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mercoledì 14 giugno 2023

Inebrianti le gite in Lambretta

DA GIOVANI INNAMORATI

INTORNO AI LAGHI E OLTRE

 

Mariuccia e Angelo durante una sosta

Angelo Frigerio e la moglie hanno

conosciuto il Paese grazie a questo

mezzo, leggero, dalla bella linea, di

basso costo e di poco consumo. Ai

raduni del Lambretta Club

lombardo spensieratezza, amicizia 

e allegria.


Franco Presicci

Aveva sedici anni quando si mise per la prima volta in sella a un Lambretta 125. Non era nuova ma neanche malandata. Non l’aveva acquistata per provare l’ebrezza della velocità o per darsi le arie, ma per raggiungere il posto di lavoro e fare una gita la domenica e nelle altre feste comandate, mete preferire i laghi della Lombardia. Ci girava attorno, ogni tanto si fermava e osservava tutto ciò che c’era da vedere e da ammirare, cioè le bellezze della nostra terra, che fanno invidia al mondo. Perché proprio la Lambretta e non, per esempio, la Vespa? “Era una questione di linea: la Vespa ha le ‘chappe’ grosse, come si dice in gergo, mentre la Lambretta è più longilinea. E poi, per la verità, ero sempre in gara con mio padre: lui vespista, io lambrettista; lui milanista, io juventino: un conflitto bonario, affettuoso, divertente.

Angelo Frigerio

Angelo Frigerio, 76 anni, professione spedizioniere, ama andare in Lambretta da un punto all’altro del Paese, con gli amici, tutti amanti di questo mezzo di locomozione. Lui ci è andato sempre con la fidanzata, Mariuccia, oggi sua moglie. In seguito gli si sono accodati il figlio Alessandro, al quale ha tramesso questa eredità, la figlia Monica (che tra l’altro ha vinto una coppa), il nipote, Andrea: papà e mamma su una moto; gli altri alle spalle di qualche lambrettista solitario, visto che la solidarietà è una delle caratteristiche di quel mondo. “Ne abbiamo fatti, di chilometri, e ne facciamo ancora”, dice Mariuccia, che era già lambrettista per suo conto. Mariuccia è una signora dolce, riflessiva, di poche parole e brava nell’ascoltare. Ogni tanto interviene, con discrezione, nella conversazione per aggiungere o precisare: “Quando eravamo in ritardo, mia madre stava in ansia e quando ci sentiva bussare tirava un sospiro di sollievo: ‘Finalmente sono arrivati’”. Ha in mano il cellulare e se non ha un ricordo preciso da offrire, lo interpella. In questa intervista ho dunque due interlocutori, con esperienze comuni. E entrambi raccontano piacevolmente un ambiente di raduni affollati e spensierati, interessanti anche gastronomicamente.

Lambrette a Bormio

Già, in queste occasioni non si limitano ad inebriarsi in Lambretta come Gregory Peck e Audrey Hepburn nel film del ’53 “Vacanze Romane” (o quella era una Vespa?); ma all’ora giusta si siedono a tavola a gustare i cibi locali, glorificando ciascuno il proprio “gioiello”, che è sempre migliore e più efficace di quello dell’altro, ma in allegria, felici di stare insieme, perché un altro aspetto positivo dei raduni è quello di rinsaldare amicizie e di crearne di nuove. E’ simpatico, Angelo, e anche spiritoso. Sorride e parla, riesuma momenti gioiosi, ripesca sul telefonino qualche foto con il pensiero alle due Vespe e alle dieci Lambrette che ha in garage a Milano come una piccola collezione; e le tiene bene in ordine, come si conviene a un buon collezionista di ogni genere, che ha anche il dovere di avere cura dei suoi bisciù.

Innamorati in lambretta

“Raggiunti i 18 anni, ho acquistato un 150 e mi sono iscritto al Club Lambretta lombardo, partecipando ai raduni, sempre con mia moglie dietro. A Natale il gruppo organizza il pranzo sociale, principe il panettone, e noi ci siamo. A maggio qualche giretto poco impegnativo; e, quando il calendario prevede un raduno regionale o nazionale o internazionale, noi ci siamo”. Ancora: “Il primo raduno nazionale a cui abbiamo preso parte è stato quello di Assisi, che ha registrato la presenza di 800 Lambrette. Nella città di San Francesco siamo entrati estasiati nelle basiliche, che ristorano lo spirito. Questi incontri hanno anche scopi culturali, avendo in programma visite a musei, paesaggi, monumenti, cantine sociali e ad altri luoghi che arricchiscono le nostre conoscenze. Sono ‘fughe’ appaganti, dove ci scambiamo consigli, esprimiamo sensazioni, esponiamo i problemi dello “scooter’, se ne ha, e via dicendo. Poi cominciamo a frequentarci sempre più spesso, e a poco a poco fiorisce l’amicizia”.

Angela e Mariuccia Frigerio
Le iniziative dunque hanno anche questo vantaggio. Le sorprese non mancano. “Ad Assisi due fidanzati americani ne covavano una bellissima. Quando la rivelarono andando all’altare per dirsi “Sì, ti voglio”, commossero tutti; e così quando si rimisero in Lambretta, lei ancora in abito da sposa, festa grande, felicità per tutti. Lo stesso evento a Villasanta di Monza, dove dopo il rito in chiesa, i colombi ripartirono in Lambretta, seguiti per un tratto da un corteo di motorizzati. “In un raduno può succedere di tutto, anche che la moto si metta a rantolare. Allora due o tre si fermano per ridarle ossigeno, mentre gli altri si avviano. Sempre in Lambretta ho partecipato al raduno ‘Quattro passi’, portandomi dietro mio nipote Andrea, che oggi ha 19 anni. Punto di ritrovo l’Aprica, di qui al passo dello Stelvio, quindi al passo di Gavia. Andrea ha preso da me la stessa passione e con me veniva di solito ai raduni. Adesso siamo in ansiosa attesa di quello di fine giugno, a Bergamo (e dintorni), ricordata da Guido Piovene come “una delle grandi patrie delle maschere popolari”, Gioppino compreso.
 
Frigerio a Monza

“In occasione del 70° anniversario della Lambretta, abbiamo percorso il circuito dell’autodromo di Monza”, la città che nel Duomo, alla sinistra del presbiterio, custodisce la Corona Ferrea”. Hanno partecipato anche al raduno nazionale in Sardegna, a Cala Gonone, frazione del comune di Dorgali, in provincia di Nuoro: da Milano a Genova, poi in nave ad Olbia e in Lambretta al punto di ritrovo, dove hanno visitato le spettacolari grotte del Bue Marino, in cui trovava rifugio la foca monaca, e hanno mangiato “il maiale sardo alla brace (tenuto in piedi durante la cottura, appeso ad un’asta)”. Insomma, itinerari di grande interesse, indimenticabili, esaltanti. Con il “lambrettismo” hanno contemplato tanti centri meravigliosi del nostro Paese, come Matera”. E nella capitale della cultura 2012 hanno avuto un sacco di cose da vedere: i Sassi, patrimonio dell’Unesco; il Museo della civiltà contadina; le chiese rupestri; monumenti rilevanti. Si entra in questa città straordinaria, con luoghi sacri stupendi, una cattedrale romanica, un panorama indescrivibile, la si attraversa con occhio attento, si sente palpitare il cuore e si capisce di trovarsi in uno dei posti più affascinanti, più splendidi del mondo. Matera ti colpisce, ti emoziona e ti resta dentro, suscitando la voglia di tornarci per vedere altro”. 

Con la lambretta tra i monti
Mariuccia e Angelo sono soddisfatti dei loro viaggi su questa due ruote, costruita là dove scorre il fiume Lambro, da un uomo che nel ’31 aveva cominciato con la produzione di ponteggi in acciaio. La Lambretta, antagonista della Vespa, ha fatto storia. Ancora oggi quando sulle strade compare una di queste glorie fa capolino la nostalgia che porta con sé mille ricordi. Angelo mi mostra il marchio del Club Lombardia attaccato alla maglietta, a sinistra; e me lo lascia fotografare, mentre continua a narrare. I ricordi fluiscono come l’acqua di un ruscello o come quella di un fiume che ti passa davanti placido, a suon di musica. “Da fidanzati Mariuccia e io abbiamo fatto, come detto, il giro del lago di Como e al ritorno a Limbiate si è forata una ruota. Abbiamo nascosto la moto dietro un casolare e siamo tornati a casa come maratoneti” alla Stramilano. Durante un temporale ci siamo inzuppati, ma senza spaventarci”: la pioggia è una benedizione.

Orgoglio per la lambretta
”A Montecatini Terme ci eravamo portati i figli e il nipote, sistemato dietro di me, mentre Monica e Alessandro con altri lambrettisti. Quello che ospitava Monica, ripartendo dopo una sosta, se n’è dimenticato lasciandola a piedi. Quando se n’e accorto, è tornato indietro con un muso lungo fino ai piedi”. Ai raduni sono mescolati diversi club, per consentire (ripeto perché la cosa mi piace) la nascita di familiarità. “Le nostre sono aggregazioni appassionanti. Chi ha inventato la lambretta, Ferdinando Innocenti, nel ’48, non ha messo a disposizione della gente soltanto un mezzo veloce di trasporto di basso costo e consumo, ma anche uno strumento che dà la possibilità di rinfrancarsi, di raggiungere agevolmente strade e sentieri, pianure e colline, borghi e zone isolate prima ignorati”. La Lambretta – così battezzata dal nome del quartiere milanese, Lambrate, in cui veniva realizzata - come la Vespa, lanciata l’anno prima dalla Piaggio, è libertà, gioia dell’incontro, vita fianco a fianco l’uno con l’altro, aria, sole, vento da bere, mete da conquistare, angoli da scoprire, paesaggi da godere. Anche per questo la Lambretta ha avuto successo. E che successo. Nel ‘48 l’azienda metteva in circolazione 50 lambrette all’anno; nel ’58, 500 al giorno, spedendole anche in oltre 160 Paesi (fino al ’71 sono stati venduti quattro milioni di esemplari). Una grande intuizione. Nel dopoguerra le persone avevano bisogno di rinascere, di dimenticare per quanto possibile i disastri e i lutti della guerra, le privazioni, il coprifuoco, la borsa nera, il pane razionato, la paura dei bombardamenti, i rifugi e avere un mezzo, tra l’altro dalla bella linea, inebriava. Senza contare che la Lambretta e la Vespa, l’una contro l’altra armata, sarebbero capaci di snellire il traffico delle auto, ormai diventato insopportabile, se il loro numero non si fosse assottigliato già tanti anni fa, rendendole quasi una rarità.










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