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mercoledì 7 dicembre 2022

Gli ulivi saraceni nell’arte di un fotografo

L’OBIETTIVO DI CARMINE LA FRATTA CREA EMOZIONI NELLO SPETTATORE

Uomo e ulivo

 

Ha ritratto edifici pubblici

e palazzi storici,  masserie,

Mar Piccolo, monumenti, 

volti, chiese, archi rampanti, 

trabeazioni, rosoni, 

vetrofanie, sguardi, mestieri.

 

 

Franco Presicci

Carmine La Fratta

Condivido con Carmine La Fratta, tenace cacciatore d’immagini, poeta dell’obiettivo, la passione per gli ulivi saraceni. Che non popolano soltanto la Sicilia, la Calabra, ma sono disseminati anche in Puglia, nei dintorni di Ostuni: qualcuno, solitario, sta a Fasano, a Crispiano. 

Ulivo

 

 

Non hanno ispirato soltanto poeti e scrittori come Buffalino, Consolo, Quasimodo, Federico Garcia Lorca, D’Annunzio, e altri. L’ulivo è stato eletto a pianta letteraria. Il poeta spagnolo ha visto camminare un solo ulivo per la pianura deserta. Chi va nella città bianca, Ostuni, ne vede tanti, di ulivi, millenari, dalle sagome più svariate, bizzarre, alcune barocche: tronchi avvitati su stessi, con volti umani o animali; ulivi in preghiera, genuflessi. In un fondo ho scoperto un ulivo con le mani tenute come quelle dei soldati sull’attenti; un altro, sventrato, appariva una caverna; un altro ancora aveva gli zoccoli da elefante e pareva in cammino. Su facebook hanno postato un esemplare a mo’ di uomo stanco, supplicante. L’ulivo è sacro; l’ulivo è testimone del tempo. Il poeta Alessandrino Callimaco, che si vantava di discendere da Batto, fondatore di Cirene, cantò l’ulivo. Atena lo regalò a Zeus. Venuto dall’Asia, è stato ed è amato da molti. Il suo tronco servì a costruire il talamo nuziale di Ulisse. L’ulivo è protagonista di mille leggende. Seduto sotto un ulivo a meditare sento quasi il suo fiato, il suo respiro e il desidero di dialogare con i suoi rami e le sue foglie. “Pure colline chiudevano d’intorno – scriveva Montale – marine e case, ulivi le vestivano”.

L'occhio dell'ulivo

Il mio rapporto con l’ulivo è annoso. Lo cerco dovunque possa incontrarlo: quello saraceno, che viene da lontano nel tempo e nello spazio. L’ulivo mi dà gioia, serenità. Amo il silenzio, la pace, come il fotografo Carmine La Fratta. Fu l’ulivo a portare sull’arca di Noè un rametto come segno di speranza, e di pace. E furono gli ulivi ad accogliere i respiri di Gesù prima del Calvario. Vero, Carmine? Tu fai i tuoi scatti magistrali davanti a quella pianta benedetta e la sottoponi all’ammirazione degli altri. Ricordo un ulivo, gigantesco, monumentale, che non m’impauriva mentre calavano le ombre; e un ulivo steso per terra a sonnecchiare; un altro retto da quattro blocchetti di cemento messi l’uno sull’altro.

Bagnante e ulivo
Quanti ne hai fotografati, Carmine? Li hai raccolti in un libro, dopo un’esposizione: ”Amaterra”, un’antologia spettacolare, come spettacolare sono tanti di questi ulivi. “Verrai con me, un giorno, e ti porterò io nel loro regno più bello. Li amo anch’io gli ulivi”. Come tanti. Non per i frutti che portano. Adoro il loro fisico, il loro aspetto, la loro belleza. L’ulivo è forza, amore, delizia. Ne ho visto un paio con un volto umano. E ho pensato: “L’ulivo è mio fratello”. “L’ulivo/ da volume argentato/ stirpe austera/ nel suo ritorno/ cuore terreste…”. (Pablo Neruda). L’ulivo rappresenta la Puglia. E questa terra Carmine La Fratta se la porta nel cuore. Percorre sentieri di campagna, i tratturi, entra nelle masserie e le ritrae con tutti i pregi architettonici, i cortili, le cappelle, i tetti; cattura i muretti a secco, i trulli, fa “clic” sull’asino che desidera un abbraccio, sulle distese di verde, sui covoni e ti lascia pensare che tanti angoli suggestivi della tua terra non li conoscevi. Perché non sei come lui un pellegrino che si bea alla vista della terra rossa di Martina Franca, delle chiese rupestri di Crispiano, dei manufatti in terracotta di Grottaglie, delle gravine, dei fischietti di creta eseguiti da figuli capaci di creare opere d’arte.
Ulivo spettacolare

 

Carmine è nato fotografo. Vanta un “curriculum” eccellente; eppure si definisce artigiano. Rifiuta il termine artista. Si dice pubblicamente artigiano d’immagine. E a contemplare le sue foto, sul Duomo di Milano, con i suoi merletti, le sue guglie, le statue, i contrafforti, gli archi rampanti, la stessa Madonnina cantata da Giovanni D’Anzi, la Galleria Vittorio Emanuele, Matera con i suoi Sassi, esplodi e gli rimproveri quella inutile modestia. Fa acrobazie per cogliere un dettaglio, come Fulvio Roiter nel suo libro di foto su Milano. E’ un fotografo curioso, attento, tenace, sensibile, pronto ad appostarsi per ore in attesa della luce che vuole. Si vede che il suo maestro è stato Mario De Biasi, che per il settimanale “Epoca” girò e documentò il mondo. “Da ragazzo leggevo questo giornale della Mondadori e mi soffermavo a meditare sulle foto di De Biasi. Poi volli sapere di lui e m’informai. 

Io l’ho conosciuto, Mario De Biasi, che era anche un abile disegnatore. Ci incontravamo spesso nella libreria di viale Tunisia dell’editore Nicola Partipilo, del quale illustrava bellissimi libri sulla città del Porta e di Franco Loi, di Castellaneta e di Delio Tessa. Se avesse avuto per le mani alcuni scatti di Carmine La Fratta, De Biasi, che era severo nei giudizi, non disposto alla benevolenza, lo avrebbe sicuramente apprezzato. Ho indugiato anche sugli ulivi di Carmine.

Il carrubo di Polignano
Venditore di cozze

 

Lui li osserva, li vive, li gode. Anche lui ha un rapporto particolare con gli ulivi. Sui quali ha pubblicato video interessanti, meravigliosi. Ne ha realizzati tanti anche sulla visita di Papa Wojtyla a Taranto, seguendolo a distanza ravvicinata fino alla cattedrale di San Cataldo, tra la folla in lacrime di devozione, di gioia, riportando l’evento in un libro: “Ho fotografato un santo”. Sull’evento ha realizzato una mostra, facendo vivere agli spettatori momenti di forte emozione. Di Taranto ha fotografo ogni angolo, anche le pale eoliche che incorniciano un sasso enorme. Sarà anche un artigiano Carmine La Fratta, ma di quelli che hanno dimestichezza con l’arte. Di Carmine sono apprezzabili le sue foto di monumenti, di edifici pubblici; di chiese. Di una chiesa riprende le finestre a rosone, le trabeazioni, le navate, i capitelli, gli archi, le pale d’altare, i tabernacoli.

Pescatore
Fa anche foto sociali: donne, bambini, vecchietti intenti a conversare in piazza, momenti di allegria e di dolore, di gioco e di lavoro, di sguardi. La sua visione spazia: ovunque sorprenda un soggetto degno di essere immortalato, punta l’obiettivo: i fumi della fabbrica dell’acciaio, l’Ilva, la sua struttura faraonica che per fabbricarla sacrificarono migliaia di ulivi, togliendo ossigeno all’agricoltura e ai cittadini. Lewis Hine, sociologo e fotografo americano nato nel 1874, scrisse che se avesse saputo raccontare una storia con le parole, non avrebbe avuto bisogno di portarsi dietro una macchina fotografica. Gli scatti di Carmine La Fratta spiegano molto di più delle parole. Posso dire che il fotografo tarantino s’impadronisce di ciò che vede e lo tramanda? Che cattura un oggetto e lo mette a disposizione nella maniera in cui lo ha visto? So che la storia professionale di Carmine La Fratta è lunga e prestigiosa. 
Ulivo dalla sagoma di pesce

Per esempio ha collaborato con compagnie teatrali e musicali, ha realizzato servizi fotografici per società e istituzioni, manifestazioni ed eventi pubblici: è stato fotografo di scena per i film “Scilla non deve morire” di Bruno Oliviero e “Marpiccolo”, di Alessandro di Robilant: foto che sono state scelte dalla Puglia Commission Film per la Mostra del Cinema di Venezia 2010; è fotografo nel “pool” ravvicinato della sala-stampa della Santa Sede. Pubblicati dalla Regione Puglia “Iconografia sacra a Taranto”, “Iconografia dei santi a Manduria”; per Sellitti editore “Settimana Santa a Taranto”…; nel 2016, con altri 35 fotografi italiani è stato scelto per l’ottavo Festival “Photovisa” a Krasnodar, in Russia; ha allestito mostre: le sue foto si trovano in collezioni pubbliche e private: ha vinto un Premio per le fotografie di scena del film “Il Miracolo” di Edoardo Winspeare e il concorso “Vogue sposa”…

Bimbi nella città vecchia
Da giovane accompagnò il giornalista e scrittore Domenico Porzio in una visita alla città vecchia, passando due giorni con lui (Porzio poi ne parlò in una affollata serata pugliese al Cida di Via Brera, presente con alcuni quadri il prestigioso gallerista Guido Le Noci); ha fotografato Pavarotti, Dalla e altri “vip”; dal ’78 all’81 ha collaborato con l’ufficio pubbliche relazioni dell’Italsider, diretto da Giuseppe Francobandiera, alla masseria Vaccarella, come fotografo industriale. Nato Nel ’51, Carmine ha avuto la sua prima macchina fotografica verso i 20 anni. Ha cominciato a fotografare molto più tardi. Intanto guardava le immagini che pubblicavano i settimanali più importanti, da “Epoca” a “Grazia”. A sollecitarlo fu l’immagine di un bimbo asiatico con lo sguardo puntato su un orologio. Durante il covid, a Milano un ragazzo che andava a trovarlo a Lama, dove ha lo studio, per carpire i rudimenti del mestiere prima di trasferirsi nel capoluogo lombardo, lo invitò a pranzo. E Carmine notò che l’ospite era diventato un ottimo fotografo di moda. “Era davvero molto bravo, fotografava modelle celebri. Alla fine mi chiese un favore: una foto che lo aveva convinto a scegliere questa nostra professione”. La foto richiesta ritraeva una vecchietta nascosta dietro un muro, a Otranto, in attesa del Papa”. A Otranto andò insieme a Narciso Bini, un bravissimo giornalista de “Il Corriere del Giorno”, che curava la pagina degli spettacoli. Carmine La fratta ha anche molte storie da raccontare. Una ha come protagonista un carrubo. Sorgeva su un fondo che doveva essere attraversato da un gasdotto. Il proprietario promise di regalare la terra a patto che l’albero venisse salvato. Il miracolo avvenne. E La Fratta lo ha immortalato. Adeso sfoglio il calendario 2023 di Carmine con il mare, spazi verdi e ondulati, ulivi imponenti e la didascalia “La fotografia non mostra la realtà, ma l’idea che se ne ha”.







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