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mercoledì 4 maggio 2016

La Stramilano, una giornata di gioia e di colori




CINQUANTAMILA NELLA CITTA’

LIBERATA DALLE CILINDRATE

Al centro l'assessore Valentini e il sindaco Tognoli






Giovani, adulti a piedi, in bici, su velocipedi su pattini, su skateboard. Personaggi stravaganti, il pittore che dipinge correndo, l’uomo con la scimmia sulle spalle. Partenza da piazza Duomo invasa dai pettorali
arrivo all’Arena fra boati di applausi.

                                                        A sinistra della foto Franco Presicci                                                                            

                                                                             


 
Franco Presicci


Della Stramilano, giorno di festa, di esultanza, di sport, custodisco tantissimi ricordi. Un giorno in cui una folla immensa conquista la città e se la gode. Non importa il tempo che fa. Sole o pioggia o vento, in cinquantamila (e più se si contano gli infiltrati) scattano da piazza del Duomo diretti all’Arena. Vecchi, giovani, donne, maschi, ragazzi, bambini portati a cavalcioni sulle spalle o in carrozzina. C’è chi non va a piedi ma su un velocipede; chi sul monopattino o sullo “skateboard”; chi su una comune “due ruote” con un muggito per campanello; chi addobbato in modo eccentrico, come quel cinquantenne con scimmia sul capo vestito da venditore d’acqua di Marrakesh; chi avvolto in una bandiera tricolore o nel vessillo della squadra del cuore; e chi in un lenzuolo a mo’ di stendardo con tutte le insegne collezionate negli anni. Un tale strimpella una chitarra; altri fanno fiorire ombrelli rossi o verdi o gialli, decorati, istoriati; altri ancora lasciano liberi grappoli di palloncini per mandare lassù un segnale del tripudio. Un marcantonio con la capigliatura cespugliosa, una camicia a quadretti aperta su una siepe, issa un cartello, con la scritta : “Stramilano, sei la mia vita”; seguito dal suo contrario, basso, sottile, capo spelacchiato, che invece, tra le braccia alzate come aste, regge una striscia di stoffa con una dichiarazione d’amore per la “splendida Maria”
Il palco della Stramilano
Le ricordo così le Stramilano che ho frequentato per 17 anni da cronista del quotidiano “Il Giorno”. Ero mattiniero, e già alle 7 del mattino acquartierato in piazza del Duomo per vedere come montava la marea. Poi si presentavano Michele Mesto (oggi presidente della società che organizza la maratona), Francesco Alzati e Gianluca Martinelli (all’epoca pilota dinamico ed entusiasta). E anche Attilio Monetti, lo “speaker” che conosce a fondo la storia delle corse e la sa raccontare con toni e cadenze da collaudato telecronista. Dal palco improvvisato in corso Vittorio Emanuele, ai piedi della Cattedrale, sciorinava date, primati, personaggi; intervistava i giornalisti, le autorità; inneggiava alla grande manifestazione di primavera, mentre si accendeva il microfono di Telelombardia e l’obiettivo ronzando riprendeva quella tavolozza che andava infoltendosi, fremendo. Gli spettatori, costretti oltre le transenne per il timore che debordassero, applaudivano, urlavano scatenati, infiammando ancora di più l’atmosfera. Stando sul podio, con gli assessori Valentini, Malena, Ascani, con la madrina (un anno Isabella Rossellini; un altro Maria Teresa Ruta…), io osservavo le facce conosciute: Cesare Isabelli, che aveva partecipato anche alla maratona di New York: l’alpino ottantenne con la penna sul cappello e i calzoni corti; l’anziano con il volto rubato a Serge Reggiani e una sorta di clamide greca indosso come un figurante di Cinecittà; e quell’altro con il parrucchino biondastro che esibiva con sussiego un pannello con le medaglie che aveva vinto nelle sue sgambate. il pittore con tela e colori pronto a dipingere galoppando il momento più significativo alla maniera futurista.
Poi passava Samuele Jannuzzi, di Barletta, che fece la sua ultima maratona a 96 anni, non per l’età ma per decisione della parca con la falce sempre in pugno. A dare l’annuncio furono i brandelli di un manifesto listato a lutto agitati dal vento sul muro esterno del palazzo in cui abitava, in viale Suzzani. Povero Samuele, era nato correndo. Impiegato alle Poste, ogni giorno trattava più del doppio della corrispondenza regolamentare; tanto che per accertare la serietà del suo lavoro due ispettori si appostarono a due passi da lui e alla fine lo onorarono con il titolo, ufficioso, di Speedy Gonzalez. Al mattino si alzava alle sei, metteva il caffelatte sul fornello, filava dal giornalaio e rientrava appena in tempo per spegnere il fuoco. Aveva fatto quasi tutte le Stramilano, sin da quando, nel ’70, la partenza era fissata a mezzanotte in viale Zara. Una settimana prima della maratona veniva al giornale e mi illustrava i suoi allenamenti quotidiani, che spesso si spingevano fino a Monza. L’ultima volta nel ’94. L’anno successivo il mio posto lo trovò vuoto; e il capocronista Giulio Giuzzi mi chiamò a casa per raccomandarmelo. Il giorno dopo il veterano, piccolo di statura, magro, passo spedito, accento barlettano marcato, ricambiò con una delle coppe da lui vinte nella sua lunga carriera sportiva. Il solito maligno vociferava che il pugliese “accorciava” il percorso, ma testimonianze inoppugnabili lo smentivano: per “don” Samuele, come lo chiamavo io, la maratona era un rito sacro e mai l’avrebbe tradita. E poi, lo avevo seguito con la macchina del giornale guidata da autisti esperti e curiosi: Gusmaroli o Ricciardi o Gramegna…
Michele Mesto, presidente da 4 anni della Stramilano
Grande, straordinaria, emozionante Stramilano. La fiumana non rispettava mai l’ora prevista per la partenza. Cominciava a fremere già un quarto d’ora prima, esortata dalle voci che scoppiavano dalle sponde. Monetti invitava a contenersi, ma i più febbrili spingevano, tentavano di rompere l’argine, che mentre stava per cedere si ricompattava. Ma poi ogni resistenza veniva sopraffatta e i bersaglieri davano fiato alle trombe. La valanga invadeva piazza San Babila; corso Venezia…. Al punto di ristoro in viale Tebaldi si frastagliava: molti proseguivano; altri facevano sosta davanti al banco chilometrico pieno di mele della Valtellina, yogurt, latte, bibite, panini, brioches, caramelle…Michele Mesto mi consegnava l’elenco e il “Giorno” lo pubblicava.
Amata Stramilano. Quante pagine le ho dedicato. Migliaia di righe apparse in prima, in cronaca, con foto spettacolari. Aspettavo quella domenica con ansia. Per nessun motivo l’avrei persa. Accompagnato da uno dei fotografi del giornale: Antonio Mantegazza o Gaetano Montingelli, che era di Cerignola, o Gianni D’Anna o Giovani Dell’Abate, di Tricase. Tutti bravissimi, sempre puntali, pronti a cogliere i particolari più significativi, i personaggi originali, le situazioni divertenti. Un “clic” sorprese un gruppo di giovani, che, arrivato in un furgone in via Manzoni, si allacciò il simbolo della maratona… e gambe in spalle!
La Stramilano - dicevano i patititi – oltre a far bene alla salute ti trasforma, ti face sentire più leggero, staccato dai pensieri della vita quotidiana, trionfatore in una città non assediata dalle auto, orgoglioso di quel pettorale da conservare a testimonianza di una ricorrenza inebriante. Qualche giorno prima, un anno, seduto a un tavolo del bar di piazza Cavour, di fianco alla libreria di Renzo Cortina, con Al Albano, Ottavio Missoni, che aveva concepito il pettorale, e sua moglie, chiesi allo stilista se fosse intenzionato a tuffarsi nella “Kermesse”. Sorrise senza fare promesse. Come il cantante di Cellino San Marco, era cordiale, simpatico, comunicativo, scherzoso. Un collega giurò di averlo visto, tra i cinquantamila.
Le rivedo così le mie Stramilano. E mi capita di ricordare il venditore d’acqua di Marrakesh, che morì senza avere vicino un amico, un parente, ma soltanto il primate, che lo vegliò per cinque giorni.
Provo nostalgia e gratitudine per la Stramilano, che ha dato anche a me qualche medaglia: nell’85, con la Rank Xerox e il Comune meneghino un Premio in monete d’argento coniate in occasione delle Olimpiadi di Los Angeles (mi fu consegnato al Circolo della Stampa dall’assessore Valentini, presenti il campione olimpionico Alberto Cova e altri assi). E nel 2000 l’inserimento nel libro “Stramilano in cento storie” delle mie esperienze tra quelle di Gelindo Bordin, Mike Bongiorno, Camillo Onesti, dello stesso Cova….Mi scuso per la vanità, ma è colpa della Stramilano.

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