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mercoledì 16 novembre 2022

Un narratore prolifico e dallo stile allettante

 

Roberto Vitale
ROBERTO VITALE 

CONCEPISCE STORIE

PER UNA DONNA DAI CAPELLI

NERI


 

Ha sempre scritto, ma ha tenuto

le sue opere nel cassetto. Poi un

giovane editore di Locorotondo,

Paolo Giacovelli, ha pubblicato

il suo “Binario 11”.

 

 

 

 

Franco Presicci

Treni, stazioni, binari sono i coprotagonisti del libro di Roberto Vitale, Binario 11”, edito da Paolo Giacovelli di Locorotondo. Arrivi e partenze da tante città: Firenze, Trieste, Bologna, Livorno, Parigi, Belgrado, Venezia, Marsiglia… E ogni luogo una storia da raccontare alla ragazza dai capelli neri. 

Locomotiva colta da Eugenio Messia

Il treno, i vari personaggi reali o avviluppati in una fantasia feritile, inesauribile, delineati così bene, con uno stile piacevole, scorrevole, rassicurante, accurato, mai affettato. Lei gli ha chiesto “una storia soltanto per me”, e lui, professione ferroviere, non si lascia pregare. Gliene racconta tante di storie, invenzioni mescolate con la realtà: le persone che incontra durante i suoi viaggi, come Enzo il nottambulo, “che raccoglieva il dolore della gente per le vie del mondo: le deponeva in una cassetta a forma di salvadanaio per sbarazzarsi di ferite a volte strazianti … :“C’era un reparto per la tristezza, uno per l’amore, un altro per le lacrime. E uno per la Luna”. “La Luna?”. “Sì’, per conservarla quando è piena, tutta intera e luminosa, così, se vuoi, puoi accarezzarla con le dita”. Ricorda una città che amava: un dicembre pieno di malinconia: si era perso tra le vie di Trieste mentre cercava di raggiungere l’Osservatorio Astronomico. Aveva ripensato alla stranezza della sua vita, quando iniziava a nevicare. Tornò indietro, in direzione della stazione. “ll viaggio era breve. A Malpensa, avrebbe intercettato gli amici per andare a ristorarsi con loro all’Osteria dell’Olmo”, a Gradisca d’Isonzo. Viaggi, quanti. Andando in vacanza per dieci giorni, sempre in treno, a Cesena, le carrozze tirate da una E.428, locomotiva ricca di fascino in livrea color castano, parcheggiata sul binario tredici, sotto la Galleria della stazione Centrale di Milano, che sembra la pancia di un dinosauro. “Non c’era da fare la prenotazione sui convogli diretti. I primi ad arrivare occupavano il posto,” e così fece il padre, riuscendo a sistemare il resto della famiglia nel primo scompartimento. Poi arrivarono gli altri passeggeri e loro si strinsero per fare spazio a due ragazzi napoletani e ad alcuni signori di Termoli. Come sempre, o quasi, avviene negli scompartimenti, i viaggiatori cominciarono a scambiarsi confidenze sul lavoro, sulla lontananza da casa, confessando la nostalgia per le abitudini lasciate, i sacrifici, la sofferenza, le fatiche e le incomprensioni. E poi la gioia di rivedere il proprio Paese. Sempre così negli scompartimenti. Da quando sono nati primi convogli. Dalla Napoli-Portici. Il treno rallentò per fermarsi in piena campagna. “Passò un’ora e mezza. Poi la 428 riprese ad andare, prima lentamente, poi sempre più rapidamente. A Bologna la mamma dimenticò di acquistare il cestino per la colazione”. Il migliore era però quello di Cesena… Sogno e realtà. 

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Roberto Vitale

Vitale ha il dono della narrazione. E ama il dettaglio, che dà risalto alla vicenda, come un vecchio cronista, che mangiava panino e polvere per agguantare la notizia e impolparla. E in una nota, a proposito dei panini di Cesena, confeziona la sua storia. E tratteggia per completezza: “Nel 1913, Aldo Casali, figlio del ‘buffetier’ della stazione della città che ospita la Biblioteca Malatestiana del XV secolo, concepì l’idea di un servizio di ristoro sui treni per quei viaggiatori che affrontavano lunghi percorsi. Ebbe successo, tanto da essere copiato non soltanto in Italia. Figuratevi la soddisfazione della famiglia Casali, che aveva anche un ristorante della stazione. Ma il 29 giugno del ’44 due bombardamenti rasero al suolo il locale e parte dello scalo. La locomotiva E.428 è la preferita dall’autore di “Binario 11”: “la più veloce, la più grande e la più potente”. S’intravede la passione di Roberto per le strade ferrate, per la vaporiera, che fischia tranciando l’aria e spande fumo dietro di sé mentre corre verso la sua destinazione.

Il Savini in Galleria
Non avrebbe mai pensato, Roberto, che un giorno in lui sarebbe esploso l’amore per questi mezzi di locomozione che sferragliano su due linee parallele, di ferro. E’ un buon conoscitore della materia e ne parla volentieri. Ne ha parlato anche con me la sera in cui mi ha consegnato il libro. E ammetto di non essere riuscito a seguirlo sino in fondo perché lui usava un linguaggio spesso tecnico, che non mi è familiare. E’ in grado di discutere sulla storia di un locomotore, delle caratteristiche meccaniche, oltre che dell’aspetto estetico. E dei comportamenti che i passeggeri avevano ed hanno una volta che si trovano uno di fronte all’altro, o di fianco, negli scompartimenti. Andando verso Cesena i due ragazzi napoletani tirarono fuori “due pani lunghi almeno quaranta centimetri… farciti con una mortadella profumatissima… spezzarono il pane e lo divisero con noi… Due tedeschi aprirono la valigia e per non essere da meno ci offrirono dei dolci che non conoscevamo, buoni e dai sapori strani” (negli anni Cinquanta capitò anche a me di vedere due donne vestite di nero sulla Milano-Taranto, dopo la partenza da Bari estrarre dalla borsa scatolette di tonno, aprirle e imbottire con disinvoltura due fette tagliate da un pane dalla forma bombata. E non fu la sola volta che vidi quella scena). Andare in treno è spesso anche divertente. Per Roberto, per me, per milioni di passeggeri. Il treno è velocità, gioia, spettacolo. Spettacolo, sì: quello che ti sfila davanti agli occhi se riesci a trovare posto vicino al finestrino: cascine, terre ben pettinate, vigneti, boschi, case, contadini al lavoro, passaggi a livello chiusi con fili di macchine ferme, che fanno pensare per rivalsa: “Adesso passo io”.

Copertina del libro
L’autore di “Binario 11” pensava alla sua collezione da bambino e alla E.428 della Rivarossi che non aveva, perché costava troppo. Lo incalza un’altra storia da scrivere per la donna dai capelli neri. Un’altra storia? “C’era vento. Dal finestrino del treno guardava la campagna all’imbrunire, mancava un’ora all’arrivo, aveva fame… Voleva vivere una poesia di Prevért. E pensava a Parigi, desideroso di vedere il mercato delle Pulci alla Porte de Glingnacourt, dove una volta si era perso all’uscita dal metrò”... “Da quanto tempo manca da Parigi?”. “Tanto, signora Marisa”. Marisa gli servì un buon bicchiere di vino frizzante. Sapeva di piacere, a quell’uomo. Mise il dito su un punto della carta e disse: “Qui mi sono innamorata di Vincent”. Quanti personaggi sfilano in questo piccolo mondo di Roberto Vitale. Il lettore ne è attratto e li segue nelle loro avventure da snocciolare. 

Kodra e l'anguilla
Personaggi e città. Milano, ah Milano della Madonnina; la Milano di Giovanni D’Anzi, di Dario Fo, della via Gluck, del “Bar Zucca”, “le cui vetrine erano state immortalate da Umberto Boccioni in un quadro futurista”; la Milano del Savini e del Campari, della Scala e del Gerolamo e di Alessandro Manzoni. Milano con la sua bellezza nascosta, schiva, discreta. Milano gelosa della sua bellezza. E Milano con le sue ferite, che bruciano ancora. Il 20 ottobre del ’43 una bomba lanciata da un aereo frantumò la scuola elementare Francesco Crispi nel quartiere di Gorla, uccidendo 184 scolari, la direttrice, 14 insegnanti, 4 bidelli e 2 genitori. La memoria di quella storia è sempre presente nei milanesi. Poi il ferroviere pensò al racconto che avrebbe scritto quella sera mentre era sul treno diretto a Palermo, “inseguendo le immagini di cavalieri normanni, le voci della ‘Vucciria’, i colori dei mosaici bizantini e i personaggi sul treno nel libro di Elio Vittorini, le conversazioni in Sicilia”. Palermo con la cattedrale del XII secolo, del Teatro Massimo, noto per gli spettacoli di musica lirica.

Stazione Centrale di Milano
Vitale è un narratore piacevole e coinvolgente. “Il treno iniziò a rallentare, fermandosi fuori della stazione Centrale di Milano. Aspettava il via libera per finire la sua corsa al binario 12… Lei lo attendeva davanti al cartellone degli arrivi. “Mi ha contagiato con le ferrovie”, pensò la donna. La Centrale di Milano, che oggi presenta una fisionomia diversa, accolse migliaia di gente del Sud con la valigia di cartone legata con lo spago. Gente che cercava lavoro. Molti ricordano la “Freccia del Sud” sempre affollatissima, che alla partenza ingoiava viaggiatori persino dai finestrini. Viaggiavano attaccati gli uni agli altri addirittura nei gabinetti, seduti sui bagagli e dal ventre del dinosauro uscivano a fiotti, disorientati, forse impauriti da ciò che li aspettava, con il pensiero al paese che avevano lasciato, alla terra che avevano affidato alle loro donne. Storie di ieri, che vivono nel ricordo di oggi. Ma queste sono altre storie. Roberto Vitale le conosce bene e forse le tiene nel cassetto. Qualche accenno biografico? Roberto Vitale, figlio di un noto cancelliere della Corte d’Assise di Milano, è un educatore. Di storie ne ha sempre scritte. Poi ha incontrato Paolo Giacovelli, 29 anni, editore a Locorotondo ed ecco il libro, che si può leggere in qualche ora e con soddisfazione.








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