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mercoledì 2 ottobre 2019

Le esperienze di Eusapia Paladino


NATA A MINERVINO MURGE, IN PUGLIA

SUSCITO’ INTERESSE FRA GLI SCIENZIATI


Si occuparono di lei i Premi Nobel Marie

e Pierre Curie, oltre a Paolo Valera, il

fertile narratore anarcoide testimone

della Milano umbertina, nato a Como

e morto a Milano.





Franco Presicci

Quando avevo undici o dodici anni in casa della nonna, dove la sera ci riunivamo anche con parenti vicini e lontani, capitava che si parlasse di fantasmi, di folletti e di sedute spiritiche. Quasi tutti ci credevano fermamente, anche perché a loro dire vi avevano partecipato. E raccontavano le loro esperienze, che a me e ai miei cugini incutevano un po’ di paura. Una sorella di mio zio fece una descrizione molto impressionante, in cui apparivano anime agitate, rabbiose per essere state disturbate, al punto da mandare all’aria il tavolo, abbastanza pesante, provocando un fuggi-fuggi verso la porta d’ingresso e le scale affrontate a precipizio, con la conseguenza che uno si fratturò un braccio. A me venivano i brividi e mi tenevo tappate le orecchie, pur credendo che si trattasse di canovacci preparati per suscitare “suspense” tra la compagnia o per vantarsi di avere coraggio. Una vecchietta sui settanta, grassoccia, bassa, vestita di nero, il naso pronunciato e con la punta rivolta all’insù, prese la parola con una certa determinazione, giurando di aver organizzato una seduta con un’amica addirittura nell’abitazione del fratello prete, che quando venne a saperlo s’incavolò di brutto, urlando: “Proprio in casa mia, questa profanazione! In casa di un sacerdote vi siete permesse di scomodare i defunti! Eppure lo sapete che cosa afferma in proposito la Chiesa… ‘Non riusciva a calmarsi e io me ne stavo in un angolo in assoluto silenzio, mentre la mia amica se ne andò a testa bassa senza salutare’. 
Hotel Gallia
Da allora non lo feci mai più, e il tavolino è rimasto monco al suo posto a testimonianza della mia colpa: la gamba mancante non l’ho più cercata, anche perché dopo un po’ mi sono sposata e sono andata via dalla casa di mio fratello e dallo stesso paese. Un’altra sera una signora sottile come un palo della luce, sempre di un un’eleganza ricercata, con atteggiamenti da persona superiore e la camminata da modella in pensione, lo sguardo feroce, i capelli tinti riconoscibili a distanza e grado di parentela non identificato, fece una narrazione più spaventosa: un mezzanotte, mentre tutti si tenevano per mano attorno al tavolo tondo in attesa trepidante dell’evento, si sentì un fragore, un fulmine schizzò oltre la finestra, un teschio cadde con un gran tonfo al centro della catena, che sii spezzò e ognuno cercò una via di scampo. Nessuno volle più condividere il programma. Troppo era stata la paura. Sentii dire di donne che invocavano un trapassato per le richieste più diverse e più assurde: chi curioso di sapere se il genero fosse fedele e chi se la nuora prossima all’altare fosse intonsa e chi notizie del marito passato ad altra vita.
Il naviglio grande
C’era chi sosteneva di essere stato esaudito da una voce d’oltretomba e chi il responso lo aveva avuto tramite uno scritto con una grafia frettolosa (“avevo deposto accanto a me foglietto e penna, ma non ho visto alcuna sagoma impegnata nella scrittura”, bensì ho avvertito un alito soffiarmi dietro la nuca). Un mio zio, persona concreta, incredula, diffidente, avendo ascoltato e riascoltato fino alla noia il racconto di queste pratiche, si era deciso a farne esperienza personale. Ma una volta fatta non volle mai riferire ad alcuno ciò che aveva visto e provato, perché, ipotizzava la nonna, ne era uscito talmente colpito che al solo ricordo stava male. Pare che un paio di mani invisibili l’avessero preso di petto e strattonato e che il tavolo avesse inseguito gli altri, che si catapultarono nel cortile dello stabile. Ma c’erano anche scene più tranquille, in cui l’anima invocata si presentava e dava la sua sentenza con parole strascicate o da Sibilla cumana o lasciando messaggi vergati su un pezzo di carta; e c’erano le volte in cui l’”invito” (“se ci sei batti un colpo”) andava a vuoto. 
La stazione Centrale
Qualche anno fa ho letto in un libro di Luigi Barzini la storia di Eusapia Paladino, che organizzava sedute spiritiche. Intervennero anche studiosi autorevolissimi, tra cui Pierre e Marie Curie (Maria Salonica Sklodowska, nata nel 1867 in Polonia e naturalizzata francese), Premio Nobel 1932 per la fisica, con il marito Pierre; riconoscimento ripetuto nel 1911 alla sola Marie (il marito era morto nel 1906) per la chimica (precisamente per la scoperta del radio e del polonio, nome, il secondo, che la scienziata scelse in onore del suo Paese d’origine). Vennero a Milano per verificare di persona quanto si andava dicendo sulla Paladino. Cesare Lombroso, che pure sull’argomento dello spiritismo era scettico, la citò in un libro. Arthur Conan Doyle, il padre di Sherlock Holmes, la encomiò. E si potrebbero aggiungere altri nomi illustri, chiamati a dare il loro verdetto: Robert Charles Richet, Nobel 1913 per la scoperta dell’anafilassi. Su Eusapia si formarono ben presto due schieramenti: da una parte chi credeva ciecamente ai suoi poteri; dall’altra gli increduli. Insomma fece parlare molto di sé. Nel 1895 affrontò la Society for Psychical Research a Cambridge, che espresse un giudizio severo: abile nei giochi di prestigio. Su di lei s’intrecciarono tanti racconti. 
Piazza Missori
Uno di questi fece fiorire la sua leggenda, sconfinata negli Stati Uniti e in altre parti del mondo. Alla morte del padre, ucciso sotto i suoi occhi da due malviventi quando era ancora giovinetta, venne affidata a una famiglia di benestanti napoletani usi alla pratica della cosiddetta evocazione dei morti. L’entrata di Eusapia in questo mondo avvenne per caso: una sera uno degli invitati non si presentò all’appuntamento e per completare la catena fu cooptata ilei, ancora ragazzina. Si disse poi che in quell’occasione per la prima volta erano comparse delle figure strane, si erano udite voci da oltretomba, il tavolino a tre gambe si era sollevato di qualche metro, altri oggetti avevano navigato nella stanza a mezz’aria, il buio era stato trafitto da luci innaturali. Lo “spettacolo” venne immediatamente attribuito a Eusapia. La notizia, si sparse ovunque e la “vox populi” scatenò un pellegrinaggio verso l’abitazione di quella che ormai veniva considerata una “medium” indiscutibile. 
Piazza Duomo
Personalità importanti raccomandavano di non prestare fede a certe manifestazioni, avvertendo che la mente umana a volte può giocare brutti scherzi. Qualcuno ricordava che in tenera età Eusapia si era fratturata il capo in una caduta, sottindendendo il sospetto che quella ferita fosse la causa dei suoi comportamenti. Altri riferivano di averla sorpresa ad architettare espedienti. In Europa non si parlava d’altro che di Eusapia Paladino e delle sue attività. Nota come la donna che aveva confidenza con gli spiriti. A quei tempi il fenomeno trovava terreno fertile: veniva esercitato nei salotti borghesi e negli ultimi anni dell’Ottocento arrivò nel capoluogo lombardo. Nel 1892 anche Eusapia Paladino approdò a Milano, attirando l’attenzione di Paolo Valera, dinamico esponente della Scapigliatura, anarchico e poi socialista, fondatore dei settimanali “La plebe”, “La farfalla” e nel 1901 “La folla”; autore di libri, tra cui “La Folla” dall’omonimo giornale, “Milano sconosciuta”, “Gli scamiciati”, ”Alla conquista del pane”; scrisse dei moti popolari repressi dal generale Bava Beccaris, e realizzò un’ analisi del sottoproletariato meneghino… Molto apprezzato da Emile Zola. Valera affermò che durante le sue riunioni la Paladino faceva accadere cose mirabolanti. Per lui, scomparso nel 1926, era una persona geniale, ma non molto intelligente e di scarsa cultura. Dunque Eusapia lasciò esterrefatta tantissime persone, anche non pochi intellettuali che precedentemente avevano deriso certe rappresentazioni. Fu in quel periodo che in città cominciarono a fluire truppe di indovini abili con tarocchi, fondi di caffè, palle di vetro…, ancora oggi in piena attività con filtri d’amore, fatture e quant’altro. Eusapia Paladino era nata in campagna a Minervino Murge, in Puglia, nel 1845. Aveva un carattere bizzarro e poca cortesia. Morì nel 1918, povera e senza più le presunte capacità che l’avevano resa famosa. Ma non è stata dimenticata, se in una puntata de “L’eredità”, il fortunato programma che conduceva su Raiuno, il presentatore Carlo Conti fece una domanda su di lei ai concorrenti., che non seppero però dare una risposta.








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