Pagine

Print Friendly and PDF

mercoledì 2 novembre 2022

Un circolo culturale noto e apprezzato

LA STORIA DELLA FAMIGLIA MENEGHINA

E DELLA SUA FORNITISSIMA BIBLIOTECA 

Sandra Bonacina

Lo scopo non fu soltanto

quello di consentire ai soci

di riunirsi e passare belle

ore insieme, ma anche

quello di tener vivo il

dialetto e le tradizioni

popolari della città. 

Dal 1924 al 1984 il sodalizio

tenne convegni, incontri,

dibattiti di altissimo livello e

altro.



Franco Presicci

Tante opere, a Milano, sono nate nei ristoranti, nelle trattorie, nelle case private. Il Premio Bagutta, nell’omonimo, prestigioso locale toscano di Alberto Pepori; il Premio Miano di giornalismo nel regno di Chechele Iacubino in via Vittor Pisani; la Famiglia Meneghina nella trattoria “Candidezza”, in via Unione, già dell’Uguaglianza per volontà dei francesi.

Album della Famiglia Meneghina
Era la sera del 9 giugno del 1924 e un nutrito gruppo di meneghini vi si raccolse per dar vita a questo circolo culturale.
I presenti erano personaggi noti, tra i quali Luigi Mario Cappelli, Tiziano Barbetta, Gino Bianchi, Silvio Crepaldi, Luigi Brioschi. Pochi giorni dopo venne sottoscritto l’atto costitutivo. Per la scelta del nome del sodalizio discettarono molto; e mentre sembrava che la decisione fosse lontana, emerse l’unanimità.

Locandina di un congresso

Lo statuto venne scritto in dialetto, anche in polemica con il fascismo che i dialetti li voleva imbavagliare. Il presidente assunse il titolo di “resgiò” e i consiglieri quello di “missèe”. Il circolo – riferisce lo storico Raffaele Bagnoli, che una quarantina di anni fa ho consultato spesso quando percorrevo le vie di Milano per raccontarle sul settimanale “Il Milanese” e su Telemontepenice, un’antenna in provincia di Pavia – non aveva solo lo scopo di consentire ai soci di trascorrere alcune ore in compagnia; ma anche quello di creare occasioni per tenere vivo il dialetto e difendere le tradizioni popolari della città. Ampio spazio era dato alla poesia e al teatro. Era un vanto appartenere alla Famiglia Meneghina, dove venivano accolti anche i forestieri (si fa per dire), fra i tanti il pittore tarantino Giuseppe Pignataro, che fra l’altro fece un’esposizione in una galleria vicino a piazza Diaz, in zona Duomo.

Entrata Galleria Vittorio Emanuele

I soci hanno sempre mantenuto fede all’impegno, “pur attraverso tempi diversi, difficili e a volte calamitosi, affrontando con le sole proprie forze i problemi che via via si presentavano”, mi disse un esponente della “Famiglia” molto bene informato (con il passar degli anni ho dimenticato il nome). Aggiunse che la Meneghina aveva mosso i primi passi con 126 soci, che diventarono 451 nel ’25 e 635 nel ’26. Non ebbe una dimora fissa, costretta a trasmigrare da via Rugabella 9, dove con una donazione di Paolo Bianchi cominciò a formarsi la biblioteca, poi ospite della “Società del Giardino”, in via Spinola, 10, il sodalizio più carico d’anni, fondato nel 1783. Nella biblioteca, 12 mila titoli, di cui 433 antichi, di notevolissimo valore e a disposizione del pubblico. Io stesso ho bussato spesso alla porta di quelle tre piccole stanze, una dietro l’altra, immerse in un silenzio e in una pace da chiostro francescano. E ogni volta, una signora bella e molto gentile mi metteva a disposizione tutti i testi che desideravo consultare. Vi incontrai anche Sandra Bonacina. Negli anni conobbi parecchi soci della Famiglia Meneghina” e intrattenendomi con loro riempii un taccuino di notizie, per esempio che gli iscritti continuarono a crescere, arrivando a mille; e nel 1933 fecero un altro trasloco, in un palazzo di via Meravigli in cui rimasero cinquant’anni. Elegante il salone da ballo, ideato da Ludovico Pogliaghi, con le pareti affrescate da Giuseppe Bertini. C’era una sala-lettura con soffitto a cassettoni in legno intarsiato. Nel 1989, da via Meravigli a via Mozart 9, nella casa del marchese Zanoletti. Il programma annoverava una scuola per l’insegnamento del dialetto; della storia civica e letteraria della città; la pubblicazione di prestigiosi Almanacchi e Strenne (il primo uscì nel 1931), anche questi sulle tradizioni e la storia di Milano; un gazzettino per i soci ricco di cronache milanesi; convegni sui vernacoli italiani; i Salottini, incontri che, inaugurati nel 1987, venivano tenuti l’ultimo mercoledì di ogni mese con personalità di ogni campo; un concorso per una commedia in tre atti, con un premio di 5 mila lire; la partecipazione a restauri di opere d’arte…Ogni iniziativa un successo, e nel 1963 la Famiglia Meneghina meritò la medaglia d’oro di benemerenza del Comune di Milano.

Sandro Gerli

Nel 1994 – ricordò Alessandro Gerli, resgiò dal 1987 al 1994, con Ivanhoe Fraizzoli e il cavaliere del lavoro Ottorino Beltrami vicepresidenti - l’unione con il circolo industriale e bridge, in via Manzoni, 41. Di quegli anni è anche il premio “Il Milanese dell’anno”, andato a personalità di gradissimo prestigio: Indro Montanelli, il cardinale Carlo Maria Martini, Giorgio Falck, Silvio Berlusconi. Il premio era patrocinato da Fraizzoli e dalla moglie Renata. “Dal ’35 all’86 – continuò Gerli, tra l’altro appassionato e profondo scrittore di cose milanesi – abbiamo ospitato anche una sezione scherma, titolare per trent’anni il maestro Dario Mangiarotti”. Gloriosa Famiglia Meneghina. Chi non la conosceva? E chi non l’apprezzava? Negli anni ’70 uscivo illuminato dalle mie conversazioni con Raffaele Bagnoli, autore di Almanacchi e Strenne della Famiglia e di altre opere, compresi i cinque volumi su “Le strade di Milano”, percorso indispensabile per chi volesse conoscere bene il capoluogo lombardo: ogni strada tante storie, notizie, particolari, interni di chiese con le loro preziosità e caratteristiche. Nulla sfuggiva a Bagnoli (scomparso ormai da anni): qui si trovava un’osteria, lì un tempio, lì la casa di un personaggio illustre. Se si voleva conoscere l’origine del nome di una via, bastava consultare le pagine di Bagnoli: via Caminadella? Si chiama così probabilmente perché le case, allora fatte di legno, erano dotate di camini. E formulava anche altre ipotesi. Era una persona affabile, disponibile, alla mano. Mi aveva autorizzato a chiamarlo anche a casa oltre che alla Famiglia Meneghina. Lo potevo trattenere a lungo a fare domande e domande: aveva piacere a raccontare anche al telefono la sua città.

Una locandina
Un’altra persona che non si negava mai era Sandra Bonacina, che tra l’altro mi disse: “Il nostro patrimonio librario proviene anche da donazioni delle famiglie Lurani-Cernuschi e Morpurgo Dell’Acqua. Abbiano anche una raccolta del tutto unica: 300 libretti teatrali sia in li lingua sia in dialetto milanese”. Nell’aprile del ’25 il sodalizio tenne sul vernacolo il primo congresso, per il quale Giovanni Barrella dipinse il manifesto, “interpretando correttamente il sentimento dei promotori. L’Italia che si riconosce attraverso i suoi dialetti”. Un convegno dei poeti dialettali e dei dialettologi d’Italia ebbe luogo nel ’50, resgiò Severino Pagani (vi partecipò anche Giacomo Devoto). Nelle mie frequenti visite alla Biblioteca della Famiglia Meneghina, in via San Paolo 0 vicino al Duomo scoprivo libri molto interessanti: “Il Salotto della contessa Maffei e la società milanese1834-1886”, con scritti e ricordi inediti di Balzac, Manzoni, Verdi; “I Caffè di Milano” di Sandro Piantanida; “Storia della via milanese”, di Ettore Verga...

 Gerli
La prima volta che ci andai vi trovai Sandro Gerli, il presidente, uno dei 36.000 milanesi doc, secondo gli ultimi censimenti, come annota Carlo Castellaneta del suo “Dizionario di Milano”, edito nel 2000. Parlammo del più e del meno, soprattutto delle vicende della “Famiglia” e della biblioteca. Prima di salutarci mi fece dono di un prezioso volume, del 1985, “Album di Famiglia – 60 anni di vita in Milano”. La pima pagina è firmata dal sindaco Carlo Tognoli. Riporto le prime righe: “Sono lieto che la Famiglia Meneghina abbia voluto documentare in un volume l’attività svolta in questi primi sessant’anni di vita. Come è nello stile milanese lo ha fatto senza retorica e senza pregiudizi campanilistici, ma con una chiara ed agile testimonianza di cose concrete”. Seguono quattro pagine sulla nascita della Famiglia Meneghina e uno scritto in versi di Giannino Sessa su “ccose l’è la Famiglia Meneghina. Poi pagine sui resgiò, divertenti caricature di alcune personalità della Famiglia, tra cui Luigi Medici, autore di un libro sulle osterie di Milano, ripubblicato da Meravigli, immagini di eventi con il resgiò Severino Pagani, il vice resgiò Ivanhoe Fraizzoli e i soci Barbetta e Fusar Poli; altra caricatura con il resgiò Badini con il podestà Mangiagalli; la visita in Vaticano della Famiglia ricevuta da Paolo VI; onorificenze ricevute, il premio consegnato a Carla Fracci del milanese dell’anno. Una pagina è dedicata a Raffaele Bagnoli, che diventato direttore della rassegna, s’impegna ad allargare sempre più il numero dei collaboratori, allo scopo di diffondere ancora di più la voce della “Famiglia” nel campo della cultura milanese, favorendo la fioritura del dialetto e le iniziative volte a conoscere meglio e ad amare la città. Nel volume, elegante, ricco di foto e disegni, si parla molto del dialetto meneghino. “Il dialetto si esprime prevalentemente con la composizione poetica e con la rappresentazione teatrale. Due forme particolarmente consone a comunicare con l’anima popolare. La Famiglia Meneghina annovera fra i suoi fondatori numerosi spiriti più o meno fortemente imbevuti di un po’ di scapigliatura e capaci di usare la penna, quali ad esempio Tiziano Barbetta, Barrella, Medici…” Insomma una storia della Famiglia Meneghina dal 1924 al 1984.







Nessun commento:

Posta un commento