Pagine

Print Friendly and PDF

mercoledì 6 maggio 2020

Un dentista appassionato di fotografia


 


CATTURA GLI ANGOLI PIU’ SUGGESTIVI

E I PERSONAGGI PIU’ NOTI DI MILANO


Il dottor Peppino Bruno cominciò ad
esplorare la città da quando, ragazzo,
accompagnava la mamma a fare la
spesa al Verziere. Prima foto due gocce
d’acqua appese ad un filo spinato. 



(Foto di Peppino BRUNO)











Franco Presicci

Milano è una città fotogenica e c’è chi l’ha percorsa in lungo e in largo per riprenderla; ha attraversato le sue vie e le piazze storiche (Bigli, Moroni, Belgioioso, Borgospesso, Lanzone …); si è fermato davanti ai suoi monumenti; è entrato nei suoi cortili prestigiosi, sorvegliati da persone spesso cipigliose, e puntando l’obiettivo ha provato una vera emozione. Ho conosciuto la presidente di un’alta corte che se ne andava in giro con una piccola macchina fotografica a caccia di immagini e di personaggi particolari.
Pirellone
Il mio amico Peppino Bruno, medico dentista con studio in via Lorenteggio, angolo piazza Bolivar, uomo colto, simpatico, spiritoso, nelle ore libere dal lavoro, a piedi o in sella alla bicicletta, percorre la città e ne scopre gli aspetti più suggestivi, “rientrando a casa con una soddisfazione che non puoi immaginare”. Non solo le strade, ma anche l’interno delle chiese, le facciate dei palazzi patrizzi, le strutture ultramoderne come quelle di piazza Gae Aulenti, le stazioni ferroviarie, le masse che intasano Milano il Primo Maggio, il XXV Aprile… E le gallerie d’arte in occasione di una grande mostra. E le Stramilano, la maratona dei cinquantamila, dove di scatti se ne possono fare a josa, soprattutto a concorrenti stravaganti immersi in quel fiume umano, che per mezza giornata porto allegria, applaudito da migliaia di spettatori attestati sui marciapiedi. Peppino Bruno la sua Milano non so dove la tenga ben custodita, ma qualche giorno prima che quel maledetto cecchino che chiamano “coronavirus” cominciasse a colpire tanta gente, me ne ha mostrato una parte soffermandosi su ogni veduta senza fare commenti. Era evidente la sua gelosia per questi suoi preziosi rettangoli di carta. Certo che per dedicare tante ore a questi scatti, che immortalano luoghi che possono cambiare; e infatti tanti, come le Varesine, la faccia l’hanno mutata: erano un ampio spazio che ospitava circhi come quelli di Liana o Moira Orfei e grandi giostre e oggi è sotterrato sotto grattacieli dalle  forme ardite.
     
Porta Venezia
Le foto di Milano, di ieri e di oggi, di Peppino Bruno sono testimonianze di grande valore, oltre che opere d’arte. Sfogliando i suoi album intercettiamo il ristorante Bagutta nell’omonima via - che ospita anche la mostra annuale “en plein air” – dove la sera dell’11 novembre del ’26 Orio Vergani ed altri dieci ebbe l’idea di istituire un Premio, che negli anni è stato assegnato a Vincenzo Cardarelli, Giovanni Titta Rosa, Leonida Repaci. Carlo Emilio Gadda, Mario Soldati… “Ci andai per la presentazione di un libro, che si svolgeva nel giardino del locale, presenti Gae Aulenti, il critico d’arte Philippe Daverio ed altre personalità. In un’altra occasione fotografai la mostra di quadri “en plein air”, presieduta da Aldo Cortina, pittore delicato che aveva avuto come allievo De Pisic e titolare di una grande libreria davanti all’Università Statale. Ecco “el Tencitt”, il carbonaio con negozio in via Laghetto (sotterrato nel 1857, fu l’approdo dei barconi che trasportavano ogni sorta di merci, dai marmi di Candoglia per il Duomo al carbone).
Papa
Ed ecco la vecchia pasticceria Taveggia in via Visconti di Modrone, che, sorta nel 1909, fu frequentato da Wally Toscanini, Carla Fracci, Renata Tebaldi… Ed ecco il Savini, il Campari, il Biffi, l’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele… ”Peppino, c’è qualcuno che possa dire di conoscere Milano più di te?”. Non risponde, ma sorride. “So che hai anche conosciuto e fotografato tanti uomini di spicco: il baritono Giuseppe Zecchillo, che forse per ricambiare la cortesia di una foto ti regalò uno dei suoi quadri “cosmici” eseguiti con spaghetti, rigatoni, linguine indorati… “Sì, feci il ritratto a Zecchillo, che aveva lo studio in via Fiori Chiari e veniva detto il sindaco di Brera”. Quando per un incidente d’auto morì l’”antiquario” che ogni giorno si piazzava di fronte all’Accademia, Michele Lamantea, fu lui a invitare un violinista della Scala per suonare l’Ave Maria nella chiesa di San Marco. Lo amavano tutti, Michele, a Brera: arrivava il mattino verso le 10, apriva il suo negozio, che era un triciclo, si sedeva avendo in testa un cappello a cilindro e avaro di parole aspettava il cliente. Chiedo al mio cordialissimo interlocutore: “Lo hai fotografato, Lamantea”. “Certo che sì”. Mi sarei meravigliato, se mi avesse detto di no. Se si vuol fare un viaggio come si deve nella città del Porta, bisogna farsi accompagnare da lui. Un viaggio ideale, attraverso le sue immagini, che sono migliaia.
Bovisa
Ha conosciuto anche Guido Vergani, figlio di Orio e grande giornalista, oltre che scrittore elegante e persona di grande generosità. In “Gente di Brera” ha sintetizzato la storia del quartiere, descrivendo le personalità, da Salvatore Quasimodo a Gianni Dova, ad Aruro Carmassi, a Beniamino Dal Fabbro, a Giulio Confalonieri. che si sedettero ai tavoli del “Jamaica”, il caffè degli artisti. Ha conosciuto Angelo Merù, diventandone amico, il gioielliere di via Solferino. Era amico anche di Martini, che aveva il negozio di foto e ottica in via Galilei, di fronte alla vecchia sede de “La Gazzetta dello Sport” (altro amante della fotografia). Ha fotografato il ristorante Rigolo, in largo Treves, frequentato anche dai giornalisti del grande quotidiano e a suo tempo da Aldo Borrelli, che lo diresse da ’29 al ’43. Ha puntato l’obiettivo verso ciò che resta della Pusterla dei Fabbri, che venne demolita nel 1900. Ed emerge un’immagine di via De Amicis, precisamente dello stabile che fu una fabbrica di confetti, la cui facciata oggi presenta delle bambole appese, “per ricordare le vittime del femminicidio…
Via Torino
Dietro, una casa di ringhiera, che fu restaurata dall’ingegner Martino Colafemmina, nato ad Acquaviva delle Fonti”, tra l’altro una pasta d’uomo che a Milano era conosciuto e apprezzato. Le case di ringhiera sono un altro soggetto di questo eccellente fotografo. Ce ne sono tante, a Milano: in corso San Gottardo, l’Antico borgo dei formaggiai, in via Borsieri, all’Isola Garibaldi e anche nei pressi di piazza Belloveso, a Niguarda; sull’alzaia Naviglio Grande e sulla ripa. La gente stendeva un filo tra una balaustra e l’altra e vi stendeva i panni, ma soprattutto ci viveva in un clima di fratellanza e solidarietà. Peppino Bruno è nato a Milano, in piazza Medaglie d’oro. Ha cominciato a catturare immagini nel ’52, a Foppolo, in una giornata di pioggia: ad essere sorpresa proprio due gocce d’acqua che pendevano da un filo spinato. Un’altra foto può dare l’impressione di una riproduzione di un’opera di Mimmo Rotella, artista legato al Nouveau Realisme,; invece no: è ciò che resta su un muro dopo che questo maestro dell’immagine aveva fermato la mano di un addetto intercettato mentre grattava una bacheca. 
Feltrinelli
Torre Hadid
A trasmettergli l’arte fu il padre, funzionario del Credito Italiano di piazza Cordusio. Faceva foto con una vecchia Voiglander a lastra 6x9. “Ritraeva la nostra famiglia, i paesaggi, le prime Fiere campionarie. Tra le mie prime foto, un mulino a Chiaravalle. Oggi io fotografo Milano e le sue trasformazioni”. Mi piace ascoltarlo. Parla piano, chiaro e quando occorre con qualche bonaria battuta di spirito. Ha seguito un corso di fotografia con il maestro Ernesto Fantozzi. 

XXIV Maggio
Ha fatto alcuni reportages: uno sul quarantesimo di piazza Fontana. Fra i suoi clienti ha due vittime della strage. Se il soggetto gli interessa fa “clic” anche di notte. Fotografa quando ne sente il bisogno: il Duomo in “fisheye”; la Galleria Vittorio Emanuele da ogni lato; il nuovo grattacielo… E poi, ripeto, le persone note: Vito Liverani, dell’agenzia Omega; Giorgio Pastore, titolare del negozio Arzigozzovigleria”, che stava sul Naviglio Grande; Giorgio Streheler… Non lascia mai la macchina fotografica a casa, perché può sempre capitare l’occasione buona. Da ragazzo accompagnava la mamma a fare la spesa al vecchio verziere e lì sorprendeva i “verzeratt” e le persone che da loro acquistavano i pomodori e i carciofi. Si vede che ami Milano: “Questo sentimento lo esprimo attraverso le mie foto. Per farle, occorre scarpinare: ho trascorso serate a Brera per cogliere la gente a passeggio o seduta ai tavoli del Giamaica a chiacchierare; e il vecchio Lamantea che, seduto con espressione seria, le gambe accavallate tra i suoi lumi, i suo busti, i suoi “abat-jours”, sembrava una statua. “Milano è una città straordinaria: ogni angolo ha una caratteristica interessante per chi la vuole immortalare”. Di Milano Bruno adora i locali storici, i giardini, come quelli di via Palestro dedicati a Indro Montanelli… Ha bellissime foto dello zoo che stava in via Manin, entrata da piazza Cavour, con il lago dei cigni e il cavallino Rocky che portava a spasso i bambini tra i viali. Allo zoo fotografò l’elefantessa Bombay, che faceva l’equilibrista e quando riceveva in premio le caramelle dai mocciosi le scartava prima di mangiarle. E’ stato in tutto il mondo, sempre accompagnato dai suoi obiettivi. I suoi figli, Giacomo e Francesco, hanno ereditato la sua passione, dei viaggi e della fotografia.


2 commenti:

  1. Davvero una raccolta fantastica!!!

    RispondiElimina
  2. Peppino, complimenti!
    La prossima volta... Kathmandu dove hai conosciuto alcune amiche, insieme a Elena. Ricordi? Cristina

    RispondiElimina