quali Alfredo Lucifero Petrosillo che per qualche tempo lo diresse. Era un giornale divertente, frizzante, a volte caustico… senza peli sulla lingua, in armonia con il sottotitolo, che recitava: “Quidde ca no nge làsse de pète a nesciùne”. Leggerlo era uno spasso.

Antonello e Marche Poll
Piazza Fontana

Marche Poll non era uno strillone, come quelli che ai primi del ‘900 anche a Milano urlavano i titoli più scoppiettanti per invogliare la gente ad acquistare il giornale. Era discreto, tranquillo, rispettoso, dai toni pacati. Se qualche marchese del Grillo tentava di esercitarsi su di lui in una burla, l’ometto, che appariva disarmato, non alzava la voce e a volte dava risposte spiritose e azzeccate. Lo si vedeva spesso in via D’Aquino con un fascio “de panarijdde” appeso al braccio destro, serio, lampi di sorrisi se i giovanotti lo assediavano e gli rivolgevano battute sapide. In occasione della festa della matricola del ’57 un manipolo di universitari decisero di portarlo in scena al Circolo dei Marinai nei pressi dell’Arsenale nella commedia “’U cuèrne de Marije ‘a canzìrre”, un atto di don Diego Marturano: doveva percorrere il palcoscenico da una quinta all’altra nella sua veste di ogni giorno e ripetere le frasi che tutti conoscevano: “’A vuè mo’?” e il resto. Appena comparve alla ribalta si scatenarono applausi scroscianti. Poi, qualche perditempo gli disse che il pugno di spiccioli che gli erano stati dati per la originale prestazione era una miseria rispetto ai milioni che prendono gli attori del cinema; e Marche Poll ogni volta che intercettava il “regista” chiedeva il saldo.

Scena dello spettacolo
Ma con naturalezza. Lo ricordo con affetto. Stando a Milano, dove nello studio conservo alcune statuette con la sua immagine modellata da figuli non professionisti, scrissi un articolo su di lui, e mi domandavo se gli avessero intestato una via, almeno in periferia o eretto una piccola statua come personaggio caratteristico amato e apprezzato nella Taranto negli anni ‘50.

Conte e Marche Poll

E adesso, sorpresa, lo vedo trionfare sul palcoscenico, grazie a un giovane, valoroso attore, Antonello Conte, che ha ereditato l’arte del teatro dal padre, il grande Lino, che, stando in vacanza a Martina, anni fa, sentivo citare spesso su una tivù privata (non ricordo quale) da una presentatrice spigliata e simpatica, non più giovanissima, ma ancora bella. E al nome di Lino Conte seguivano nella mia mente altri bravissimi attori conosciuti nei miei anni verdi (una ventina primavere, anzi di più) a Taranto: Falcone, Murianni, D’Andria, Mirabile, la Casavola, Murgolo, padre di Enzo Valli, Graziano… (alcuni frequentavano il Cral Arsenale). Non dimenticando l’autore di testi Bino Gargano, persona gioviale e intelligente, di professione parrucchiere.

Il ponte girevole
All’epoca le filodrammatiche erano almeno un paio. C’era anche quella dell’Enal, che tra l’altro portò in scena al Circolo Sottufficiali della Marina “Trenta secondi d’amore”, che aveva tra il pubblico Piero Mandrillo, seduto di fianco a me, che ero incaricato di recensire l’opera sul quotidiano romano Il Messaggero”, del quale era corrispondente Riccardo Catacchio (poi chiamato a guidare “Il Corriere del Giorno”). Il direttore dell’Ente era Tommaso Carmelo Imperio, che tra l’altro, scriveva poesie, e segretario del sodalizio, che aveva la sede in via Di Palma sul cinema Odeon, Cappuccio, un signore basso, snello, volenteroso, a cui spettava il compito di tener bene unita e salda la compagnia. Qualche volta a vedere le prove ci andai con Piero, ingordo di teatro al punto che se, per esempio a Firenze c’era uno spettacolo interessante, lui prendeva il treno e correva. Con me era spesso in platea all’Orfeo a vedere oggi Emma Gramatica ed Elsa Merlini in “Venerdì Santo” di Cesare Giulio Viola, domani Edoardo De Filippo o Paolo Carlini o Ernesto Calindri, che conoscerò meglio a Milano la sera prima di “Uno sporco egoista” al Teatro San Babila, uno dei successi da ricordare; e lo ricordai con lui a un tavolo del Caffè Donini. Calindri era una persona amabile. Mi ricevette in casa sua in via Statuto, per una seconda intervista e non lasciò senza risposta neppure una domanda.

Erano i tempi della pubblicità del “Cynar”, che lui faceva seduto su una sedia in mezzo a una strada. Anni dopo lo ritrovai in un albergo di viale Virgilio a Taranto, dove Ugo Ronfani, vicedirettore de “Il Giorno” e critico d’arte e teatrale, oltre che direttore di una autorevole rivista del settore, aveva organizzato un convegno appunto sul teatro. Quando ho appreso che Antonello Conte stava preparando uno spettacolo su Marche Poll, a 40 anni dalla sua morte, l’ho cercato: sicuramente avrebbe avuto tante cose da dirmi sul personaggio incorporato nella vita della nostra città. Ci siamo sentiti diverse volte e l’ho invitato a raccontarmi Marche Poll così come era emerso dalle ricerche da lui fatte prima di portarlo in scena, parlando anche con persone vicine a lui e scoprendo le abitudini private, il luogo in cui abitava, la sua storia vera...
 
Antonello Conte

Ho visto Antonello recitare non al Teatro Padre Turoldo di Taranto, dove è entrato con tutta l’anima nel ruolo, facendo rivivere il personaggio, in un monologo pregnante, su un palcoscenico spoglio, con qualche elemento essenziale, e una riproduzione Marche Poll in alto. L’ho visto a Milano, in un video che mette in evidenza il talento di Antonello. Poi, pur non riuscendo a sottrarlo ai suoi numerosi impegni, gli ho chiesto di aiutarmi a ripercorrere le tracce di questa figura che è ancora nel cuore dei concittadini. Ed è venuto fuori un complesso di storia, cultura, tradizioni tra la fine del’800 e gli anni ’80 del secolo scorso, con il cantiere Tosi, l’Arsenale, la notte di Taranto nel ’40, durante la seconda guerra mondiale… sullo sfondo. Con tante gocce si forma un lago; e, partendo da Marche Poll, si configurano il Galeso, i due mari, la città vecchia, le paranze… e i maestri del dialetto, da don Diego Marturano a Claudio De Cuia, ad Alfredo Nunziato Majorano… Perché il soprannome Marche Poll, Antonello? Il padre, Giovanni, faceva il caricatore e il trasportatore di fiducia della nave “Marco Polo” e quando questa tornava in porto gli amici solevano dire: ‘Hà’ rrevàt’a Màrche Pòll’: da lì l’etichetta affibbiata al figlio, che consumando lunghi passi proponeva la schedina della Sisal, domandando “’A vuè mò?”, espressione che rivolgeva, scherzando, anche alle signorine davanti alla Sem, all’angolo tra via D’Aquino e via Giovinazzi. Oppure: “Nà, accàttete ‘U Panarijdde’”.

Antonello Conte
Antonello è autore dunque anche del testo del lavoro su Marche Poll: un autore serio, rigoroso, attento. E un attore vero, padrone del palcoscenico; un attore nato e cresciuto prima dietro le quinte, osservando, imparando, studiando, ammirando il papà mentre si esibiva con la sua compagnia. Insomma, Antonello è, come si dice, un attore nato. “Marche Poll ce lo ha restituito (si fa per dire) con verità e amandolo. I giovani presenti in platea, che non lo hanno conosciuto, se lo sono visto sfilare davanti agli occhi: Antonello si è calato pienamente ed efficacemente nella parte, tra momenti di canti e di balli. Ha riesumato una storia, con garbo, intelligenza, sensibilità, dopo essersi trasformato in investigatore scrupoloso. ”Il teatro la mia vita”, dice; e la sua vita per il teatro. Il teatro è stato il suo obiettivo; e ora la sua conquista, la realizzazione di un sogno. Per arrivare a calcare le tavole di un palcoscenico, agire fra luci, quinte, fondali occorrono sacrificio e passione; e Antonello ha seguito un itinerario brillante, lavorando duramente, guidato dall’istinto e dall’esempio di Lino. Non è retorica affermare che vive per il teatro. Sempre preso com’è da testi da portare in scena, da prove estenuanti, mosso dal suo impegno di dare sempre il meglio di sé a un pubblico appassionato che ha fame di teatro. Antonello Conte è giovane, farà tanti altri passi, con tutte le doti che possiede. Per lui il teatro è gioia, cultura, vita. Entrare nei panni di un altro, farlo proprio è una grande soddisfazione. Il suo è un lavoro meraviglioso, ma non si sente un mattatore davanti alle luci della ribalda e alla pioggia di applausi.












5 commenti:

  1. Antonello Conte è nato per Amedeo Orlolla detto "Marche Polle", ed è stato l'unico a Taranto a dire su un palco teatrale la vera storia di come le è stato affibbiato il nomignolo "Marche Polle": ereditato dal padre all'epoca facchino che come trasportatore di merci con un carretto a mano era il trasportatore di fiducia, di approvvigionamenti alla corazzata Marco Poli, e la corazzata Marco Poli come recita Antonello è venuta a Taranto tre volte per lavori di manutenzione in Arsenale per le partenze in Estreme Oriente. E non come come marinaio della corazzata Marco Poli. Grazie Cataldo S.

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  2. Io ho vissuto con Amedeo Orsola suo vero nome e cognome i suoi ultimi 5 anni di vita .Amedeo da una caduta dalle scale delceramichegerontocomio di via delle

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  3. Greco Sebastiano ex componente del gruppo folcloristico armonie dei 2 mari cantante ballerino ed ho recitato diverse commedie.

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  4. Volevo finire la storia che io ho curato x 3 mesi Amedeo poi una mattina come al solito l'ho chiamavo alle 6 la mattina ma quel giorno non mi rispondeva .il primo giornalista a saperlo fu Gianni Fabbrizio

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