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mercoledì 14 dicembre 2022

Da via Fatebenefratelli agli Stati Uniti

Alberto Sala
UN POLIZIOTTO IN GIRO

PER IL MOMDO A

SMANTELLARE

ARCHITETTURE

CRIMINALI

Alberto Rocco Maria Sala,

maestro di arti marziali,

esperto di antiriciclaggio,

lotta al finanziamento del

terrorismo, ha indagato su

omicidi, rapine, furti 

clamorosi. 

E’ cavaliere al merito della Repubblica.


Franco Presicci

Quando il capo cronista Giulio Giuzzi mi chiese se mi avrebbe fatto piacere sostituire in questura il collega Giancarlo Rizza, trasferito al compito di capo servizio, accettai a patto di poter continuare a occuparmi di pronto intervento: delitti, rapine, sequestri… E in via Fatebenefratelli non tardai a conoscere tanti poliziotti, soprattutto quelli che popolavano le varie sezioni e si occupavano di ogni tipo d’indagini: sulle truffe, i fatti di sangue, i furti clamorosi come quelle nelle piazze Cavour e Diaz. 

Sala a Boccadasse
Tra i primi, Alberto Rocco Maria Sala, un giovanotto simpatico, di poche parole, arguto, spiritoso. Un giorno lo incontrai in piazza Cavour, ai tavoli del bar di fianco al cinema Capitol, dirimpetto al Palazzo dell’Informazione, dov’era la sede del quotidiano ”Il Giorno”. Con lui c’era Piero Colaprico, un “cucciolo” che già mostrava un talento giornalistico notevole. Il suo capo Guido Passalacqua, che sarà ferito dalle Brigate Rosse, ne tesseva le lodi e ne parlava come di una recluta che aveva stoffa, di quella pregiata. Conversammo, mentre ai tavoli vicini si accomodavano Ottavio Missoni, che aveva eseguito il pettorale di quell’anno della Stramilano, e         Al Bano, che aveva scritto il suo primo libro. La mia frequentazione di Sala e Colaprico diventò a mano a mano amicizia, tanto che proprio nei giorni scorsi, avendo Alberto postato su Facebook una foto che lo riprende a cena con Piero, diventato direttore del “Gerolamo” (dopo essere stato direttore di “Repubblica” a Milano),
I giovani Piero Colaprico e Alberto Sala 
un teatro storico, dove recitò fra gli altri Piero Mazzarella, quel folletto di Michele Focarete, bravissimo cronista del “Corriere della Sera” e profondo conoscitore della Milano by night, sulla quale ha scritto un libro, sapendoci spesso insieme, ha commentato: “E Presicci, dov’era? Sotto il tavolo?”. No, stava realizzando una casetta per gli uccelli, che d’inverno stanno al freddo. Alberto Sala, dunque. Ogni mattina, puntuale come un orologio svizzero, superava la soglia della questura, s’imbucava in quel lungo corridoio poco illuminato che porta ai vari uffici ed entrava nel suo, dove lo aspettava una pila di carte. Poi usciva, per seguire una pista.
 
Distintivo Fbi di Alberto Sala
Copertina del libro
Le Torri Gemelle prima dell'11 Settembre

Chissà se la notte dormisse o pensasse alle vie che doveva percorrere il giorno dopo, per cercare conferme o eseguire tattiche. Investigatore instancabile, segugio alla Mario Nardone, detto “il gatto” (al quale tempo fa la televisione ha dedicato uno sceneggiato in due puntate), paziente, tenace, riservato, deciso, ricco di trovate per impacchettare un ricercato. Nei panni di un idraulico, il “gatto” catturò uno dei due “malacarne” che scendevano a Milano per fare rapine. La pensione chiude strade e palazzi, disperde le persone e accumula ricordi. Dopo quarant’anni ho ritrovato Alberto, sempre in forma, fresco nello spirito e nella sagoma, lucido nel ripercorrere le tantissime vecchie strade, in Italia e nel mondo, sulle tracce di elementi al vertice di organizzazioni criminali, di imprese da loro messe a segno.

Chiuso un fascicolo, si defilava. Non amava la tromba, e non la usava soprattutto quando era nei servizi segreti. Ora, dopo aver appreso della pubblicazione di un suo libro, “L’ultimo dei dinosauri”, scritto da Sebastiano Sandro Ravagnani, in cui Alberto Sala si racconta senza enfasi, senza autoglorificazioni, com’è nel suo carattere, ci siamo rivisti. In queste pagine, fra l’altro ricche di foto e di ritagli di giornale, c’è parte della sua vita di poliziotto attento e intuitivo. Ecco un esempio: “Gli uomini della quinta sezione della squadra mobile di Milano hanno fatto bingo. Il ‘team’” di investigatori specializzati in reati finanziari, coordinato da Aberto Sala, ha infatti messo le mani su un colossale giro internazionale di obbligazioni rubate. L’origine della maxitruffa va fatta risalire al lontano 1976, quando negli Stati Uniti venne trafugata una valigetta contenente oltre 500 milioni di dollari (600 miliardi di lire)”. Una carriera davvero brillante, quella di Sala. Nato a Roma, entrato in polizia nel gennaio del ’76, venne assegnato a Trieste.
 
Nardone e Caracciolo
“Da bambino, soffrendo d’asma, mia madre, Anna Di Cola, mi aveva portato in una palestra di arti marziali, a Bologna, e col tempo diventai maestro; e dopo tanti anni di insegnamento, in Italia e in America, fui preso come docente al ministero dell’Interno, inserito nel gruppo sportivo delle Fiamme Oro della polizia”. E gli fecero scegliere la destinazione: Roma, presso la scuola tecnica della polizia come radiotelegrafista, quindi assegnato al centro radio Viminale del ministero dell’Interno, reparto autonomo, dov’erano concentrati gli appartenenti ai Servizi speciali e ai Servizi segreti. Era il ’76-78, gli anni di piombo. Quelli del sequestro di Aldo Moro, e fu oggetto di colpi di arma da fuoco da parte delle Br. 
Sala maestro di arti marziali ad Antonio Di Pietro
 
 
 
A Roma vinse il concorso alla Scuola sottufficiali, perché l’Accademia di ufficiali di Ps era chiusa in previsione della riforma della polizia di Stato dell’81. E andò a Firenze, dove ebbe modo di lavorare con Manganelli, che sarà nominato capo della polizia, e comanderà la quadra antisequestri e quella dei Servizi di sicurezza e dell’antiriciclaggio e vigilanza del Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini. Nello stesso periodo venne aggregato all’Antiterrorismo. E fu trasferito a Milano, dove, avendo il nulla osta segretezza (Nos) della Nato, il capo della Mobile di allora, Achille Serra, lo volle al suo fianco, in virtù delle sue peculiari capacità investigative molto analitiche, al costituendo ufficio reati finanziari, societari e fallimentari, in quanto il procuratore generale di Roma Beria di Argentine gli aveva chiesto di costituire un gruppo di investigatori specialisti per investigare collaborando con la Guardia di Finanza. E lì per la prima volta la polizia italiana in Europa bloccò un traffico miliardario messo in piedi da un personaggio che con artifici acquisiva denaro dei risparmiatori. Alberto scoprì la truffa prima che fosse effettuata completamente.
Sala riceve il premio di cavaliere al merito della Repubblica
Una carriera ricca di storie, di indagini importanti e di soddisfazioni, ma anche di pericoli. Una mattina all’alba gli telefonò il sostituto procuratore Antonio Di Pietro, che in una riunione segreta, presente il capo della Squadra Mobile, gli affidò indagini segretissime, che presero il nome di “Mani Pulite”. Sempre scarpinate, sempre dietro a qualcuno o a qualcosa. Inoltre, svelò una truffa per diversi milioni di dollari a danno di una nota banca statunitense e di tutte le consorelle operanti in Europa. A fronte di un dispaccio da parte dell’Interpol venne contattato dagli “special agent” dell’Fbi presso l’ambasciata americana di Roma e fu allora che portò alla luce un raggiro finanziario costruito dalla mafia nell’ambito di bond destinati alla distruzione. Una vita molto movimentata, dunque, quella di Alberto Sala, che ha lavorato in Africa, in Europa, in America… In Africa piombò, perché aveva scoperto un container di armi della mafia su una nave nel porto di Mombasa. La segnalazione era scaturita da un’indagine di Sala su Cosa Nostra italo-americana che passava dal Canada a Miami sino al Centro-Africa. Ci sarebbero tante cose da dire su questo segugio che si è distinto in tutte le operazioni. Un suo collega con il quale avevo qualche confidenza, un pomeriggio, in piedi al banco del bar di fronte alla questura con in mano una tazza di caffè, mi disse: “Alberto Sala? Ti dico soltanto una cosa: ha risolto tutti gli omicidi che ha seguito. Ha l’occhio dell’aquila e nelle perquisizioni si dirige subito al punto giusto... Te ne voglio dire un’altra: ha il titolo di visconte, e non lo dice a nessuno. Visconte vero, di famiglia blasonata. Nel lavoro è attento, acuto, scrupoloso”. Come persona, è gentile, premuroso, disponibile. E naturalmente suscita qualche invidia, come sempre accade quando il mediocre s’imbatte nella persona intelligente, preparata”. “Il nonno, Alberto Sala, di Luino, fu famoso perché era maestro di fotografia alla corte della regina Margherita; e suonava bene il pianoforte, tanto che a volte per farmi contento, quando ero ragazzino, mi suonava lo strumento. Era un personaggio eclettico, direttore d’orchestra”. Alberto junior ha preso molte doti da lui: per esempio è appassionato di opere liriche. Ma sulla sua vita privata accenna qualche particolare e basta. Per esempio, nel ‘71 ha lavorato alla Saipem dell’Eni, è stato programmatore dell’Ibm, ha preso il dottorato in America, ha ricevuto l’onorificenza di cavaliere al merito della Repubblica, si è occupato di antiriciclaggio, di lotta al finanziamento del terrorismo, ha investigato sulla criminalità organizzata, guidando 23 uomini, e oggi l’ispettore Alberto Rocco Maria Sala fa il giornalista.










1 commento:

  1. Tanti ricordi. Grandi e belli. Lo so che non si può vivere di ricordi, ma se non ne hai vuol dire che non hai vissuto. Il mio caro amico e collega Franco Presicci va a ruota libera nel tessere frammenti di vita spesso a torto dimenticata. E snocciola le lodi di un altro amico, il superpoliziotto Alberto Sala. Grazie Franco per la tua testimonianza e grazie Alberto per essere stato un nobile esempio di fedelissimo e integerrimo uomo dello Stato.

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