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mercoledì 23 ottobre 2019

La prestigiosissima sartoria Brancato


UN LABORATORIO PER I COSTUMI DI SCENA

PER I TEATRI PIU’ PRESTIGIOSI DEL MONDO 



Laboratorio Brancato
Ha confezionato e confeziona i costumi per
i più celebri artisti; per il Piccolo di Milano e
per la Scala, per i giapponesi, per Keita Asari,
l’esimio maestro-regista, presidente della più
famosa Compagnia di musical dell’Oriente.
Per Luciano Damiani gli abiti per il “Passator
cortese”. A fondare l’”atelier” negli anni 60
è stata Eufemia Borraccia.






Franco Presicci


Uno degli incontri più interessanti rimasto limpido nella mia memoria è quello con Mario Brancato, dell’omonima sartoria produttrice dei costumi per i teatri più prestigiosi. La nostra conversazione ebbe inizio con un dato biografico, che sottintendeva un chiarimento: “Mio padre nacque il 24 maggio del 1915, il giorno dell’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria. La notizia del conflitto destò in tutti molta preoccupazione, e al Comune, per la confusione, scrissero il cognome con la ‘i’ anziché con la ‘o’”. Quindi sperai di non scivolare sulle vocali, visto che parlavo di una sartoria teatrale importantissima e famosa in tutto il mondo. Annotai dunque il nome tutto maiuscolo e lo rilessi, mentre Brancato continuava: “Grande sarto da uomo, papà entrò nel Savoia Cavalleria con base a Pinerolo, venne fatto prigioniero dagli alleati e vestì Eisenhower. Ma non volle mai saperne della sartoria teatrale.

Luisa Spinatelli e Eufemia Borraccia
Via Rovello




















Mia madre, Eufemia Borraccia, in via Clerici, nelle ore libere, modellava abiti in casa per sé e per le colleghe”. Un giorno a Eufemia si presentò Nina Vinchi, segretaria generale del Piccolo e futura moglie di Paolo Grassi, che, orgoglio di Martina Franca (dove era nato il papà), aveva fondato con Giorgio Strehler il Teatro di via Rovello.
Abitava nello stesso stabile dei Brancato, in via Ugo Foscolo 3, e commissionò un vestito di scena per l’attrice Diana Torrieri (donna gentile, dolce, facile al dialogo, poetessa, che conobbi durante un viaggio sulla “Michelangelo”, un gioiello del mare), impegnata al Sant’Erasmo, un palcoscenico da tempo scomparso. Era il 6 settembre del 2006, quando bussai nella Sartoria per apprenderne la storia. 

Mario Brancato
Mario indossava una polo rossa e aveva il viso incorniciato da barba e baffi ben curati. Parlava con pacatezza e misurava ogni parola. Affabile, un sorriso comunicativo: “Mia mamma, che oggi ha 87 anni, cominciò a lavorare nella sartoria del “Piccolo”, che non aveva orari, quindi, nei primi anni della mia vita, dal ’56 al ’60, l’ho vista molto poco. Si era dimessa dalla banca in cui lavorava e aveva interrotto l’attività a domicilio. Nel ’61 si concesse una pausa di riflessione, mentre Luciano Damiani la incaricava di creare i costumi per il ‘Passator cortese’, che andava in scena in teatro a Bologna. Ben 160 manufatti. Quindi bisognava creare una struttura”. E nacque la Sartoria. Che negli anni ha cambiato diverse sedi: prima in via Lesmi, poi in via Carrroccio, in via del Gonfalone, in via Ariberto, ma sempre nella zona di Porta Genova. Da vent’anni siamo in via Solari 11”. Una domanda: Quali sono i personaggi-chiave della Sartoria? “Giorgio Strehler, la Vinchi, con spettacoli di Brecht, capisaldi del ‘Piccolo’, con i nomi più celebri della scenografia, da Frigerio a Diamani. Abbiamo lavorato tanto con Maurizio Scaparro e i suoi spettacoli in tutta Italia. E con Carla Fracci, suo marito Beppe Menegatti. Gli abiti per i primi Arlecchino interpretati da Marcello Moretti e da Ferruccio Soleri li ha fatti mia mamma. E in questi anni per Soleri ne abbiamo confezionati tanti”. Anche altri sono stati imporranti per la Sartoria Brancato: la grande costumista milanese Luisa Spinatelli, tra l’altro docente a Brera; Ronald Pètit, per molti anni direttore del Balletto nazionale di Marsiglia; Amedeo Amodio, direttore dell’”Ater Balletto” dell’Emilia-Romagna; Keita Asari, l’esimio maestro regista, presidente della più famosa compagnia di musical dell’Oriente, la Shiki Theatrical Company di Tokio, che è stata l’inizio del rapporto della Sartoria Brancato con il teatro nipponico. “Una delle nostre caratteristiche è stata quella di essere molto aperti alle proposte dei costumisti affermati e non. Non ci siamo limitati ad operare sempre con gli stessi”. Gli chiesi qualche curiosità, e Mario Brancato non tardò ad esporne: “Ci è capitato di tutto: arrivare con i costumi del secondo atto appena calato il sipario sul primo; provare i costumi della Fracci nella sala d’attesa dell’aeroporto di Linate tra un volo e l’altro dell’eccelsa danzatrice; vestire cantanti e ballerini chiamati all’ultimo momento per sostituire i titolari del ruolo indisposti…”. Momenti di “souspense”. In teatro può succedere di tutto. 

Piazza Missori
Era un piacere conversare con Mario Brancato, prodigo d’informazioni, di dettagli... In sartoria curava il ramo amministrativo, ma sapeva tutto sul resto. Descriveva le vicende della Casa senza lasciarsi andare all’enfasi. Era interessante, premuroso. Indovinava le domande e rispondeva senza esitazione. “Da anni abbiamo rapporti, oltre che con il “Piccolo”, con la Scala, con il ‘Maggio Fiorentino’…: E non possiamo dimenticare alcun particolare del lavoro svolto in un quarto di secolo con il Festival della Valle d’Itria di Martina Franca (la ridente città pugliese ricca di case incappucciate, i trulli, di sole e di verde, vigneti e uliveti, di sassi sagomati dal tempo e di tratturi: n.d.a.). Grazie a questa rassegna, abbiamo conosciuto e apprezzato il valore di tanti costumisti che sono poi diventati insigni (il festival di Martina è anche un trampolino di lancio per cantanti, musicisti... e rappresenta ogni anno opere mai messe in scena nel nostro tempo: n.d.a.)”. Lo invitai a parlare del lavoro con la Fracci. “Molto impegnativo e gratificante, perché lei chiede molto a se stessa e agli altri. Lavorare con lei e con suo marito ha consentito negli anni ’70 alla nostra sartoria di accrescere notevolmente la propria esperienza teatrale”. E con i giapponesi? “Agli inizi, suggestionati anche da una certa pubblicistica, credevamo che fossero tutti precisini; poi abbiamo scoperto che anche loro sanno mettere in piedi, in tempi pazzeschi, eventi non programmati. Per molti aspetti sono simili a noi, e io li stimo. In Giappone abbiamo inaugurato parecchi teatri con le loro produzioni (per ogni produzione di musical, un nuovo spazio). Tra il ’98 e il ’99 con la geniale costumista Franca Squarciapino ed Ezio Frigerio abbiamo contribuito all’inaugurazione di tre teatri: il “Massimo” di Palermo con ‘Aida’; il Teatro del Liceu di Barcellona con ‘Turandot’ e il ‘Giorgio Strehler’ di Milano con ‘Così fan tutte’”. I prossimi impegni? “Stiamo collaborando alla realizzazione del “Falstaff” per la regia di Arnaud Bernard e i costumi di Carla Ricotti, che aprirà la stagione lirica del ‘San Carlo’ di Napoli e a tre balletti per il News National Theatre di Tokyo.

La Scala
Inoltre due splendidi eventi ai quali abbiamo dato un notevole contributo: ‘Sogno di una notte di mezza estate’ del Teatro alla Scala e ‘Arlecchino, servitore di due padroni’ del ‘Piccolo’ di Milano, rappresenteranno tra le altre iniziative il nostro paese per le celebrazioni di 2006, anno dell’Italia in Cina”. A proposito, ed Eufemia? “Venga, gliela presento”. Eccola nel laboratorio: piccola, un casco di capelli innevati, bella, cortese. “Sono onorato, signora”. Si sorprese, e riprese il lavoro. Mi venne voglia di inchinarmi. Come a volte mi accade di farlo davanti alle persone che hanno saputo costruire con genialità. Mi guardai attorno, osservai le assistenti, le stoffe sparse sui tavoli, il costume di scena di “Torino 2006”, salutai e tornai nel locale in cui avevo ascoltato i racconti di Mario Brancato. Tornai in via Solari pensando a Stefano Pelloni, detto il “Passator cortese”, per il mestiere di traghettatore che praticava avendolo ereditato dal padre, Girolamo, sul fiume Lamone. Pelloni, che era chiamato anche Malandri dal cognome della moglie di un suo antenato, fu un brigante spietato che scorrazzò in Romagna nella metà dell’800, considerato dalla povera gente il Robin Hood della loro terra. Giovanni Pascoli lo citò nella poesia “Romagna” (…il ‘Passator cortese’, re della strada, re della foresta… ”). Nato il 4 aprile del 1824 a Bagnacavallo, venne ucciso nel 1851 nelle vicinanze di Russi. Nel ’47 alla sua figura e alle sue imprese banditesche fu dedicato un film interpretato da Rossano Brazzi, con la regia di Duilio Coletti. Il traghettatore – al quale aveva accennato Mario Brancato - mi venne in mente pensando ai costumi eseguiti dalla sartoria per lo spettacolo ispirato dalla sua vita.




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