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mercoledì 4 settembre 2019

Radio Meneghina ha compiuto 43 anni


Tullio Barbato
L’EMITTENTE DEI MILANESI E DEI FORESTI CHE VIVONO NELLA TERRA DEL PORTA



Fondata dal giornalista Tullio Barbato non trasmette soltanto commedie, programmi culturali e d’informazione. Ha regalato alberi destinati alla Montagnetta di San Siro, sorta con le macerie degli edifici danneggiati dalle bombe dell’ultima guerra, e realizza tante altre iniziative.





Franco Presicci

Qualche mese fa Radio Meneghina, l’emittente dei milanesi, ha compiuto 43 anni; e il suo Ghino, seconda metà del nome Meneghino (la tradizionale maschera della terra del Porta), simbolo emerso nel ’77 dalla matita di Davide Scaluzzi, non si è limitata per l’occasione a fare l’occhiolino agli ascoltatori, ma ha espresso contentezza. Sotto la sua insegna Tullio e Luca Barbato, che siedono sulla plancia, in tanti anni hanno diffuso centinaia di programmi la settimana: di poesia, prosa, musica, informazione, per bambini…; allestito concorsi letterari, festival di canzoni dialettali, destando sempre l’attenzione dei quasi 200mila ascoltatori.
Betty Curtis e Wilma De Angelis nel '77
E’ dunque una radio storica, che tra l’altro tiene vivo il vernacolo, che affascina anche chi è arrivato da lontano, dalla Puglia e dalla Sicilia. Infatti sono molti i pugliesi che, pur non avendo dimenticato la propria parlata, hanno imparato quella della città che li ha accolti. Tullio Barbato, che proprio in questi giorni ha compiuto ottant’anni, è un giornalista che ha lavorato al quotidiano del pomeriggio “La Notte”, che ebbe in Nino Nutrizio un direttore mitico. Conobbi Tullio nel ’73 (almeno mi pare che quello fosse il periodo) su uno dei gioielli della società di navigazione “Italia”: la “Raffaello”. Era in compagnia di un’altra firma prestigiosa, Vittorio Reali. Entrambi spiritosi, simpatici, senza peli sulla lingua, gentiluomini. Il capo dell’ufficio stampa, Adriano Bet, li aveva invitati anche perché a bordo si svolgeva una manifestazione che incoronava la “Signora del mare”, presenti, fra gli altri, la grande attrice di teatro Diana Torrieri, che mi fece leggere un suo libro di poesie ancora in bozze; e il notissimo mago Waldner, che faceva gli oroscopi su “Grazia”, la rivista della Mondadori.
Gigi Pedroli
In quell’occasione Bet mi affidò la confezione di un giornale da comporre nella tipografia del transatlantico e intervistai i personaggi più in vista, cominciando dai due colleghi, che sprigionarono la loro garbata ironia addirittura sulle coppe di “champagne” che avevano in mano. Entrambi alti, Reali di più, figura elegante e comportamento sostenuto; Tullio più alla mano. Con loro la traversata fu più piacevole, a detta dello stesso Bet, friulano di poche parole, ma sinceramente gentile. Quando a Tullio Barbato nel ’75 venne proposto il progetto dell’antenna, lui non sembrò tanto entusiasta. Si era alla fine di quell’anno, quando una sera al Circolo Ambrosiano, frequentato anche dai foresti, il presidente Maiocchi gli illustrò l’idea. Cominciavano a nascere le radio, la prima, nel marzo di quell’anno, la Milano-International, e una potevano crearne anche loro. Tullio, che del sodalizio era vicepresidente, ci pensò un po’ e poi disse che, sì, si poteva fare, ma soltanto per un paio d’ore la settimana. Maiocchi, felice, rilanciò: “Vada per sei ore al giorno”. La trappola, si fa per dire, era scattata. Nei primissimi mesi dell’anno successivo iniziarono gli esperimenti e il 4 marzo si accesero i microfoni, tenendo a battesimo Radio Meneghina, con Tullio Barbato direttore, che fece una dichiarazione. “Quello che avete sentito fino ad ora era soltanto una prova.
Nanni Svampa e Lino Patruno
Oggi è nata Radio Meneghina 24 ore su 24”. Ed era nata in ottima salute, con tante personalità milanesi in funzione di collaboratori. Tra queste, Luciano Beretta, assiduo a Sanremo, Meneghino in carica (la moglie Cecca di Berlinguitt, Mirna Maggi); il poeta Mino Mazzola; il cabarettista Ezio Soffientini; Giulio Busnelli, vecchio alpino agente di borsa, che frequentava il Rotary della Martesana; la poetessa Angela Martini Tessitore; il più grande cantastorie vernacolare Nino Rossi; Luciano Sada; il regista Mario Barillà, il giornalista Mario Lucchini Gabrioli poi passato alla Rai…
La Galleria
Radio Meneghina divenne un punto di riferimento per tutti i gruppi popolari che si ritrovavano sui navigli (soprattutto il Ticinello) e davano vita a tutte le feste di quartiere al Ticinese e in altre zone della vecchia Milano, da corso Garibaldi (già ”el borg di formaggiat”: il borgo dei formaggiai) con i suoi cortili che sfociano in via Ascanio Sforza, lungo il Naviglio Pavese, al Giambellino... Il raggio d’azione della Radio si allargava, allestendo spettacoli fuori onda al Teatro Massimo, al Nazionale e su palcoscenici di periferia… Le attività erano e sono numerose: raccolta fondi per mille alberi da mettere a dimora nel bosco della Montagnetta di San Siro, fatta con le macerie degli edifici e dalle case sbriciolate dalle bombe nel ’44; dodici piante in regalo da far fiorire al Parco Alessandrini... Insomma, Radio Meneghina una fucina di idee e di opere per la sua città, industriosa, generosa, ospitale, discreta, ricca di bellezze anche nascoste.
Il Naviglio Grande
Tullio Barbato mette a disposizione tutto il suo bagaglio di cultura, esperienze acquisite in anni di lavoro nei giornali (“Il Messaggero”, “Secolo XIX”, “Il Giorno”, “Il Corriere della Sera”, “La Notte”) e in agenzie giornalistiche, tra cui “L’Italia”, moltiplicando gli ascoltatori. Secondo un’indagine, questi hanno un’età media di 43 anni, per il 64 per cento donne; per il 68 in ascolto in famiglia, l’11.4 sintonizzati soltanto sulle frequenze di Radio Meneghina, che propone Milano in tutte le salse e dà spazio, oltre che al dialetto, ai Rotary e ai Lyon’s, a programmi scientifici… culturali. Tullio Barbato e Francesco Ogliari - compianto autore di centinaia di libri su Milano e di una enciclopedia dei trasporti di oltre cento volumi (molti dei quali furono da me donati alla biblioteca di Crispiano), docente universitario, già presidente del Museo della scienza e della Tecnica e fondatore del Museo dei treni, ricco di locomotive, vagoni, stazioni ferroviarie, binari, marmotte, segnali…. - fecero la storia d’Italia attraverso le pagine de “La Domenica del Corriere”. 
Presicci con Beruschi
“Il metodo – mi disse Barbato in un’intervista per il quotidiano ‘Il Giorno’ ill 3 marzo del 2007 - è improntato al rigore; il modo quello della vicina di casa che racconta una storia”. Il giornalista, autore di volumi sul terrorismo, sulle case di tolleranza a Milano, sulle balere e sui balli degli anni Cinquanta, ritiene a ragione quella di Radio Meneghina un’esperienza esaltante. Parlando con me, si mostrava felice, ricordando i suoi primi passi.
Barcone sul Naviglio Grande
“In quei giorni lontani pieni di fatti - il terrorismo che angosciava Milano con rapimenti di dirigenti d’azienda, uccisioni, ferimenti (Indro Montanelli, il vecchio leone, fu colpito alle gambe in via Manin, mentre andava al suo giornale); i cronisti del turno di notte che dovevano correre in questa o in quella strada per prendere un comunicato in un cestino portarifiuti dietro a una chiesa o in via Imbonati davanti a un’azienda farmaceutica o in via Palestro, nel mezzanino del metrò, per poi rispondere al rientro al giornale ai due carabinieri che volevano sapere il tipo di voce, la cadenza, la frase, il tono…. di chi aveva telefonato e consegnare lo scritto ciclostilato (già fotocopiato senza farsene accorgere nell’archivio del quotidiano, al pianterreno). La radio di Tullio trasmetteva notizie su notizie: la Scala, sovrintendente Paolo Grassi, in “tournèe” a Washington, con “Machbet”, “Cenerentola”, dirette da Claudio Abbado, che poi si dimise da direttore generale con una lettera al sindaco Aldo Aniasi; le pensioni di un mese pagate in ritardo per uno sciopero proclamato da un sindacato autonomo del Ministero del Tesoro… Mentre il Ghino occhieggiava, ricordando Meneghino, che a sentire Guido Lopez, scrittore e giornalista, “è senza altre virtù, anzi spavaldo solo a parole, più egoista che caritatevole, cauto per non dire pauroso e castigatore di costumi sì, ma pettegolo e servile. Tutte magagne, queste, destinate a scomparire nelle sue apparizioni successive…, nobilitato dall’attore Giuseppe Moncalvo”. Comunque Meneghin, inserito secoli fa nelle commedie del poeta Carlo Maria Maggi, è amato dai milanesi: simbolo popolaresco nella città. Lo ritroviamo in “El lavapiatt del Meneghin ch’è mort”, di Carlo Porta; e a gennaio, seduto in carrozza, nel corteo dei Re Magi diretto alle Colonne di San Lorenzo.






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