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mercoledì 27 marzo 2024

E’ ammaliato dalla figura della donna

LO SCULTORE ALFREDO MAZZOTTA HA LAVORATO CON LUCIANO MINGUZZI



Alfredo Mazzotta
Nato in Calabria da padre contadino e da madre casalinga, ha studiato scultura con Luciano Minguzzi e pittura con Domenico Purificato all'Accademia di Belle Arti di Brera e in seguito ha insegnato scultura per 40 anni al Liceo Artistico Statale di Brera; è stato assistente dello scultore Eros Pellini. Sue opere si trovano in varie parti del mondo.















Franco Presicci



Milano. Il volto da frate francescano e anche i modi, il sorriso dolce ispirano fiducia e simpatia. E quando racconta la sua infanzia, l’adolescenza, gli studi, i genitori, il paese in cui è nato, Nao, nei dintorni di Vibo Valentia, i maestri, Minguzzi soprattutto, cattura l’attenzione e non la molla.
Lo studio

Ho incontrato Alfredo Mazzotta, 73 anni, nel luogo in cui si raccoglie e medita, in via Donatello. Io e mia nipote Olimpia siamo entrati nel cortile, che ha al centro un’aiuola con bellissime camelie, che lui cura con amore, e ci è venuto incontro con un sorriso aperto e accogliente. “State guardando i fiori? Bellissimi, vero? Io li irroro, li poto, li vedo sbocciare e crescere. Appartengono al condominio”. Poi ci ha accompagnati nel suo sacrario, dove le pareti quasi non si vedono, coperte come sono da quadri suoi e di altri artisti. Sul tavolo alcune sculture, appena rientrate da una mostra nel castello di Melegnano. E sfila prima di tutti, nell’immaginazione, ma quasi reale da come la descrive, la nonna Rosa, che per ogni situazione aveva la soluzione e gli ha dato senza averne l’aria lezioni di vita. Ogni tanto accenna alle sue opere, alcune curve come becchi di bucero. Attraggono. quelle forme, affascinano, si lasciano contemplare.
Anche mia nipote è incantata, e sbircia le mie espressioni. Lui ha voglia di spiegare come nascono, e tu mai penseresti che a suggerirle è stata la curiosità tipica dei virgulti. Vide l’uovo, chiese notizie a nonna Rosa e lei gli illustrò senza veli il procedimento, che, si creda o no, è un miracolo. Alfredo, che aveva il cuore d’artista, già nei primi disegni impresse sulla carta l’ovale in tutte le forme che l’anima gli dettava: una continua trasformazione poetica.
“Dalla natura vengono le mie opere”. E si definisce essenzialista, proprio perché coglie l’essenza delle cose, rendendo il movimento, il gesto. In quella sintesi c‘è tutto. Anche quando parla non si allarga, non s’inoltra nel ginepraio delle parole, dei discorsi enfatici, della retorica, dell’eloquenza. Colpisce per la sua semplicità, per la sobrietà della narrazione, per la ricchezza dei particolari. I suoi ricordi fluiscono limpidi come l’acqua di un ruscello.
Figura in meditazione
Un po’ di storia: è nato nel ‘51 da Michele, contadino, e da Rosina, casalinga. Di loro parla con affetto e gratitudine. Non navigavano nel denaro, eppure, se necessario, davano agli altri, secondo gli insegnamenti di Gesù: quello che avete sulla tavola datelo ai poveri; quello che fate al poverello lo fate a me. Michele e Rosina fecero ogni sacrificio per farlo studiare; e lui nel ‘68, dopo aver preso la licenza media presso la scuola Bruzzano di Vibo Valentia, si diplomò Maestro d’Arte presso l’I.S.A. della stessa città. In quei tre anni “mi sono forgiato con i maestri Tumino e Manzari”: il primo silenzioso e meticoloso; l’altro più esuberante. Entrambi bravissimi. Poi i due consigliarono al padre di mandarlo all’Accademia di Belle Arti: a Napoli, a Roma o a Milano. Michele non ebbe alcuna esitazione: “E’ bene Milano? E Milano sia”, pronto a tutto per assecondare la vocazione di quel figlio talentuoso. La scuola di Michele era stata la terra, ma non voleva per il figlio facesse la stessa fatica e le sofferenze e le delusioni che la terra dà con la complicità delle intemperanze meteorologiche. Alfredo doveva avere il meglio, quindi, se Alfredo doveva andare a Brera, si aprissero pure per lui le porte di quell’Accademia.
Ed ecco Alfredo a Milano, con un sogno: avere come maestro Minguzzi, di cui già conosceva l’arte. E con Luciano Minguzzi si diploma nel ‘73 in scultura e si iscrive alla scuola di Domenico Purificato, quindi al corso di Cromatologia di Luigi Veronesi.
Figura in contorsione

Un cammino lungo pieno di soddisfazioni. E che gioia nel momento dell’incontro con Minguzzi, alto, possente, autore della quinta porta del Duomo di Milano e della Porta del Bene e del Male della Basilica di San Pietro in Vaticano. L’aveva creduto irraggiungibile e invece era a due passi da lui. L’incontro lo stimolò maggiormente, gli dette energia, più voglia di dare forma alla creta, creare con la stessa, con continue innovazioni, con la ricerca, con soluzioni tecniche diverse. Lavorò per anni nello studio del maestro, felice come se avesse vinto un premio. Minguzzi era il suo mito e con lui aveva un bel rapporto.
Frequentando il quartiere di Brera cominciò a conoscere i pittori che si sedevano al bar Giamaica e quelli che si alternavano nella latteria delle pie sorelle Pirovini, dove aveva un conto chilometrico Ibrahim Kodra, albanese di grande talento, già amato e stimato, destinato ad attraversare la storia di Milano. Di Kodra conserva alcune opere e un grandissimo ricordo, tanto che non di rado fa un salto nel museo del pittore, in piazzale Lagosta, dove Fatos Fasilliu riceve scolaresche, appassionati dell’arte del pittore sempre presente nel cuore dei meneghini e non.
Ma Alfredo non è stato soltanto amico di Ibrahim, “il primitivo di una nuova civiltà”, come lo definì Romano Piccichè o l’artista dai “colori delle favole orientali”, il pittore che dalla corte di re Zogu, grazie al questore di Durazzo, che lo aveva presentato alla regina, entrò nel cortile di Brera.
Poi Alfredo Mazzotta è diventato grande anche lui, facendo mostre di prestigio, partecipando anche a collettive. Le sue sculture si trovano in tutto il mondo, dalla Cina alla Corea, agli Stati Uniti, in Giappone, in Albania… Eppure è rimasto un uomo alla mano, amante della compagnia, abile nell’arte culinaria, nonno a tempo pieno, due figlie, Monia, appassionata di danza, e Ilaria suora rosminiana. Alfredo piace anche perché, pur vivendo a Milano da tanti anni, non ha perso l’accento calabrese; anzi ogni tanto slitta nel dialetto. Calabrese doc, ama il peperoncino piccante (a Diamante, in Calabria, organizzano una gara sul tema) coltivato anche dai suoi genitori. Alfredo è rimasto calabrese, legatissimo alle sue radici.
Figura in contorsione

Con Olimpia, interessata all’arte contemporanea e a quella di Alfredo, che ha subito cercato d’interpretare senza fare domande, ho trascorso un paio d’ore con lui e auspico di poterlo rivedere per ascoltare tant’altra parte della sua biografia e godere della magia della sua arte.
L’ho pungolato più volte. E lui, tra un sorriso e l’altro, spuntati dalla sua barba e dai suoi baffi bianchi e neri folti, ha ripreso il racconto, a volte interrompendolo per metterlo bene a fuoco: “Da ragazzo ho fatto il chierichetto e suonavo le campane. Un giorno, scendendo dal campanile, notai sul pavimento una macchia - fatta dall’umidità” - che vagamente poteva sembrare il volto della Madonna. La contornai con il gessetto, dimenticando poi di cancellarlo, e i fedeli gridarono “La Madonna!, La Madonna’”. Intervenne il parroco, don Michele Tarzia, a spegnere il fuoco, prima che si propagasse la voce di un evento soprannaturale. Sempre da bambino, non avendo tutte le statuine per il presepe, plasmò lui quelle mancanti, modellando l’argilla che aveva trovato sotto un roseto nell’orto della nonna Rosa. Aveva sì e no 10 anni.
Lo esorto a continuare e lui non si fa pregare. Ha giocato al calcio con la palla di pezza;, in seguito le pedate al pallone le ha date sul campo nella sua regione e poi a Milano. Ha partecipato a una ventina di Stramilano; ha fatto anche l’allenatore per la squadra di un bar. Ama frequentare i mercatini di vintage. Per esercitarsi, sempre da adolescente, copiava le statue greche, da Prassitele a Fidia, poi all’Accademia si è ispirato alle modelle. Confessa di essere ammaliato dalla figura della donna e la racconta. “Del soggetto colgo l’essenza. La mia scultura nasce dalla vita. L’uovo è ancora presente nel mio lavoro. E’ contenitore di vita, La mia scultura nasce dalla natura”. Il titolo dei suoi lavori è “Figura in contorsione”: non il movimento fisico, il gesto, ma le difficoltà della vita, il dolore, il tormento. L’uovo da lui modificato, trasformato, trasfigurato, rimodellato.
Opera di Mazzotta

Non smetterei mai di ascoltarlo. Ogni sua parola è una perla. Non ha bisogno delle domande: sa ciò che può interessare all’interlocutore, che non si annoia. Ogni tanto alza lo sguardo alle vedute appese alle pareti e a quelle che stanno per terra per mancanza di spazio. Le ultime battute riguardano Brera, che non è più quella di una volta. Allora c’era un’altra atmosfera, tanti negozi, tanti personaggi, da Quasimodo a Confalonieri. Non c’è più neppure il rigattiere pugliese Domenico Lamantea, che arrivava con il suo triciclo carico di oggetti tutte le mattine alle 10 e chiudeva la baracca al tramonto. Morì in seguito alle ferite riportate in un incidente stradale, dopo aver ritirato una piccola vincita al lotto. Al funerale un violinista della Scala suonò l’”Ave Maria”.
Abbiamo parlato anche di altre cose con Alfredo. Alla fine ci ha invitati a pranzo in un ristorante vicino. Ma avevamo un altro impegno. Ci accompagna fino al portone, dopo una breve sosta davanti all’aiuola, che forse gli ricorda un lembo della terra coltivata dai suoi genitori. Ma ci può lasciare senza un ultimo accenno alla mitica Nonna Rosa?
Con Olimpia condivido il desiderio di rivederlo. Olimpia è volontaria all’Associazione “Aiutiamoli”, e accompagna nelle visite a cascine, mostre d’arte, vigne gruppi di utenti; e adesso gradirebbe che Alfredo, che è anche nel direttivo della Permanente, mostri loro come si plasma l’argilla, come da un pezzo di terra amorfa scaturisce un capolavoro. Grazie alle mani dell’uomo, ma anche alla stessa argilla sensibile...all’intenzione dell’arte.

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