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mercoledì 12 giugno 2019

Luigi Frisoli, intelligente e dinamico



Frisoli con il giocatore Coco
COSTRUI’ CON I FRATELLI

LA LOMBARDINA CHE ALLEVO’

CAMPIONI DEL CALCIO


Il Comune di Milano, riconoscendo i suoi

meriti, gli dette l’Ambrogino d’oro e altri

premi importanti. Nato in Capitanata, si 

era trasferito nel capoluogo lombardo, 

dove divenne un personaggio. Amava il

dialogo, era schietto, gentile e generoso.






Franco Presicci
Non ha mai indossato una maglia da calciatore; e non ha mai dato neppure una pedata ad un pallone. Eppure, i campioni, il rettangolo di gioco e l’erba che lo tappezza, gli spalti da cui la domenica esplodono applausi ed incitamenti a squarciagola lo entusiasmavano. Nei suoi ricordi, fra i tanti, restava una parata in porta, effettuata per caso, durante la pausa di un allenamento: la partita era tra ragazzi, che avevano soltanto la volontà di guadagnarsi una vittoria.
Luigi Frisoli
“Sono sempre stato in panchina, affascinato dalle geometrie che venivano disegnate sul campo, da un tiro che violava la rete con la velocità di una saetta. Luigi Frisoli, allora 84 anni, cavaliere al merito della Repubblica, nel febbraio del 2010 mi ricevette nel suo studio alla Lombardina, la società di calcio per aspiranti cannonieri da lui fondata nel ’69 assieme ai fratelli Romeo e Francesco, accogliendomi a braccia aperte. Mi era stato presentato mesi prima in un oratorio dell’Isola Garibaldi, a pochi passi da piazzale Lagosta, e mi era piaciuto per la sua giovialità e la sua schiettezza. Accennò subito alla Lombardina, di cui era presidente, sollecitato da un comune amico che lo frequentava da tempo. Gli promisi una visita nel suo territorio, che diceva essere un elisir di lunga vita, “perché stare con i giovani si campa tanto”, e andai a in un mercatino di cose antiche poco distante che stava per chiudere i battenti. Non feci passare molto tempo: gli telefonai, mi fissò un appuntamento al giorno successivo, ed eccomi dinanzi a lui, nel suo ufficio di via Sbarbaro, pieno di coppe conquistate e di quadri appesi alle pareti, da cui occhieggiava assieme a Fraizzoli, Moratti, Prisco e ad altri famosi dirigenti dell’Inter, la squadra da lui amata. Il suo cuore naturalmente pulsava anche per le sue “nove squadre, dai pulcini agli esordienti della massima serie, 40 bambini della scuola-calcio, accanto all’Inter campus, diretto da Beppe Baresi a cui il nostro club è associato”. Sorrideva amabilmente, orgoglioso della sua creatura. “Se nella mia nidiata c’è un elemento che mostra di possedere le doti necessarie, l’Inter ha la preferenza nel reclutarlo”. Gli chiesi da chi altro fosse affiancato nel suo lavoro quotidiano, che svolgeva con un piacere immenso, e si soffermò sul fratello Francesco, direttore tecnico del sodalizio, e su Egidio Pezzoni, che aveva scoperto autentici talenti, tra cui Calcaterra e Minaudo. “Tutti sono passati da questo spazio. 

La Lombardina
Mi viene spesso in mente, come se fosse ieri, il giorno in cui il Comune ci consegnò l’area di via Enrico Fermi, in zona Niguarda. Facemmo la pulizia, allestimmo i servizi, gli spogliatoi, le docce, il bar, un ristorante dove vengono a sedersi sportivi acclamati, compreso Coco, e altre persone importanti”. Ne ha avute di soddisfazioni Luigi Frisoli, questo foggiano non molto alto, calmo, comprensivo, ricco di amici anche “in alto loco”. “Mi sono nutrito soprattutto di calcio. Quando alla Lombardina è in programma una competizione, io vivo la vigilia come una festa. E festa è con tutti quegli spettatori, grandi e piccini, uomini e donne, che applaudono come forsennati, sperando che i pargoletti diventino goleador”. So che qui sono stati allevati degli assi. “Per esempio, Massimo Brambati, il grande terzino del Torino, arrivato quando aveva soltanto 8 anni”. Nella sua famiglia moglie, figli, generi, nipoti fanno il tifo per la Lombardina? “Sette fratelli, una sorella, tre figli. 3 nipoti, mia moglie Wanda, buona, generosa, intelligente, che m’incoraggia, mi segue, mi apprezza, e tutti gli altri”. Era piacevole conversare con lui. Aveva una memoria inossidabile. Le sue parole erano come le ciliegie: una tira l’altra. Non si aveva bisogno di fargli domande: le anticipava, anche se sapeva ascoltare. Aveva pazienza. Non gli importava se le ore passavano e lui aveva lettere da scrivere, telefonate da fare. Tutto poteva aspettare se c’era un ospite curioso di conoscere meglio il frutto della sua laboriosità e della sua intelligenza. “Grande è la gioia di stare con un amico, perché, se mi permetti, io ti considero tale. Parlare con un giornalista può essere pericoloso, ma con te vado sul sicuro, già la prima volta ho capito chi sei: hai sensibilità, comprensione, sei interessato alla gente che costruisce, e io con i miei fratelli ho costruito la Lombardina. 

Luigino Frisoli
Me lo ha riconosciuto anche il Comune, che mi ha premiato con l’Ambrogino d’oro” per gli anni passati ad alimentare lo sport in questa organizzazione, fabbrica di giocolieri del pallone, contesi da squadre rilevanti. Anche Coco ha fatto qui il provino per entrare nell’Inter. Venne soffiato dal Milan, ma ci ripensò e tornò a casa”. Io non m’intendo di calcio: nella mia vita ho visto da ragazzo sì e no scampoli di partite le volte che il l’Arsenal-Taranto vinceva e aprivano le porte agli squattrinati che restavano fuori. Ho assistito a una rovesciata di Bagigalupo (se non ricordo male era proprio lui), che mi apparve una spettacolare acrobazia da circo equestre. Eppure, quando qualcuno mi parla di volate da un palo all’altro, di giocate sull’uomo, di trame offensive mi cattura”. Frisoli (“Luigi”: mi corresse), continuiamo con la Lombardina. “Nel ’68, Mario Festa, un uomo tutto cervello, ebbe l’idea di una società di calcio giovanile. Ne parlò con me e con i miei fratelli Romeo, che era suo genero, e Francesco, e non avemmo esitazioni. Eravamo al bar “Il Giardinetto” di via Maloia, uno dei tanti locali in cui gruppi di sportivi s’incontravano e discutevano di finte, sforbiciate e ribattute. L’anno dopo realizzammo il nostro sodalizio, dopo aver ottenuto il terreno dal Comune grazie all’assessore Gianfranco Crespi, che, va detto, concretizzò tante opere, compresa la piscina Scarioni”.
La via della Lombardina

Quindi la Lombardina ha festeggiato i 40 anni di vita? “Proprio così. L’abbiamo messa in piedi con tanto impegno e con le nostre forze; ed è per noi una gioia vedere tanti ragazzi agganciare la palla, svirgolare, duellare, bombardare la porta. Quando cominciammo a recintare e ad allestire i muri dei vari locali c’erano già due grosse società: la Folgore e la Niguardese, che c’è ancora, e noi andammo a pescare assi all’Isola. Quindi ci distribuimmo i compiti: io tenevo i contatti con gli enti, Romeo era il direttore generale e Francesco, che aveva giocato nella Baranzatese, il tecnico. Partimmo con le prime squadre di ragazzi di 14-15 anni, che al primo campionato si aggiudicarono la vittoria, e una Terza categoria di giovani oltre i 20. Istituimmo la scuola-calcio per i bambini fino agli 8 anni, facendo seguire Pulcini, Esordienti, Allievi, Juniores, under 21. Io ero presidente anche del convitto Achille Ricci, di fianco a noi, e proposi a Sandro Mazzola di acquistare lo spazio attorno. Accettò e sorse l’Inter Campus, intitolato a Giacinto Facchetti, dove si coltivavano, come da noi, le speranze del club nerazzurro”. Insomma la Lombardina è nido, palestra, fucina. “Tutto questo. E ci viene riconosciuto. 

Luigi Frisoli
Nelle occasioni solenni sono sempre presenti l’assessore Crespi, i sindaci Aniasi, Tognoli e altre personalità”. Avete sfornato diversi campioni. “Uno di questi, ripeto, Massimo Brambati”. Senti, presidente… M’interruppe garbatamente: ”Devo precisare: io oggi sono il presidente onorario. Quello effettivo è l’ingegner Massimo Cabrele” (suo genero). L’Inter vi ha dato fiducia e prestigio. “Certo. Sul nostro campo principale giocano tre squadre dell’F.C. Internazionale: i Giovanissimi nazionali, i Giovanissimi regionali e gli Allievi regionali. La Primavera su quello limitrofo”. Tu ti sei mai cimentato? Così, tanto per provare. Hai tirato qualche volta una pedata alla sfera di cuoio?”. “Mai”. Cambiamo argomento: Qual era la tua professione? “Nel ’47 cominciai a lavorare all’informazione medica di un’industria farmaceutica, dove in seguito diventai direttore commerciale”. Com’era allora Milano? “Circolavano molte bici, pochissime auto e pochi motorini. Io andavo su una Vespa neonata”. Ti piaceva Milano? “Mi piace anche adesso. E’ ospitale, industriosa, con angoli bellissimi. Penso al Naviglio Grande e ai mestieri che accoglieva nei cortili delle sue case: diciamo, vicolo dei Lavandai, dove avevano lo studio Aldo Cortina e Guido Beruzzi, Sarik e tanti altri”. Ricordi di quegli anni? Il ’47, per esempio. “Nacque il Piccolo Teatro; Remigio Paone, impresario teatrale geniale, prese in mano il Teatro Nuovo; in consiglio comunale si discuteva dell’aumento del prezzo del biglietto del tram; al Giro d’Italia vinse Fausto Coppi; caddero 20 centimetri di neve; i pendolari erano 200mila; la città pullulava d’idiomi; sorgevano nuovi palazzi; all’Excelsior si rappresentava ‘Piccoli borghesi’, di Gorkji; gli abitanti erano un milione e settecentomila…”. E la gente? “Era più disponibile”. Luigi Frisoli è scomparso qualche anno fa, e quando passo davanti alla Lombardina, famosa in tutta Milano, e non solo mi prende la malinconia. Se è giorno di partita e gli spalti come sempre formicolano di appassionati, penso che lui, lassù, è felice.













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