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mercoledì 24 febbraio 2016

Dopo tante lotte combattute dall’artista De Cerce



IN VIA BAGUTTA A MILANO

OGNI ANNO SI CELEBRA IL TRIONFO DELLE TAVOLOZZE


Ingresso del ristorante Bagutta
Dal ’64 vi si svolgono affollate mostre all’aperto, con quadri anche sulla facciata del ristorante dei Pepori, che come il suo prestigioso Premio letterario fondato nel ’26 da Orio Vergani ha lo stesso nome della via. Molti dei vincitori del riconoscimento sfilano in “Primi piani” di Domenico Porzio, scrittore tarantino, che scoprì fra i primi le qualità dell’argentino Borges, traducendone le opere.

Franco Presicci

Mario Pepori del ristorante Bagutta
Ero a Milano da qualche anno, quando un pomeriggio decisi di fare un salto in via Bagutta, spinto dal ricordo delle battaglie che Bruno De Cerce e un gruppo di suoi collaboratori avevano affrontato per fare di quella piccola arteria la sede di una collettiva d’arte all’aperto da ripetersi due volte l’anno. La burocrazia recalcitrava e loro la incalzavano, scendendo in strada, distribuendo volantini, esibendo cartelloni con le scritte: “La città del miracolo economico non aiuta gli artisti”; “Il nostro sogno è la via Bagutta”… Un giorno organizzarono un “sit-in” per impedire la circolazione, intervenne la polizia e si portò di peso De Cerce in questura, viaggio che suggerì al pittore spaziale l’idea d’indossare durante le tenzoni una casacca da ergastolano, con il numero 40 bene in vista sul petto. Il duello, iniziato negli anni 50, calamitò l’attenzione dei giornali non soltanto milanesi e della televisione. L’Amministrazione comunale alla fine cedette, e l’assessore alla Viabilità Valentini, il 25 ottobre del ’64, tagliò il nastro inaugurale della prima esposizione (circa duecento partecipanti), fra una moltitudine di visitatori e l’esibizione della Banda di Gaggiano. De Cerce, molisano a Milano dal ’58, barba alla Carlo Marx, voce sottile, un po’ burbero, si godeva la conquista assieme al suo piccolo esercito e ad Aldo Cortina, già allievo di Filippo De Pisis e titolare della libreria universitaria di fronte alla Statale.
Fu un giorno di festa, nonostante la pioggia che benediva le opere e il vento che gonfiava lo striscione steso tra finestre dirimpettaie sul vicolo Baguttino, quasi un simbolo della vittoria. I taccuini dei cronisti si riempivano di notizie su De Cerce,
dalla sua prima personale nel ’63 allestita nel Salone Nucleare della Fiera di Milano alla estemporanea da lui allestita per un centinaio di pittori al Teatro Tenda di Gassman, in piazza Vetra, alla personale nella Galleria “Il Cavallino”, su invito del mercante Cardazzo… Una biografia densa. “Il Giorno” ha sempre seguito le vicende di via Bagutta, dove si torna volentieri quando paesaggi, nature morte, figure, fantasie surreali, futuriste…sfollano. Facendo avanti e indietro in quest’atmosfera romantica si pensa magari a Carlo Porta; e si ha l’impressione di avvertire il rumore dei passi di tanti personaggi importanti che frequentarono (altri lo frequentano oggi) ristorante dei Pepori al civico 14,  dove la sera dell’11 novembre 1926 a Orio Vergani, penna illustre del giornalismo italiano, venne l’idea del Premio letterario Bagutta (che è anche il nome del prestigioso ritrovo gastronomico che da allora continua ad ospitarlo), negli anni vinto da Soldati, Montanelli, Repaci, Gadda, Brancati, Primo Levi, Marotta…Al parto collaborarono Riccardo Bacchelli, Adolfo Franci, Paolo Monelli, Gino Scarpa, Mario Vellani-Marchi…. Insomma, da una parte i pittori; dall’altra i grandi scrittori. Anche Piero Mandrillo, intellettuale di alto bordo e critico severo (a Pulsano, suo paese natale, gli hanno dedicato la biblioteca e a Taranto, dove viveva, a suo tempo lo hanno degnamente commemorato) amava percorrere via Bagutta e altre strade storiche. Veniva spesso a Milano. Ci venne con la troupe” di Tv Taranto anche nel ’76 per una serata di pugliesi al Centro informazioni d’arte, a Brera. Ogni volta cercava la bellezza discreta, quasi schiva, della città. 



Piero Mandrillo nel '76 a Milano intervista Antonio Baroni, il direttore del settimanale Il Milanese,   a destra Franco Presicci





 Quasi sempre in compagnia di un amico, che definiva psicopompo, attraversava corso Venezia, ammirando le facciate liberty dei palazzi; la Galleria, che gli faceva venire in mente Giuseppe Marotta (“L’oro di Napoli”, “A Milano non fa freddo”, “Mal di Galleria”…); i Navigli, cari ad Alfonso Gatto, a Gaetano Afeltra, a Carlo Castellaneta, al fotografo veneziano Fulvio Roiter… Andando a fare visita al poeta e critico d’arte Raffaele Carrieri, tarantino anche lui, si fermava all’angolo di via Manzoni con via Bigli, un budello aristocratico, in cui abitava Montale e nell’800 la contessa Maffei, celebre per il suo salotto culturale (nel febbraio del 1897 accolse anche Balzac, arrivato da Parigi); in via Morone, che prima di sfociare in piazza Belgioioso, che accolse i sospiri di Stendhal per la baronessa Matilde Viscontini, presenta casa Manzoni.
 Bagutta affollata
Domenico Porzio e il prof. Silvio Garattini
Un giorno, deviando da corso Buenos Aires in viale Tunisia, dove durante la Resistenza, in un paio di piccoli locali, c’era il covo di Sandro Pertini, entrò, seguito dall’amico, nella libreria di Nicola Partipilo, barese doc, sperando di potervi trovare “Barboni a Milano” del critico e storico musicale Giulio Confalonieri, che con i “clochard” passeggiava sottobraccio a Brera, non disdegnando un sorso con loro in osteria.
Piero soddisfaceva le sue curiosità estetiche e intervistava, per “Il Corriere del Giorno”, personaggi eminenti: Montale, Giuliano Gramigna, allora critico letterario al “Giorno”, lo stesso Carrieri e altri. Nella sua agenda c’era anche Domenico Porzio, ma dovette anticipare la partenza e non potè realizzare questo desiderio.
Alla Mondadori, all’epoca in via Bianca di Savoia, ad incontrare Porzio, che nella casa editrice era capo ufficio stampa e assistente del presidente Arnoldo, un po’ di tempo dopo andò l’amico, che venne ricevuto con una cortesia squisita. Invitato ad accomodarsi, si sentì dire che la sedia indicata era stata occupata da glutei eccellenti, appartenenti a Buzzati, Soldati, Bo, Bacchelli, Montale...Notizia piuttosto imbarazzante per natiche molto modeste. Giornalista, scrittore, critico letterario e d’arte, Porzio, nato a Taranto nel ’21 da famiglia napoletana, si era trasferito con i suoi sotto il Vesuvio, quindi a Milano, nel ’29. Laureatosi in medicina, aveva regalato il titolo al padre che lo voleva medico, rivelandogli che allo stetoscopio preferiva la carta stampata. L’aveva già fiutata al liceo cucinando con Oreste del Buono una rivista, “La giostra”.
Giuria del Premio Bagutta su una parete dell'omonimo ristorante
E una volta consacrato nella professione, con lo stesso Del Buono creò “Quaderni milanesi”; con Marco Valsecchi le Edizioni di Uomo, e collaborò con i settimanali “Oggi”, sorto nel febbraio del ’39 anche grazie a lui, “Epoca” e “Panorama”. Curò antologie, la traduzione italiana di tutte le opere di Borges (fu uno dei primi nel nostro Paese a rivelarne la qualità); e scrisse numerosi libri, fra cui, nel ’76, “Primi Piani”, una galleria di ritratti: da Solzenicyn a Testori, Cassola, Kerouac, Guttuso, Eduardo, Pasolini, Paolo Grassi, Carla Fracci, Piero Chiara…con tanti particolari succosi, tra cui il motivo del disamore di Gianni Brera per Rivera e la passione di De Chirico per la cioccolata.
Porzio ha diverse doti – diceva Enzo Biagi - ma spicca per la sua grande capacità di ascoltare. E ascoltava a lungo Mario Soldati, che telefonava agli amici anche da New York per raccontare le sue giornate. Porzio era elegante, riservato, un signore. Non si sentiva un protagonista, ma un testimone, e non si sovrapponeva mai all’interlocutore. E’ morto a Cortina nel ‘90.





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