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mercoledì 26 settembre 2018

Al Trianon si esibì anche Totò


Aldo Fabrizi del grande scultore pugliese Federico Moccia

OFFRI’ LE SUE SCENE A MARINETTI

E A EDUARDO PER LA SUA “FILUMENA”


I genitori premiavano i loro figli con

un biglietto, costo 2 lire, per quel

teatro, nato nel 1905.


Il fascismo, che non amava i nomi stranieri,

lo fece ribattezzare “Mediolanum”.


Calcarono quel palcoscenico tutti

I grandi nomi dello spettacolo.




Franco Presicci

Quante stelle brillarono al Trianon, il teatro che stava in corso Vittorio Emanuele, fra l’Albergo Corso e la Galleria Tre Arti. Il Trianon, data di nascita 1905, ospitò tra l’altro il Teatro milanese di Cletto Arrighi (al secolo Carlo Righetti di professione avvocato) ed era molto frequentato da giovani benestanti, attirati dagli spettacoli, in dialetto (“el barchett de Boffalora”, per fare un esempio, andato in scena nel novembre 1870), dai balletti e dalle riviste. Filippo Tommaso Marinetti lo utilizzò per le sue opere futuriste (aveva fatto pubblicate sul “Figaro”, il 20 febbraio del 1909 il testo del primo manifesto del movimento da lui inventato) ed Eduardo De Filippo per la prima rappresentazione milanese di “Filumena Marturano”.

Piero Mazzarella con Presicci
Nel 1938 il Trianon venne ribattezzato Mediolanum per volere del regime, che non amava i nomi stranieri. Nel ’43 venne distrutto dalle bombe come tutto il corso Vittorio Emanuele; e nel ’54 la facciata, ricca di vedute di ispirazione floreale, fu incorporata in una costruzione di Lorenzo e Giovanni Muzio in via San Paolo, poi piazza Liberty. Dopo la paura degli ordigni che gli aerei sganciavano dal cielo, le rinunce, i sacrifici, i milanesi si scossero, presi da una gran voglia di rifarsi, di cantare, ballare; e sorsero le sale in cui si potevano scatenare: la Sirenella in via Rovello; la Taverna Ferrario in via Meravigli… Nel ’48 rinacque il carnevale ambrosiano; comparirono i “nights”, come il Marocco, l’Astoria, il Maxime, la Porta d’Oro… Il Trianon, ormai Mediolanum, era in concorrenza con il Nuovo, l’Odeon per accaparrarsi le grandi compagnie di Erminio Macario, Wanda Osiris, Carlo Dapporto, Renato Rascel, Nino Taranto… Nuto Navarrini, milanese, che avendo esordito giovanissimo come primo comico e in dieci anni mietuto successi con le compagini Lombardo, Maresca, Regini… interpretò e mise in scena tra l’altro oltre cento operette in Compagnia con Isa Bluette, facendo esplodere risate nelle platee.
Piazza San Fedele

Poi si eclissò per un breve periodo, ma era troppo innamorato di Milano per restare assente a lungo. Così un giorno pensò bene di andare a divertire nuovamente i milanesi al Trianon, già ribattezzato Mediolanum. Al Trianon arrivò poi una regina: Anna Fougez, nome d’arte di Annina Pappacena Laganà, nata a Taranto da una famiglia molto nota e abbiente, occhi neri, neo sulla guancia destra, elegantissima, eccentrica fra le luci della ribalta, forte, superba, volontà ferrea, sicura di sé, al di sopra di tutte, comprese Isa Bluette e Lydia Jhonson, stelle anche loro al Trianon. La seconda si presentava in frac dorato, un cilindro di strass e le unghie in rosso pompeiano. La Fougez raccoglieva consensi. “Una grande signora che canta canzoni ammantate di ermellino”, secondo il principe Umberto di Savoia; “La Clitemnestra di Marechiaro”, per Guido da Verona; “Entusiasmò le platee non solo con il fascino della voce e l’eleganza, ma anche con la grazie e la signorilità che la distinguevano”, per Eligio Possenti, autore e critico teatrale (suo “Milano a teatro ieri e oggi”), dal ’29 al ’64 direttore de “La Domenica del Corriere”. Per lei nel 1919 E. A. Mario, al secolo Giovanni Ermete Gaeta, poeta, che molto doveva a un cliente disattento che, avendo dimenticato nella bottega del padre un violino, gli aveva dato involontariamente l’occasione d’imparare a suonarlo, scrisse “Vipera”, forse ispirato dal braccialetto d’oro a forma di serpe che la “star” portava al braccio.

La galleria
Nel mondo sfolgorante dello spettacolo la Fougez ebbe una sola amica, Mistinguette, attrice e cantante francese, che aveva fatto il suo debutto con grande successo nel 1895 al Casino de Paris, dopo aver svolto l’attività di venditrice di fiori in un ristorante, cantando ballate popolari. La “vedette” tarantina ballava il tango con Thano e il bolero con Dapporto. La gente impazziva per lei, che allora cantava al San Martino e Gino Franzi al Trianon. Al di fuori delle luci della ribalta aveva amici di altissimo livello, tra cui Coco Chanel. Non dimenticò mai Taranto. Nel ’40 fu nella sua città, applaudita al Teatro Orfeo, che s’illuminava per le recite dei più grandi nomi del teatro (Elsa Merlini, Emma Gramatica, Eduardo, Calibri…); e a Taranto volle essere sepolta. Al Trianon giunsero lo “chansonnier” fiorentino Odoardo Spadaro, grande personalità del Caffè-concerto, fantasista e imitatore, per la sua eleganza e simpatia comparato a Maurice Chevalier, e protagonista nel varietà dal 1918 nella Sala Umberto di Roma; e la danzatrice Lucia Maiorano. E Ettore Petrolini, che nel 1915, già rientrato dagli Stati Uniti, formò una sua Compagnia e rappresentò riviste, commedie, farse. Amante della satira mordace, improvvisatore, irraggiungibile nelle sue macchiette, geniale, creatore di tipi che i suoi “fans” ricordano ancora, da Gastone a sor Capanna, a Fortunello…
Piazza Scala  nel 1850 circa (Raccolta Bertarelli)

Nel 1908, al rientro dagli Stati Uniti, dette vita a spettacoli sfavillanti, svegliando i critici che lo avevano ignorato. Il Trianon fu un teatro ambito anche da tanti artisti provenienti dall’avanspettacolo, che lo consideravano un trampolino di lancio, una referenza di prim’ordine. Nel 1909, il grande Totò, che desiderava vedere almeno una volta seduto in prima fila Cesare Zavattini, non sapendo che lo scrittore e sceneggiatore andava molto spesso ad ammirare il suo Pinocchio, assieme a Salvatore Quasimodo, Raffaele Carrieri, Leonida Repaci… Il principe della risata, com’era definito Totò, confidò il suo cruccio in un incontro all’Hotel Plaza a Gaetano Afeltra. “Noi siamo gente di varietà - proseguì l’attore – da noi i professori non vengono; Renato Simoni non viene, non abbiamo la critica del ‘Corriere…’”.
Guido Lopez
Il giornalista dal “curriculum eccellente (tra l’altro direttore del “Corriere d’Informazione”, vice del “Corriere” e direttore del “Giorno”, amico di tanti personaggi, a cominciare da Indro Montanelli) riferì lo sfogo in uno dei suoi tanti “amarcord” l’11 luglio ’86 sul quotidiano di via Solferino, dove ricostruiva i giorni della sua infanzia ad Amalfi, seguiti da molti lettori del quotidiano. Da Martina Franca un “fan” ultrasettantenne, maturità classica e già collaboratore del sindaco Ulderico Motolese, gli mandò in regalo un trullo in terracotta e “don” Gaetano, che conosceva e applicava le buone maniere, dal suo studio all’ultimo piano del Palazzo dell’Informazione in piazza Cavour gli rispose con un biglietto che il martinese conservava come una reliquia. Il dopo-Trianon, fra suoni e canti, buffet freddo, caffetteria, champagne si svolgeva in una sala circolare sottostante: il Pavillon Dorè, che aveva un telefono bianco su ogni tavolo. Nel locale, dove suonò il piano dal ’37 al ’41, Giovanni D’Ani, autore de “O mia bela Madunnina”.
Presicci,Caselli, Walter Chiari
Da giugno a settembre i meneghini potevano, accomodarsi nel Trianon-giardino, dove nel 1911 Peppino Villani propose la canzone “Nimì Tirabusciò”. Nel ’38, come detto, il Trianon divenne Mediolanum e avviò le carriere di Walter Chiari e di Ugo Tognazzi. Nel ’51 ecco le sorelle Diana, Pinuccia e Lisetta Nava in una rivista che aveva come comici ai primi passi Gino Bramieri (che da ragazzo inventava scene comiche nei ricoveri antiaerei milanesi e esordì con Macario nel ’49 in “Votate per Venere”), Raffaele Pisu e Gianni Caiafa. Dopo Navarrini fu il turno di Gennaro Pasquariello, asso napoletano del Cafè-chantant e del varietà, oltre che macchiettista acclamato in tutti i teatri d’Europa, dopo essersi affermato ai primi del Novecento al Margherita di Napoli. Non mancò Nino Taranto con “Venticello del Sud”, oltre agli attori milanesi, tra i quali Anna Carena, Emilio Rinaldi e la Compagnia Ambrosiana con “La ciacera che gh’e in gir”, di Zambaldi. ”Pettenet (pettinati) “che te meni al Trianon”, dicevano i padri ai figli. Il Trianon nel corso degli anni è stato una meta preferita di tante persone e anche di intellettuali, per le riviste scritte da autori famosi, come Giovanni Manca, che nei suoi disegni per il “Corriere dei Piccoli” attingeva dalla vita quotidiana. Al Trianon si potevano incontrare personaggi come Campigli, Marino Marini… Quando i genitori volevano premiare i figli diciottenni regalavano loro il biglietto del Trianon, costo 2 lire. E spesso li accompagnavano. Quando il fascismo impose agli amministratori di cambiare nome al teatro, molti milanesi ebbero una stretta al cuore. Nome a parte, il Trianon, diventato Mediolanum, continuò la sua attività ricca e prestigiosa.






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