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mercoledì 9 novembre 2022

Scomparso il prefetto Paolo Scarpis

FACEVA PARTE DELLA STORIA DI

VIA FATEBENEFRATELLI

 

 

Paolo Scarpis
Carriera brillante. 

Dopo l’Accademia di polizia, venne a

Milano e fece la gavetta prima di arrivare

al vertice. 

Un gentiluomo e un ottimo poliziotto. 

Con i cronisti aveva un bel rapporto. 

Conosceva le loro esigenze e quando poteva veniva loro incontro. 

 

Franco Presicci

La notizia è di quelle che arrivano come un colpo di bastone sulla testa e lasciano attoniti. Della scomparsa di Paolo Scarpis, questore di Milano, poi prefetto di Parma… ho saputo in ora antelucana da un messaggio lasciatomi sul cellulare per mancata risposta. “Morto Paolo? Non è possibile, non può essere vero”. Se non fosse un evento così doloroso, avrei pensato ad un errore, anzi ad uno scherzo malvagio.

Una notte con la polizia(a destra Presicci)
Non avevo parole. Paolo era un amico leale, legato ai valori, un gentiluomo. Alto, elegante, severo nel suo lavoro di poliziotto, più sorrisi dolci che frasi, dette sempre a bassa voce, mai un segno di rabbia sul volto. Era gentile, garbato nei modi. Se n’è andato dopo anni di malattia, vissuti in modo riservato, in armonia con il suo carattere. Quando la notizia si è sparsa, su Facebook si è riversata una valanga di emozioni dalle diverse parti del Paese, da Padova a Taranto. Paolo era stimatissimo e amato, rispettato.
Quando era questore di Milano, qualche giorno prima della vigilia di Natale, come da consuetudine, invitava i cronisti nell’anticamera del suo ufficio, al primo piano di via Fatebenefratelli 11, per lo scambio degli auguri. Io non mancavo mai. A volte non mi telefonava Elia, lo storico capo della segreteria, ma Paolo personalmente. “Vieni, vero?”. “Certo che vengo”.
 
Francesco Colucci
Era un incontro semplice, fatto di chiacchierate fra lui, noi assidui frequentatori degli uffici della questura e i funzionari, che i neofiti tampinavano nel tentativo di strappare chissà quale chicca. Seguiva un piccolo “buffet”. In tempi andati, quando sulla plancia c’erano altri questori, tra cui Fariello, Carnimeo, gli auguri ce li facevamo in piazza Duomo anche la vigilia di Capodanno, mentre il freddo entrava nelle ossa; e allora vi partecipavano anche il comandante dei vigili urbani e altre autorità. Conobbi Paolo, quando era dirigente dei Servizi generali.
Dalla sua scrivania, attraverso una vetrata, si vedeva l’ispettore che teneva i collegamenti con le Volanti sparpagliate per la città e riceveva le segnalazioni degli accadimenti. Scarpis arrivava sempre puntuale e alle 11 in punto riceveva il drappello dei cronisti, ai quali dispensava le notizie della nottata, dando i particolari richiesti, se ce n’erano; altrimenti ognuno faceva poi da sé, se era il caso. Il suo rapporto con noi era franco e gioviale.
Controlli di polizia
Il questore Marangoni, Gattari e Scarpis
Alberto Sala, Scarpis e la presidente SogeMi Monzin
Non si negava mai. Alcuni dei nostri erano spesso assillanti, ma lui sempre calmo, paziente, consapevole delle esigenze della stampa. All’epoca fu tra i compilatori del Cct (coordinamento controllo del territorio): ad ora fissata polizia e carabinieri si dovevano mettere insieme per sorvegliare gli obiettivi sensibili, cioè banche, oreficerie e quant’altro. Per giorni cercammo di fargli tirar fuori dal cassetto il documento: si decise quando il piano fu perfezionato. E allora lo spiegò riga per riga, soddisfacendo ogni domanda. Ciononostante i più avidi, fingendo di non capire, lo sollecitavano, ricavando battute spiritose. Poi Paolo divenne capo di Gabinetto, dopo qualche tempo vice questore vicario. Ogni tanto, prima di andare in sala-stampa o d’imbucarmi nel lungo budello che porta alla squadra Mobile e al piano superiore alle Volanti, andavo da Paolo per salutarlo e scambiare due parole.Paolo Scarpis aveva 77 anni. Nato il 22 aprile del ’45 a Macerata, dove i colombi vengono detti “pistacoppi”, si trasferì nel capoluogo lombardo, dove fece la gavetta. Nel ’67 era entrato nell’Accademia di polizia; nel ’71 arrivato a Milano, poi commissario a Lodi, e poi ancora a Milano come capo del personale in piazza Sant’Ambrogio, quindi in via Fatebenefratelli. Nominato questore, fu destinato a Brescia, La Spezia, Brindisi. Ovunque apprezzato per la sua personalità e per le sue doti professionali, nel 2003 ritornò Milano al vertice della questura (su incarico del capo della polizia Gianni De Gennaro), anche qui mostrando saggezza, esperienza e tanta bravura. Su quella poltrona, lo avevano preceduto Sciaraffia, Lucchese, Serra, Antonio Fariello (proveniente da Torino), Marcello Carnimeo, Catalano, Tria, Boncoraglio...
Alberto Rocco Maria Sala
Era circondato da amici, estimatori e aveva ottimi rapporti personali con alte personalità esterne alla questura. La sua scomparsa ha suscitato molto rammarico. Francesco Colucci, che dopo essere stato vice capo della Mobile e poi questore a Bergamo, Lecce, Genova, promosso prefetto passò al ministero, mi ha detto: “Scarpis era un amico caro, come sai, schietto, aperto, un poliziotto autentico, preparatissimo”. Per Filippo Ninni (capo della Mobile e della Criminalpol, e prima dirigente del commissariato Cenisio, dove i malviventi lo avevano etichettato “ispettore Callagham”) “era sincero, onesto, ottimo poliziotto, diplomatico con le persone di cui non si fidava”. Il vice commissario Silvano Gattari: “Persona amabile, schietta. Andai a trovarlo in ospedale e ne uscii afflitto”. Per Luigi Pagano, già direttore di San Vittore, coordinatore delle carceri di Lombardia e autore del bellissimo libro “Il direttore”, Paolo “era un gentiluomo e un grande professionista”. Per Alberto Rocco Maria Sala (già Antimafia, Antiriciclaggio, Anti finanziamento terrorismo, quindi manager e consulente), sul quale Sebastiano Sandro Ravagnani ha scritto il volume “L’ultimo dei dinosauri”: “Aveva grandi capacità, comprensione e rispetto per gli altri. Riceveva e ascoltava i cittadini che lamentavano un problema”. Per Alberto Berticelli, cronista del “Corsera” e conoscitore di tutte le articolazioni della questura, “un signore e un grande questore”. Per Paolo Chiarelli, anch’egli del quotidiano di via Solferino: “Bravo, davvero bravo”. Apprezzamenti da Lucia Ziliotto, che dopo aver lavorato all’antirapine in via Fatebenefratelli, traslocò a Padova per assumere il compito di capo della Mobile. “La Gazzetta di Parma”, che ebbe come direttore a suo tempo il grande Baldassarre Molossi, ha scritto: “E’ morto Scarpis, prefetto nella nostra città dal 2008 al 2010, dopo essere stato per 25 anni alla questura di Milano”. Tanti altri poliziotti hanno dichiarato la loro ammirazione per Paolo Scarpis e i giornali ne hanno illustrato l’attività professionale e le qualità di grande signore.
Ninni e Sala
da sin. Gino Palumbo e Kodra

Una carriera davvero brillante, la sua. Sulla soglia della pensione fu chiamato a dirigere l’Aise, l’ex Sismi. Il giorno in cui compì quarant’anni la moglie Laura gli fece una sorpresa: invitò i suoi amici più cari, compresi il sottoscritto e Alberto Berticelli, in un ristorante vicino a Foro Bonaparte senza dire nulla al marito. Appena lui rientrò a casa, gli espresse il desiderio di festeggiare in un locale. Paolo accettò e andò dove lo portava il cuore di lei. La porta della sala, tenuta chiusa fino al suo arrivo, si spalancò e il silenzio assoluto fu rotto dagli auguri, mentre si accendevano le luci. Lui incantato, il solito sorriso aggraziato sulle labbra, si sedette, osservando il nettare che un cameriere gli versava nel bicchiere. Una serata memorabile: molti vollero fare un brindisi, lui rispose, commosso: “Grazie. Non me lo sarei mai immaginato”. Non ricordo il menù, ma fu anche quello favoloso. Paolo era anche un uomo di compagnia ed era contento quando poteva stare con le persone che gli volevano bene. Passate le 20, la comitiva lasciò il ristorante alla spicciolata.
Allora gli venne l’idea di andare in un noto locale notturno del centro, nei pressi di piazza Duomo, con quattro amici rimasti, io e mia moglie compresi. Lì venne salutato con riguardo dai gestori, che ci scortarono fino a un tavolo in fondo. Alcuni di noi intrecciarono le danze, lui no, preferì rimanere al suo posto guardando i passi delle coppie. Un compleanno coronato da genuine manifestazioni di affetto. Accennai a quell’avvenimento parlando al telefono un giorno con Laura. “Sì, fu bella, quella serata”, commentò, ma non era la festa dei cinquant’anni”, mi corresse, “ma quella dei quaranta”. Quanti anni spesi svolgendo il lavoro senza risparmiarsi, con grande competenza e piacere, ligio al dovere, da ottimo servitore dello Stato.
Paolo amava i quadri, ammirava il pittore albanese Ibrahim Kodra. Un giorno l’artista ci invitò nella sua abitazione-studio di piazzale Lagosta (sulla facciata del palazzo del civico 2 hanno inchiodato una targa in sua memoria), dove conversammo un’ora e mezza fra tele in partenza per una mostra. Al centro della stanza, che ha la finestra che si affaccia su viale Zara, un cavalletto con un’opera destinata a una Galleria di Palermo. Echeggiava la voce di Ghiringhelli, che fu sovrintendente della Scala e in quel locale aveva preceduto Kodra. Anche al pittore albanese piaceva lo stare insieme. Spiritoso e buono, lo si poteva considerare l’inquilino della porta accanto. Per lui cene e musica andavano sempre bene. A Milano dal ’38, divenne il re di Brera. Dipingeva personaggi-totem, anche paesaggi di Sciacca e di Positano, marine con barche a vela…paesaggi e suonatori albanesi, opere emozionanti, di grande vigore espressivo. Nel suo Paese era stato campione di lancio del disco e conservava uno stile atletico, tanto da sembrare più giovane della sua età. Ritornando dalla visita, ripercorsi un po’ la storia di Ibrahim, da tempo scomparso, e l’interlocutore ascoltava con attenzione. Paolo Scarpis sapeva anche ascoltare. Io l’ho conosciuto così.




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