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mercoledì 27 maggio 2020

Il fascino del Naviglio Grande


Vinicio Zacchelli al lavoro

A POCO A POCO GLI ARTIGIANI

SE NE SONO ANDATI ALTROVE


L’incontro con Vinicio Zacchetti,
autore di opere di grande valore.
Fece un reggiseno in argento
dorato e una cintura destinati a
una sfilata di Krizia, la sovrana
dell’eleganza.








Franco Presicci

“Due sono le città in cui vivono gli abitanti di Milano – parole di Giuseppe Pontiggia, scrittore, critico letterario, docente universitario - una è quella in cui si muovono sempre più a fatica, frastornati dai rumori, bloccati dal traffico, soffocati dallo smog, tentando percorsi di guerra sui marciapiedi gremiti di automobili.

Naviglio Grande
L’altra è la Milano dei navigli, sognata nel miraggio di una nostalgia visionaria”. Il poeta Alfonso Gatto, i navigli, li definisce “strade d’acqua silente, con odore di terra, di carreggiate, di verdura… Per la città, al colore dei Navigli, sorgono i fanali”. Per Paul Nicholls, “il naviglio è sempre stato un elemento allo stesso tempo confine e collante, che divideva e contemporaneamente univa Milano, e i pittori che vi abitavano non potevano ignorarlo, perché fu non soltanto un motivo affascinante dai molteplici colori, ma anche un motivo strutturale ispiratore della loro vita artistica”. Fu proprio uno di questi pittori, Guido Bertuzzi, ad accompagnarmi la prima visita, negli anni 70, al Naviglio Grande, dove scoprii sull’alzaia e sulla ripa, opposta, botteghe e bottegucce di artigiani anche nei cotili: dal lucidatore al verniciatore a fuoco, al “ferrascitt”, valente artigiano del ferro battuto, alla maestra dei vetri colorati, al calzolaio con il deschetto, al fabbro, all’argentiere…

Cortile del Centro dell'Incisione
Vinicio l'argentiere
Bertuzzi fermò una anziana “sciura” con i capelli bianchi un po’ scarmigliati e le chiese che cosa ricordasse della vecchia Milano; e quella: “Ho ancora nelle orecchie il rumore delle bombe che nel ’43 cadevano sulla città, facendo a pezzi palazzi e monumenti, la Scala, la Galleria… ”. Non disse altro, e riprese il passo spedito verso il signor Colombo, che stava lucidando una tomaia. Mi presentò anche la “sciura” Elvira Radice, ultranovantenne - che a suo tempo aveva venduto la lisciva alle lavandaie inginocchiate sotto la tettoia - che invece mi regalò soltanto un sorriso dolce e amabile. Superando il “pont de preja”, arrivammo alla galleria d’arte di Romualdo Caldarini, pittore che negli anni Ottanta, morto Aldo Cortina, sarà il presidente della mostra a cielo aperto di via Bagutta; e al Centro dell’Incisione di Gigi Pedroli, cantautore e incisore di altissimo livello, soffermandoci davanti al laboratorio del corniciaio Vitali, che usava anche la tavolozza; e davanti al grande negozio, famosissimo, di divise militari e janserie, di Graziana e Paolo Martin. Era un giorno feriale, eppure incontravamo tanta gente, che entrava e usciva dagli androni degli stabili, alcuni che lamentando che gli affitti delle case s’impennavano progettavano di traslocare.

Servizio televisivo di Presicci dal Naviglio Grande
Ci tornai tante altre volte sul Naviglio Grande, soprattutto nelle grandi occasioni, in cui indossava il gran pavese e si riempiva di bancarelle; e ancora per la mostra dell’antiquariato, dove si trova di tutto, dai tubi dei vecchi lumi a petrolio ai mobili, alle puntine per gli antichi grammofoni, che altrove sono soltanto un ricordo, al calamaio anni 50, al braciere, che a Milano si chiama “brasèr”… Poi il Comune istituì la Festa del Naviglio e io ci tornai con entusiasmo, accompagnato dalla telecamera di Tele Monte Penice e dal suo operatore. Erano giornate memorabili, affollatissime, con i cortili e i ponti incorniciati di fiori, e le imbarcazioni che slittavano sull’acqua, che scorre da Tornavento alla darsena. I barconi? Uno degli ultimi fu quello trasformato in per me in… studio televisivo per commentare la festa.
Diretta Tv con Presicci sul Maviglio Grande
La traversata che chiuse una pagina di storia del Ticinello la fece quello targato 6L 60-43, il 31 marzo 1979, con un carico di sabbia. Nessuno tributò onori a questi “sciori” della Fabbrica del Duomo, “senza fantesch e senza maggiordomm”, come scriveva il poeta Armando Brocchieri. Smisero di navigare senza squilli di tromba. Con lo scorrere del tempo, con i barconi, sono spariti anche gli artigiani. Chi è diventato vecchio e ha chiuso l’attività; chi si è trasferito altrove... Ma qualcuno è rimasto, legatissimo a quest’aria “un po’ ‘canaille’ che agisce ancora oggi come motivo di fascino, quel sapore da ‘Casco d’oro’, che è rimasto attaccato ai muri”, come scrive Carlo Castellaneta nel suo libro “I Navigli”. Uno, in una mia passeggiata del novembre del 2006, lo scovai, grazie al mio amico Gigi Pedroli, che da qui, con il suo Centro dell’incisione, non si è mai mosso.

Cortile del laboratorio di Vinicio
“Vuoi incontrare uno degli ultimi artigiani del Naviglio Grande? Devi solo entrare nel cortile del civico 46”. Ed eccolo infatti: Vinicio Zacchetti, autore di reggiseni di rame per Krizia, la famosa stilista, tra le più illustri e note creatrici di moda; di un “flipper” di bronzo per la tomba di famiglia del titolare di una sala giochi… “Ho restaurato posaterie d’argento per famiglie altolocate, rifacendo le lame dei coltelli nel pieno rispetto delle caratteristiche dei vari stili – mi disse -. Ho avuto come clienti ‘star’ dello spettacolo sulle quali mantengo il dovuto riserbo”. Insistetti nel chiedergli qualche nome, ma mi rispose che non lo avrebbe fatto neanche sotto tortura.

Caldarini in una simpatica caricatura
Nella splendida casa di ringhiera che ospita il suo laboratorio aveva abitato un famosissimo attore del nostro cinema, ma anche su quel nome segreto assoluto. Vinicio era un po’ amareggiato per il fatto che il suo mestiere come altri era n via di estinzione. “Per fortuna con me collaborano mio figlio e la sua fidanzata, eredi a cui trasmettere la mia esperienza. Ma per molti altri la catena di è spezzata, essendo venuti a mancare anche gli spazi. Quando ho cominciato io, mi hanno affidato a un operaio anziano, che mi ha insegnato tutto ciò che poteva. Oggi un artigiano non se lo può più permettere”. “Sono sull’alzaia Naviglio Grande da più di quarant’anni e sono affezionato a questo cortile: Guardi com’è tenuto bene e ascolti il silenzio, che somiglia a quello di un chiostro”. E ricordò i personaggi di una volta. Per esempio, la donnina che alle 8 del mattino andava a svegliare la vicina con la scodella piena di caffellatte ancora caldo. E quelli che hanno suscitato alcune canzoni di Pedroli. “Ho fatto in tempo a conoscere il vero naviglio come quartiere popolare, con molti artigiani. In questo stesso cortile operavano almeno una dozzina di pellettieri, numerosi fabbri, pulitori, fonditori, falegnami.

Al centro Romualdo Caldarini
Mi vengono in mente due ‘martinitt’: uno incisore, l’altro cesellatore. A detta dei loro stessi colleghi, avevano le mani d’oro, erano i migliori d’Italia, realizzavano oggetti di altissimo livello artistico. Pensi: l’incisore riusciva a fare le ombre su una medaglia riproducente il volto di una persona preso da una foto”. Mentre parlavamo arrivò un cliente, che doveva ritirare una coppia di posate per insalata con le estremità in corno, che erano state sostituite. Esaminò il risultato, ringraziò soddisfatto e se ne andò. Vinicio riprese: “Ho cominciato all’Umanitaria, dove si tenevano corsi professionali per carrozziere, incassatore di pietre preziose, incisore, tipografo. Avevo vent’anni quando sono entrato come apprendista in una ditta di articoli da regalo in via Pietro Custodi. Poi ho seguito le mode del momento, impegnandomi col peltro, il rame, l’argento”. Terminato il servizio militare, si mi mise in proprio creando oggetti d’argento per ditte più grosse: vasi, zuccheriere, anfore, vassoi, cornici. Dopo qualche tempo quelle ditte smisero di ordinare il lavoro all’estero e lui proseguì per conto suo, costruendo i camini cesellati in rame per privati e insegne per negozi. Ha anche realizzato pregevoli soldatini di stagno per collezionisti. Molto richiesti anche dagli antiquari, “per i quali restauro oggetti di alta epoca”.

Soldatini di Vinicio
Vinicio Zacchetti era una figura molto nota non soltanto nella zona, dove tra l’altro era sempre presente al Mercatone dell’antiquariato, che si svolge l’ultima domenica di ogni mese, richiamando sull’alzaia e sulla ripa migliaia di persone provenienti anche da lontano (era frequentato anche da Nicola Quatela, che allora aveva un negozio di antiquariato a San Severo, 25 chilometri da Foggia). “Il Mercatone – m’informava Vinicio - parte da viale Gorizia e arriva sino al Ponte di via Valenza, un percorso di quasi due chilometri, con 400 espositori attentamente selezionati. Io osservavo gli attrezzi allineati diligentemente sui pannelli e sul bancone: una decina di martelli sagomati e adatti allo sbalzo; ferri da cesello che non sono in commercio e bisogna forgiarseli da sè; il cannello del gas con i vari dissodanti per eseguire le saldature; pinze e forbici per modellare la lastra d’argento… e vetrine piene di opere d’arte. “Una signora mi chiese di fare per lei un reggiseno in argento dorato e una cintura che gli si apparentava. Trascorso un anno, appresi da una rivista specializzata che l’indumento era comparso in un “defilé” di Krizia, al secolo Maria Mandelli, la stilista filosofa sovrana dell’eleganza, che aveva assunto il nomignolo da un dialogo di Platone sulla vanità della donna. Quello esercitato da Vinicio Zacchetti è un mestiere d’arte, a cui dovrebbe essere dedicato uno degli splendidi, interessantissimi volumi che la Fondazione delle Arti e dei Mestieri (creata da Franco Cologni, che è stato presidente mondiale della Cartier), ha dedicato all’orologiaio, al fotografo, al vignaiolo, all’incisore di monete… mestieri che “parlano di realtà lavorative dai contenuti culturali ed esistenziali di straordinaria attualità e originalità”.

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