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mercoledì 22 maggio 2019

Una notte su una motovedetta della Guardia di Finanza


A CACCIA DEI CONTRABBANDIERI
DI ARMI E SOSTANZE STUPEFACENTI
Trent’anni fa sul “Nuziale”, un natante
veloce e sofisticato. I racconti del capitano
Gustavo Ferrone e i ricordi del cronista. I
trucchi per sfuggire alla trappola delle
“Fiamme gialle”. Gli affari da capogiro e
le alleanze fra clan.


Franco Presicci

La mia insaziabile curiosità mi portò una notte del settembre 1987 sul “Nuziale”, un guardacoste della Guardia di Finanza veloce e sofisticato. Mi eccitava il pensiero di seguire le “Fiamme gialle” che andavano a caccia delle imbarcazioni dei contrabbandieri di armi e di droga. E, ottenute le necessarie autorizzazioni dal comando generale del corpo a Roma, per due o tre sere telefonai al colonnello, trasferito da Milano come comandante del quartiere generale di Bari, che m’invitava ad avere pazienza perché il mare era in tu
Imbarcazione in dotazione alla Guardia di Finanza
multo. Alla fine gli dissi amichevolmente (lo avevo conosciuto frequentando come cronista de “Il Giorno” il Nucleo di polizia tributaria di via Fabio Filzi, che, se l’equipaggio usciva ugualmente, io potevo essere della
partita. Ed eccomi a bordo assieme a un capitano ventisettenne, Gustavo Ferrone, simpatico, intelligente, esperto, di Formia, che non si curava dei cavalloni e degli schiaffoni d’acqua che aggredivano il motoscafo. Improvvisamente sentii il rombo di un piccolo elicottero che ci sorvolava a un metro dalla poppa, a cinque o sei d’altezza, con funzione di scorta temporanea; come l’altro guardacoste al seguito, il “Drago”, 50 miglia orarie, due motori Isotta Fraschini da 350 cavalli l’uno, lunghezza 12 metri. Il capitano: “Adesso ce ne stiamo seduti qui e alle 23 gusteremo un bel piatto di spaghetti con il sugo preparato da…”. Non ricordo il nome del ”cuoco”, sicuramente abile non soltanto nell’arte culinaria. Gli “spalloni” sapevano che le “fiamme gialle”, nonostante la furia del tempo, erano uscite, come del resto avevano fatto loro. “E’ probabile che ci vada bene. Quelli ricorrono a mille espedienti per evitarci”.
Festa della G.F.-In prima fila a destra,Lorenzo Reali












Si ballava, ciononostante ero molto attento alle parole di Ferrone: “Il contrabbando è molto attivo in Puglia, e viene svolto con motoscafi che per ragioni di autonomia battono i litorali di Brindisi, Ostuni, Bari. E hanno anche on motopescherecci che tendono a mimetizzarsi tra quelli dei pescatori che operano nel basso e medio Adriatico, il tratto di costa a nord di Barletta e l’intero litorale garganico”. L’ufficiale proseguì: “Negli ultimi anni è stata notata una vasta collaborazione tra le organizzazioni locali ed elementi dell’area napoletana, che oltre ad assicurare un supporto logistico con la fornitura di sempre nuovi natanti provvedono a smistare i carichi nei luoghi di consumo. Ed è proprio la presenza partenopea ad accelerare il processo della conversione nella più lucrosa attività del traffico delle sostanze stupefacenti. Com’è dimostrato anche dal sequestro, un paio di anni fa, del cargo honduregno che trasportava nella stiva 2335 chili di hascisc, e dalla quantità di barche velocissime e molto attrezzate di cui dispongono i contrabbandieri”.
L’ufficiale raccontava e ogni tanto mi chiedeva: “Come va? Quest’inferno le dà sta dando fastidio? Se vuole rientriamo”. “Ma no, sto bene. Non posso rinunciare agli spaghetti che mi ha promesso”. Ferrone riprese: “E’ falsa l’idea che la gente ha dei contrabbandieri. Costoro non sono più quei personaggi romantici che attraversavano i monti con i sacchi sulle spalle. Sono figuri che fanno affari da capogiro con droga e armi”.
Imbarcazione Guardia di Finanza
Il “Nuziale”, classe Meattini, lungo 20 metri, due motori da 1200 cavalli, una velocità di 32 nodi, partito dal porto di Bari quasi planando, navigava verso Molfetta. Saltava come un canguro, beccheggiava, rullava, quasi si rovesciava investito da bordate d’acqua.
Il “Drago” era tornato indietro, anche perché il mare lo sollevava come una pulce e lo faceva ricadere paurosamente di pancia tra un cavallone e l’altro. Ferrone continuava: “Nel Brindisino, nell’Ostunese, nel Barese, i motoscafi clandestini di solito sono alla fonda nei porti di Savelletri, Torrecanne, Villanova e Brnidisi, ma anche nei porti di Molfetta, Mola di Bari e dello stesso capoluogo. Nel recente passato le consorterie avevano rapporti di sudditanza con quelle più compatte e articolate del circondario di Fasano; ma ultimamente si sono affrancate e hanno barche con grande autonomia e molto veloci. “I tabacchi lavorati esteri provengono da navi-emporio ancorate nel porto di Durazzo…”. Dopo averli prelevati, gli “sfrosador”, come il gergo definisce i contrabbandieri, li scaricavano sulle coste e da qui, con i camion, li trasportavano nei mercati illegali di Napoli, Roma, Milano, Torino, Bologna.
Presicci con i Generali della Guardia di Finanza Soreca e Reali
Il capitano conosce molto bene il suo lavoro. Ogni mia domanda trovava la sua risposta pronta, precisa, circostanziata. “Il movimento è nelle mani di quattro o cinque persone che incamerano un centinaio di miliardi l’anno. A Bari agiscono quattro capimaglia: i personaggi che predispongono la manovalanza pilotata dagli ordini in codice dati via radio”. Gli uomini in mare si disfacevano della “roba” appena si accorgevano di essere incalzati dal “Drago”, dal “Nuziale” o daaltri mezzi dei finanzieri, sempre solleciti, accorti, coraggiosi. I trucchi per aggirare gli inseguitori erano molti. Appena si sentivano in pericolo avvisavano i complici a terra e questi mandavano subito un'altra barca, pulita, facendo in modo che la finanza seguisse questa e non l’altra con il carico, che a volte riusciva così a farla franca.
Tante anche le curiosità. Una notte un motoscafo si era perso ed era finito in un punto diverso da quello prestabilito. L’equipaggio criminale cercava di dare la propria posizione ai complici a terra, ma tra una parola e l’altra commise un errore e fu localizzato da chi, secondo loro, non doveva; e finì in trappola. Il capitano era inesauribile, scrupoloso, amante del dettaglio: “I pagamenti avvengono via telex. In passato non sono mancate le truffe tra clan rivali, e hanno trovato la soluzione: il rappresentante di uno di questi andava nella baia di Durazzo, imbarcava le sigarette che vi arrivavano con i camion di Amburgo e ne attribuivano l’acquisto ad un falso concorrente. Adesso, per evitare i bidoni, chi deve comperare chiama via radio al mattino e dà i connotati del mezzo e dei messaggeri”.
Guardia di Finanza
Il “Nuziale” continuava a fronteggiare le onde. Chiesi a Ferrone di raccontarmi qualche operazione riuscita. “Una fresca fresca. Qualche settimana fa, alle 20, 45, a sei miglia al largo di Monopoli, abbiamo avvistato un motoscafo che andava verso la costa a luci spente con a bordo due persone. Lo abbiamo illuminato con i fari, gli abbiamo dato l’alt, ma quello ha accelerato, gettando in acqua il carico di sigarette e lunghe cime che stando alle loro intenzioni avrebbero dovuto impigliarsi nelle nostre eliche, bloccandoci. Noi l’abbiamo inseguito fino a mezzanotte, raggiunto, siamo saliti a bordo, neutralizzando i due”.
Il capitano, comandante della stazione navale del capoluogo pugliese, alto, occhi di antracite, mobilissimi, ricordò al cronista il piatto di spaghetti. “Vedrà che sugo!”. “Meglio di no. Con questo mare accigliato è meglio che lo stomaco resti vuoto”.
Bastò un caffè, anche quello fatto a regola d’arte, ma dall’ufficiale, che non sembrava avvilito dall’uscita andata a vuoto.
Io lo fui qualche giorno dopo, quando seppi che gli finanzieri guidati da Ferrone, erano saliti su una nave che aveva, nascosta tra le “pareti,” armi e droga. Se avessi seguito il consiglio del colonnello e pazientato per altre 48 ore, avrei fatto uno “scoop”.
Fabrizio Capecelatro dedica una copia del libro
Copertina libro Capecelatro



















Da quella notte sono trascorsi 32 anni. Il capitano Ferrone, che rividi due giorni dopo a Torre Canne, dove ero con il pittore barese Filippo Alto, sarà stato promosso generale e molte cose sono cambiate. Ogni tanto mi viene in mente quell’avventura entusiasmate. Me l’ha riportata alla mente il libro di Fabrizio Capecelatro, “Lo spallone” – Io, Ciro Mazzarella, re del contrabbando” (presentato da Peter Gomez), che fa anche un po’ la storia di quel traffico e dei suoi mezzi, dalle barche a remi del primo dopoguerra agli “scafi blu”... Don Ciro si racconta in queste pagine con schiettezza e racconta il contrabbando del fumo con dovizia di dettagli.
Ripenso con nostalgia a quegli anni (alla mia età restano i ricordi), alle caserme della Finanza, in via Fabio Filzi, in via Melchiorre Gioia, in via Medici del Vascello, in corso Sempione… e agli ufficiali poi promossi generali: Soreca, Maffei, Rabiti…

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