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mercoledì 30 novembre 2022

L’iniziativa di un giovane vignaiolo

 

VIENI IN CAMPAGNA, AFFITTA UN FILARE

CURALO E RICEVERAI BOTTIGLIE DI VINO

Cartello filare di Olimpia Bucci
 

Luigi Menaggia, 28 anni, ha avuto l’idea e l’ha sviluppata. 

E sono in molti ad avervi aderito, anche giovani sotto i trent’anni e gruppi. 

La Cantina Smeralda, retta dalla sorella di Luigi, Eleonora, si estende anche in Puglia.

 

 

Franco Presicci

Quando t’imbatti in un giovane imprenditore sagace, intelligente, volitivo, incalzante, dalle idee e dai programmi innovativi da mettere subito in cantiere, ti convinci ancora di più che questo nostro Paese sbalestrato possa riprendersi.

Luigi Menaggia

Qualche giorno fa, ho conversato con Luigi Menaggia, 28 anni, titolare dell’azienda agricola “Cantina La Smeralda” di Paderno Dugnano, e dal colloquio sono uscito rinfrancato. Luigi si racconta e racconta con fluidità, sicurezza, facendoti venir voglia, all’età di Matusalemme, di seguirlo nel suo lavoro di artista del vino, come Franco Cologni, già presidente mondiale di Cartier, creatore in via Statuto nel capoluogo lombardo della Fondazione Mestieri d’arte, definisce chi coltiva la vigna, la ingravida e la porta alla vendemmia. Che è festa, gioia, anche se fatica, non vana se la grandine non ha fatto un flagello. La campagna. Ricordo “Solo e pensoso i più deserti campi/ vo mesurando a passi tardi e lenti/ e gli occhi porto per fuggire intenti, ove vestigio uman l‘arena stampi…”, di Francesco Petrarca, che fra i travagli d’amore trovava conforto nelle passeggiate fra i campi; e la solitudine, la pace, il silenzio nella Cascina Linterno di Milano, dove curò l’orto e mise mano alla correzione del “Canzoniere”.

Grappoli
La campagna, isola felice, esaltata nelle “Georgiche” di Virgilio, e nei versi “Non più con poco sole aria maligna/ Non più la via tumultuosa e stretta/ ma l’alto, dove la città soggetta/ apparisce una grande ombra sanguigna…ma il mio libero cielo e la mia vigna/ dove ogni zolla sempre un germe aspetta…” (di Giulio Gianelli). La campagna, sogno di tante persone deluse, stanche della città frenetica, dei clacson che rumoreggiano per irrequietezza, dispetto per un sorpasso, a volte divertimento. Meditazioni veloci, al termine dell’istruttiva e piacevolissima conversazione con Luigi Menaggia, che ha rinunciato alla laurea in ingegneria per scegliere quella del vignaiolo, anzi l’opera di coinvolgere persone predisposte, magari senza saperlo, a intraprendere un percorso tra filari di viti da curare in cambio di bottiglie di ottimo vino da sorseggiare. 

Paolo vendemmia
Ma ascoltiamo lui, che parla senza orpelli, senza enfasi, con frasi nette, calibrate, con un pizzico d’orgoglio per il suo lavoro: “In una villa che avevamo a Briona, Novara, in Piemonte, di proprietà della mia famiglia, ero in cantina e trovai una bottiglia intonsa del 1972 con l’etichetta ‘Cantina La Smeralda’, scoprendo che quel nettare proveniva da un vigneto già acquistato dai miei genitori. Mio padre, Walter, oggi 73 anni, aveva comprato 1500 metri di terreno, che in dieci anni sono diventati 3 ettari con vigneti messi a dimora. Quindi io dall’età di 13 anni ho trascorso il mio tempo libero dallo studio aiutando i miei nei lavori in campagna”. Non faccio troppe domande a questo giovanotto così determinato, colto, convincente, gentile, disponibile, dal linguaggio galoppante, simpatico. Lui le anticipa e io lo ascolto con avidità. ”Nel 2015, aiutato da mia sorella, Eleonora, e da mio cognato, Mauro (che per anni ha svolto la sua professione di cuoco nelle cucine dei dintorni di Milano), ho aperto un ristorante a Cinisello per vendere il vino prodotto da noi. Nel 2020 è arrivata la pandemia e abbiamo dato in gestione l’attività”. 

Grappoli
Luigi, perito meccanico, lavorava al ristorante, e anche nell’azienda di famiglia; ma facevamo fatica a trovare un canale di vendita. Allora lui al ristorante portava in tavola le sue bottiglie della “Cantina La Smeralda” e le raccontava, trovando attenzione, interesse e curiosità. Da qui l’idea. “Perché non accogliere gli avventori del locale in campagna e mostrare loro le varie fasi della lavorazione del vino, dalla potatura alla vendemmia e all’imbottigliamento?”. Un cliente gli disse: “Luigi, se tu realizzi questa cosa che hai in mente io ci sto”.

Uva e cane
Fu così che nel 2019 “abbiamo concretizzato l’idea di far vivere agli ospiti le esperienze del vigneto, della produzione di quel vino che servivo ai tavoli del ristorante di Cinisello”. Di conseguenza gli interessati hanno preso in affitto un filare, lo “trattano”, forbici in mano, seguendo le indicazioni del vignaiolo. “Adesso siamo presenti in quindici regioni d’Italia, Puglia compresa (in masseria ‘Cuturi’ di Manduria), con 30 cantine aderenti al progetto, intitolato “Vinoinvigna. Un produttore di Grosseto, Michele Ranieri, ha detto, parlando di viticoltura: ‘Il vignaiolo è un cuoco che ha l’opportunità di cucinare un piatto solo all’anno: se viene male, lo ripete l’anno successivo”.

Olimpia Bucci

Alla nostra conversazione è presente un’entusiasta cliente di Luigi Menaggia, Olimpia Bucci, che assorbe e prende nota parola per parola. Ha sempre amato la campagna, come me, legato ai ricordi della terra a San Severo, e ai versi di Sandro Berganzini: “Gli alberi cantano/ ronzano frullano/ chioccolìo di merli/ ticchettii di picchi spaccalegna, pigolio d’implumi…”. Come a Martina Franca, dolce, solare, musicale, con eserciti di pampini, di grappoli destinati al palmento, di viti genuflesse. Poesia è il vino; rifugio la campagna. Ma è il caso di parlare di versi con un vignaiolo ferrato, nella testa del quale si avvicendano idee da sviluppare, progetti, mercati da conquistare? Sì, il vino è gusto, e anche bellezza. “Il vino è come la poesia, che si gusta meglio, se si capisce davvero, soltanto quando si studia la vita… si entra in confidenza dov’è nato” (Mario Soldati).

Due vendemmiatrici

E gli avventori di Luigi si avvicinano al luogo dove il vino viene alla luce, che è il luogo dell’anima, il luogo del ristoro spirituale e prendono confidenza anche con gli odori della campagna, con la sinuosità del paesaggio. Il vino affascina, dà tono ai convivi, allegria alle comitive. Il vino celebra gli avvenimenti. Lo Smeralda di Luigi scoraggerebbe la renitenza dell’astemio. A proposito, il progetto “Vinoinvigna” è costruito sulla base di un contratto che regola l’esperienza in tutti gli aspetti giuridici. “Consumare vino in modo consapevole, riscoprire il territorio è sostenere un’attività agricola locale; è un’occasione di evasione dalla ‘routine’ quotidiana; è la riscoperta dei valori che si sono perduti e la vita della campagna e delle pratiche che si vanno spegnendo. Il vino è anche un mezzo per familiarizzare con le attività e i modi di vivere ‘Di mio padre che a pestare l’uva/ S’era fatto i piedi rossi/ Di mia madre timorosa/ che porta un uovo caldo nella mano” (Leonardo Sinisgalli), della campagna, che se non è più quella dei quadri di Giovanni Fattori, a tirare l’aratro non sono più i buoi, ma una macchina che si tira dietro il vomere; a trasportare le fascine non sono più gli asini, lavoratori instancabili e dignitosi da tempo in pensione, resta un’oasi in cui trovare la serenità, il lavoro in delizia.

Il trattore
Molti giovani manifestano il desiderio di tornare alla terra. “Mio padre – aggiunge Luigi - vive solo una parte di campagna, dell’azienda; e nonostante sia il produttore, il vino lo assaggia soltanto”. Luigi Menaggia è partito da solo nella sua splendida esperienza enologica, “e adesso siamo in cinque”. Domanda: “Sono in molti ad aver risposto al suo appello?”. “Sì. Hanno aderito coppie sui 40 -50 anni, anche sotto i 30, gruppi di amici. Il 60 per cento dei clienti ama più la campagna che il vino”. Il viaggio è nato da un ricordo d’infanzia della campagna del padre, che inizialmente faceva il vino per la famiglia. Adesso le redini della vigna le regge la sorella Eleonora, donna del vino. Lui naviga nel progetto Vinoinvigna, accompagnato dall’amore di Alice, psicologa dello sviluppo. Mentre ci salutiamo, mi vengono in mente il Falerno di Orazio e di Cesare, e i versi di Rocco Scotellaro: “Non gridatemi più dentro, non soffiatemi in cuore/ i vostri finti caldi, contadini/ Beviamoci insieme una tazza colma di vino!/ che all’ilare tempo della sera/ s’acquieti il nostro tempo disperato /Ma nei sentieri non si torna indietro./ Altre ali fuggiranno/ dalle paglie della cova/ perché lungo il perire dei tempi/ lindo conserva un guanciale di pietra”. Un ultimo pensiero di Luigi è andato alla Puglia, uno dei suoi amori: il nonno, Nazario, era di Ischitella, paese garganico, che ha dato i natali a Pietro Giannone, saggista, storico, giurista; la nonna, Cosimina, di Rodi Garganico, che fa parte come il primo del Parco Nazionale del Gargano e produce arance e limoni Femminello. Ricordando, i suoi occhi si accendono.







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