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mercoledì 1 giugno 2016

"La Grotta di Trofonio" di Giovanni Paisiello alla 42° edizione del Festival della Valle d'Itria


 

La presentazione del programma al Piccolo Teatro Grassi di Milano con l'intervento del Presidente Franco Punzi, del direttore artistico Alberto Triola e del direttore musicale Franco Luisi. 

 

Il Comune di Martina 

rappresentato dall'Assessore alla Cultura

Antonio Scialpi

 

 


Servizio di Franco Presicci

"Premio vita da cronista 2015"



L'ass.re alla Cultura Scialpi con il presidente Punzi
La 42.ma edizione del Festival della Valle d’Itria andrà in scena a Martina Franca dal 14 luglio al 5 agosto. Intanto il 25 maggio è stato presentato il programma al Piccolo Teatro di via Rovello, 2, a Milano, presenti critici musicali, cantanti, compositori, giornalisti, melomani. A parlarne, il direttore artistico Alberto Triola; il presidente Franco Punzi; il direttore musicale Fabio Luisi, intervallati da un contributo dell’assessore alla Cultura del Comune martinese, Antonio Scialpi.
Triola ha raccontato le varie opere in maniera dotta e avvincente, cominciando da quella che inaugurerà la rassegna: “La Grotta di Trofonio” di Giovanni Paisiello, che, nato a Taranto nel 1741, tra i due mari visse l’infanzia nella casa di piazza
Monteoliveto, a pochi passi dagli odierni edifici che ospitano la capitaneria di porto e la cattedrale, nella città vecchia. Appena dodicenne Paisiello andò a Napoli e studiò con i maestri Gerolamo Abos e Carlo Cotomacci. Fu poi a Parigi come maestro di Cappella, diventando il musicista prediletto di Napoleone, che lo indicava – ricorda Giulio Confalonieri nella sua “Storia della musica” – “come modello proprio a quei maestri della Pleiade franco-italiana, i quali si sforzavano di esprimere gli ideali dell’era consolare e imperiale”. Paisiello - aggiunge, l’autorevole critico prima del “Giorno”, poi del “Corriere della Sera” - al Bonaparte “dava riposo, gli accarezzava l’orecchio”, per “la gran pace musicale” delle sue creazioni. “Il grande confessore del melodramma buffo del Settecento” (sempre Confalonieri), che Taranto ha la fortuna di avere avuto come figlio, fu apprezzato ovunque in Europa: Caterina II di Russia lo invitò a Pietroburgo tramite madame d’Epinay e il suo amico, barone Grimm, intellettuale illuminista che compilava tutto da solo un periodico specializzato; e in quella corte Paisiello compose un’opera seria, “Nitteti”, e tre giocose; e nel 1782 “Il Barbiere di Siviglia”, rappresentato, acclamatissimo, per la prima volta al Teatro del Palazzo imperiale il 15 settembre dello stesso anno. Ma aveva nel cuore Napoli e fece fagotto per ritornarvi, rispondendo all’appello di Ferdinando IV.
Escobar intervistato da Telenorba
Durante il viaggio, nel 1784, si fermò a Vienna, che lo ricevette con tutti gli onori; nel 1783 applaudì il suo “Barbiere”, quindi “La grotta di Trofonio”. Nel capoluogo partenopeo, dove aveva studiato al Conservatorio Sant’Onofrio a Capuana, imponendosi come autore di musica sacra a soli diciannove anni; composto, nel 1763, le sue prime opere, “La Pupilla” e “Il mondo alla rovescia”, seguite da “L’idolo cinese” e da il “Socrate immaginario”; sposato nel 1772 Cecilia Pollini e nel 1789 battezzato con grandissimo successo la “Nina pazza per amore” nei giardini della Reggia di Caserta, morì nel 1816. Nella sua città natale, pur ricordato e celebrato da associazioni di volontari, non gode di molta attenzione. Lo stabile, acquistato dal padre nel 1754, è in stato di abbandono e di degrado; la targa affissa sulla facciata quasi illeggibile. Nel dicembre del 2014 rifiuti e robacce sparsi all’interno presero fuoco e i locali furono giudicati inabitabili, per cui venne allontanata una famiglia nullatenente che vi aveva trovato rifugio. Insomma questa gloria tarantina alla quale nel 1907 Vincenzo Fusco intestò uno stabilimento balneare e nel 1915 un teatro tra le vie Mazzini e De Cesare, entrambi chiusi da tempo, hanno eretto un monumento, inaugurato nel 1960; dedicato una via nella città vecchia; ma lo stabile in cui nacque e visse parte della sua esistenza ha quasi bisogno delle grucce, e nessuno pensa a restaurarlo per valorizzarlo come museo.
L'assessore Scialpi con Annese
La memoria corta e l’incuria consentono all’erba selvaggia d’infiltrarsi tra le ferite di questa culla illustre (mi viene in mente “Tàrde vècchie mjie di Alfredo Nuniato Majorano). “Anche ad altri è stata riservata da noi quella sorte”, commenta un amico che ha la musica nel sangue. A Martina invece si apre il Festival proprio con un’opera di Paisiello “eccezionalmente ricca di pezzi d’assieme”, ha spiegato Alberto Triola, un’opera “in cui Paisiello esalta il meccanismo teatrale caratteristico del genere comico”. Un drappello di personaggi stravaganti – ha proseguito – “di varia caratterizzazione ed estrazione sociale, colti in un complesso intreccio di interessi contrastanti, nell’alternarsi di una tavolozza di sentimenti (seduzione, gelosia e competizione) si muove all’interno di una dimensione apparentemente realistica e quotidiana, in realtà perfettamente idealizzabile…con ambizioni, meschinità, egoismi e fragilità secondo i caratteri della satira e dei costumi del tempo…”. “La grotta di Trofonio” –frutto della collaborazione con la Fondazione del Teatro San Carlo di Napoli - andrà in scena per la prima volta in tempi moderni nel cortile di Palazzo Ducale il 14 e il 31 luglio. Il 30, il 2 e il 4 agosto sarà la volta, in prima assoluta mondiale, dell’inedita “Francesca da Rimini” di Saverio Mercadante.
Il presidente Punzi con Sergio Escobar
“Si tratta - ha sottolineato Triola nella conferenza stampa - di uno dei progetti più ambiziosi dell’intera storia del Festival della Valle d’Itria, che allinea un grande titolo di un compositore tra i maggiori dell’Ottocento italiano, un soggetto leggendario e due personaggi divenuti archetipi culturali per l’Ottocento: Paolo e Francesca, gli sfortunati amanti immortalati da Dante nel V canto de ‘La Divina Commedia’”. Nato ad Altamura nel 1795, Mercadante studiò anch’egli a Napoli, con i maestri G. Tritto, G. Furno, N. Zingarelli. Debuttò in qualità di operista nel 1819 e fu maestro di cappella nel Duomo di Novara dal 1833. Nel ’40 fu nominato direttore del Conservatorio partenopeo. Di lui si ricordano anche “Il bravo”, “Il reggente”, “Il giuramento”. Morì all’ombra del Vesuvio nel 1870. A Martina “Paolo e Francesca” avrà maestro concertatore e direttore d’orchestra Fabio Luisi e nella veste di regista Pier Luigi Pizzi, “che sta preparando una lettura destinata a sorprendere, essendo improntata sul più asciutto dei minimalismi possibili: i protagonisti si muoveranno all’interno di uno spazio scenico
Il dott. Basso e Annese incontrano il presidente Punzi
completamente vuoto, scosso da chiaroscuri di una colossale vela nera…”. Pizzi torna a Martina dopo vent’anni. Lo intervistai, allora, la sera in cui stava per far ritorno a Venezia e tra l’altro mi decantò la bellezza del barocco. “Percorro queste strade e stradine con il naso all’insù, affascinato”. Era attratto dalle ringhiere spanciate, e non solo da quelle. A dicembre fu protagonista come regista alla Scala, se non sbaglio nella “Medea”. Il cartellone del Festival comprende anche “Baccanali” di Agostino Stefani; e “Così fan tutte” di Mozart, con la direzione di Fabio Luisi; due serate prestigiose nel Chiostro di San Domenico: un omaggio a Henze e Boulez e “Giochi di Eros” con un inedito dittico in inglese, “Hand of Bridge” di Samuel Barber e “The Bear” di William Walton da Cechov. Per l’opera in masseria riecco Paisiello con “Don Chisciotte della Mancia”.
Non mancheranno i concerti, oltre al consueto appuntamento con i più giovani nell’ambito delle finalità anche educative del Festival perseguite grazie all’impegno della Fondazione Paolo Grassi diretta da Gennaro Carrieri. Lo ha ricordato Franco Punzi, introducendo il suo discorso con un omaggio a Paolo Grassi, che sempre incoraggiò ed esaltò la rassegna martinese, e a Nina Vinchi, che fece altrettanto e donò a Martina la biblioteca di famiglia. Il presidente ha quindi salutato il direttore del “Piccolo” Sergio Escobar, che ha ricambiato ribadendo che “scegliersi i compagni di viaggio è un diritto che rivendichiamo… e noi abbiamo scelto Martina, che ha un livello artistico molto alto, la responsabilità di esplorare in modo originale gli aspetti musicali…Martina è parte essenziale della cultura musicale italiana…”. Martina ha mantenuto la sua identità, ha ripreso Punzi. Martina incrementa l’importanza del Festival, con amore, entusiasmo, impegno, chiarezza, competenza, sostenendo, stimolando soprattutto i giovani, per i quali questo palcoscenico è un trampolino di lancio. Punzi ha poi letto il messaggio del presidente della Regione Puglia, Emiliano, il quale si è detto convinto che il Festival “continuerà negli anni a veicolare i valori della cultura e le qualità che da sempre hanno caratterizzato questo angolo meraviglioso della Puglia”. Che va visitata, per il Festival, ma anche per la magia del paesaggio. “La Valle d’Itria, spaziosa senza spreco e fiabesca con quei birilli che contrabbandano case ha fatto esclamare più volte da un terrazzo di Locorotondo: ‘Ma questa è la patria di Andersen!’”. Parola di Giuseppe Cassieri in “Radici di Puglia”.

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