Pagine

Print Friendly and PDF

mercoledì 22 gennaio 2020


CARA MILANO-TARANTO, QUANTE EMOZIONI

CONTINUI A SUSCITARE IN MIGLIAIA DI FANS









Anche questa estate i partecipanti, provenienti anche da diversi Paesi d’Europa e persino da Hong-Kong e dall’Australia, sfrecceranno dalla Lombardia alla Puglia dal 5 all’11 luglio.



                         
Le foto sono state fornite cortesemente dall'ufficio stampa della Milano-Taranto"

Franco Presicci
Gli organizzatori della Milano-Taranto sono veloci come il vento. E puntuali come quelli della Stramilano dei cinquantamila, efficienti, meticolosi. Con una differenza che la maratona milanese va a piedi e su un percorso molto ma molto più breve e dal Duomo all’Arena (42 chilometri e qualche metro). Ma l’attesa per l’evento è più p meno lo stesso; e ad ogni “tappa” calamita migliaia di persone che all’arrivo dei centauri trabocca vincendo la resistenza del servizio d’ordine. 


Ricordo bene gli arrivi sul lungomare di Taranto; e le attese sotto il sole, e i più fortunati all’ombra delle palme, in viale Virgilio. Sì, li ricordo bene, con tutti i particolari e i discorsi, il fervore della gente che si diffondevano dal grattacielo al palazzo delle poste e quasi al ponte girevole; e dall’altra ai Salesiani, quasi al viale Venezia, una prateria frequentata da falene e oggi viale Magna Grecia, fiancheggiato da stabili enormi e moderni, negozi, e officine e attraversato da migliaia di cilindrate. Ricordo anche l’eccitazione dei marmocchi e dei loro genitori, abituati alle lagne dei più piccoli, impazienti di vedere spuntare quelle vecchie moto nobilitate e tirate a lucido e rinvigorite per l’occasione da quei campioni. Quando si delineava la figura del primo concorrente erano gridi di allegria, di entusiasmo. La folla fluttuava, si sporgeva per vedere meglio il razzo, per poterselo godere più a lungo fino alla conquista del traguardo.
La manifestazione si ripete da quasi novant’anni e non risente neppure un po’ del tempo che si porta sulle spalle. La Milano-Taranto non si logora, non perde colpi e smalto. Sempre affascinante, sempre bella, sempre spettacolare. Le domande dei partecipanti si moltiplicano e grande è l’amarezza di quelli che, presa la decisone fuori tempo massimo, sono costretti a spegnere il motore. Pazienza, saranno più solleciti l’anno venturo.Alla Milano-Taranto si corre. Per la trentaquattresima edizione le iscrizioni sono state aperte lo scorso novembre e in due mesi il numero massimo è già raggiunto. Ancora una volta dunque – parola di chi sta in plancia – la maratona per moto d’epoca, nome di battesimo della Milano-Taranto, ha fatto il pieno. I motociclisti, che hanno risposto all’appello da vari Paesi d’Europa e del mondo, anche questa volta, dal 5 all’11 luglio sfrecceranno sulle nostre strade, dalla terra di Carlo Porta, precisamente dall’Idroscalo, alla città dei due mari, da sempre visitata e cantata da poeti e narratori, ritratta da pittori e fotografi illustri: la “Taranto che vive tra i riflessi, in un’atmosfera traslucida adatta – commento di Guido Piovene - a straordinari eventi di luci”, con i suoi splendidi tramonti sul Castello aragonese, “con il sole divenuto rosso che calava veloce, simile ad un’isola di fuoco, che sprofondasse nelle acque”; la Taranto amata da Orazio, anche per il suo fiume Galeso, che scorre placido e silenzioso tra alberi alti come giganti; la Taranto che incanta. 

Sullo sfondo della Milano-Taranto, dunque sfilano i nostri paesaggi, come quelli della Lombardia, esaltati dappertutto. (Carducci e Catullo celebravano Sirmione e Stendhal elogiava Milano come la città europea “che vanta le strade più belle e i più bei cortili”). Anche per questo, va detto grazie a questa competizione, le cui tappe non sono state ancora rivelate. Ma verranno presto rese pubbliche. Intanto, si sa, da trombettieri discreti, che le moto storiche che prenderanno parte alla corsa sono una più affascinante dell’altra, e che impreziosiscono l’iniziativa amata da giovani e adulti, maschi e femmine e contribuiscono al turismo dei luoghi in cui passeranno, tra i più attraenti del mondo: le nostre meraviglie, i nostri angoli stupefacenti, i nostri gioielli: monumenti, chiese dalla Lombardia alla Puglia, ricca di ulivi saraceni e di viti inginocchiate e di trulli, a Martina Franca, e di tratturi, di centri storici, con le meraviglie del barocco, a Lecce…
Chi si mette in sella per la prima volta per percorrere l’Italia a velocità sostenuta rimane così colpito da voler ripetere l’esperienza. Come informano i fautori della gara più della metà dei protagonisti di questa edizione hanno già sfrecciato, tra colline ben modulato e spianate di verde e castelli, cascine, ville di delizia… almeno una volta. E dà soddisfazione sapere che il 54 per cento delle iscrizioni vengono da Svizzera, Germania, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Austria, Francia, Stati Uniti, Principato di Monaco e addirittura da Hong-Kong e Australia. Insomma, anche quest’anno sarà contraddistinto da un insieme di lingue, culture, usi e tradizioni diversi. 

Ed ecco una curiosità: “Verrà redatta una classifica assoluta dedicata esclusivamente alla categoria ‘Gloriose’, di cui faranno parte i mezzi fino alla classe 175 cc, le cui marche e modelli hanno partecipato alle mitiche Milano-Taranto dal 1950 al 1956”. Già, il 1950, data dalla quale la competizione prese il nome che porta oggi. Alla sua nascita, nel 1919, fu chiamata la “Freccia del Sud” (come il treno che portava gli emigranti al Nord, dissanguando le campagne), con un percorso da Milano a Caserta, conquistata da Luigi Girardi su una Garelli 350 cc., a una media di oltre 38 chilometri orari. La gara subì un’interruzione dal ’25 al 1932, quando venne ribattezzata “Milano-Napoli, con partenza dall’Idroscalo di Milano, percorso 900 chilometri, la cui ultima edizione fu vinta da Omobono Terni su una Guzzi 500 cc. Nel ’37, idea di Mario Deintrona di Taranto, vide la luce la “Milano-Roma- Taranto”, con 1400 chilometri di tragitto. 

Dal 1950, a pochi anni dalla fine della guerra, dai lutti, dalle distruzioni, dal terrore delle bombe, dalle affannose fughe nei rifugi antiaerei, mentre gli italiani cercavano di dimenticare la borsa nera, la tessera annonaria, l’olio di ricino, i figli della lupa, i balilla, gli avanguardisti, le camice nere, la Milano-Taranto-Roma assunse il nome di Milano-Taranto. E continua a volare per la volontà, l’impegno, la passione, la competenza di Franco Sabatini, patron del Moto Club Veteran di S. Martino in colle (Perugia). Adesso comincia il conto alla rovescia. E nei bar, nei dopolavoro, nelle piazze, nelle case si conversa sula Milano-Taranto, sulle sue glorie, sulla sua storia, sui centauri che per niente al mondo rinuncerebbero all’impresa. Tra gli spettatori più assidui e più affezionati scorrono a iosa i ricordi delle trepidazioni, delle ore trascorse sui cigli delle strade, sotto il sole, nella calura estiva. La Bimare in particolare la vive con orgoglio, la Milano-Taranto. Oggi non ne ho la possibilità, ma ai miei tempi (tempi ormai lontanissimi) ero tra i primi a raggiungere viale Virgilio deciso a conquistare un posto in prima fila per attendere i bolidi con infinita pazienza. Così li chiamavamo: bolidi. 

E bolidi erano quegli uomini che ci esaltavano. E lo fanno ancora, ad ogni edizione. Un amico che aveva in garage tre o quattro moto storiche e aveva già partecipato alla corsa me ne parlava con vanto. “Tu non puoi immaginare la gioia che si prova a macinare chilometri tra curve, salite e discese, tra panorami suggestivi. Io, perdonami la presunzione, mi sento Giacomo Agostini, Valentino Rossi, Mike Hailwood, quando sono in sella e corro senza la preoccupazione dell’autovelox. Che emozione a stare sulla moto e volare; e vorrei comunicare anche a te questo piacere immenso portandoti sul sellone biposto dalla città in cui vivi a quella in cui sei nato”. Povero Mimmo Vacca, me lo chiese anche un’altra volta. Era un secolo fa e io dovetti dirgli di no, assorbito dal lavoro di giornalista presso il quotidiano “Il Giorno”. Per lui la Milano-Taranto era il più grande spettacolo del mondo, termine mutuato dal film del ’52 di Cecil De Mille. E lo è anche per me, che non ho mai posseduto neppure una bicicletta. Ma mi balugina il desiderio di fare una rimpatriata nella mia città e rivivere i giorni dell’adolescenza su quel tratto del lungomare tra l’altissimo fungo di cemento con affaccio sul mare e il Palazzo del Governo, un punto qualsiasi, purchè in prima fila. Ritroverei il vigore della giovinezza, in quella siepe umana che ogni volta alla Milano-Taranto si spinge fino ai giardinetti che stanno di fronte allo stabile che ospitò la sede de “Il Corriere del Giorno” guidato da Giovanni Acquaviva e di fianco a quello del cinema Paisiello da tempo chiuso. Cara Milano-Taranto, quante emozioni.





Nessun commento:

Posta un commento