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lunedì 8 marzo 2021

La notizia ha addolorato tutti

E’ MORTO CARLO TOGNOLI GIA’ SINDACO DI MILANO

Presicci con Tognoli
Primo cittadino dal ’76 all’86,

era cordiale, irreprensibile e

disponibile. Se qualcuno lo

fermava per strada, non si

negava, ma lo ascoltava. Era

amato, rispettato, stimato.

considerato un’ottima guida.

Il Covid se l’è portato via.

 

Franco Presicci

Ho saputo da Facebook che il Covid si era portato via Carlo Tognoli, che fu sindaco di Milano dal ’76 all’86. Lo ha spento a 82 anni tra il dolore di tantissimi cittadini, socialisti come lui e non, che lo consideravano, non a torto, una guida sicura, intelligente e irreprensibile.

Tognoli al Giorno

 

Una persona affabile, alla mano con tutti. E se qualcuno lo fermava sulla strada per Palazzo Marino, sede del Comune, lui lo ascoltava, con interesse, con pazienza. Persona rispettata, anche da chi nell’urna non gli dava la preferenza. Una mattina mi telefonò alle 7 per dirmi che un fatto che avevo pubblicato non si era svolto nei termini riferiti dal protagonista: non aveva occupato il suo ufficio, si era fatto ricevere per protestare contro un’ingiustizia che a suo dire aveva ricevuto, alla fine aveva ricevuto la promessa che il sindaco avrebbe accertato subito i fatti e eventualmente avrebbe provveduto; e lui, lasciato l’ufficio, si era fermato per un po’ di tempo nel corridoio senza far rumore. Quindi nessuna occupazione.

Di Bella e Tognoli
Vero invece che il protagonista della storia si era presentato all’ufficio anagrafe per rinnovare la carta di identità, dichiarando che la sua professione era quella di “combattente per la libertà”. L’impiegato gli aveva spiegato che quella voce non poteva essere presa in considerazione e che quindi andava rettificata. L’utente si era ribellato, minacciando di rivolgersi personalmente al primo cittadino, alzando il tono della voce, dicendosi vittima di una burocrazia antidiluviana e abbandonò il palazzo di via Larga ripetendo la tiritera fino a quando non raggiunse piazza della Scala, dove ha sede Palazzo Marino, sede del Sindaco. Fatto tutto questo, non contento della parola di Tognoli, venne al giornale, si fece ricevere da me e mi espose l’occupazione dell’ufficio del sindaco, dettagliandomi il motivo. “E’ una vita che combatto per la libertà, non è una professione, questa? Il male del nostro Paese è la burocrazia, che non cambia mai“. L’episodio era curioso, chiamai il fotografo e intervistai questa persona che non riusciva a calmare la sua agitazione.

Tognoli e Presicci

La mattina dopo alle 7 ricevetti la telefonata di Carlo Tognoli desideroso di mettere le cose a posto. La conversazione durò una mezz’ora e si concluse com’era iniziata molto gentilmente. Io non avevo verificato i fatti dove si erano svolti, nel timore che saltando di orecchio in orecchio l’onda potesse finire in quelle sbagliate, cioè della concorrenza. La mania dello “scoop” a volte è fuorviante. Da allora me sono passati di anni. Quasi una vita. Vidi Tognoli nell’86, al giornale, che da via Fava era passato in piazza Cavour, nel Palazzo dell’Informazione. Venne a trovarci in Cronaca, dove trovò ad accoglierlo quasi tutta la redazione: Giorgio Guati, Piero Lotito, Maurizio Acquarone, Gigi Gervasutti, Gino Morrone, Giampiero Grecchi, il direttore Lino Rizzi, Roberto Bagnoli, Roberto Bagnoli, il vicedirettore Guido Gerosa. Lo avevo incontrato la prima volta nel ’76, quando accettò il mio invito alla cerimonia per la consegna del premio “Milano” di giornalismo a Franco Di Bella, direttore de “il Corriere della Sera”, e ad Aberto Cavallari, corrispondete da Parigi dello stesso quotidiano. La festa si tenne al ristorante “La Porta Rossa” di Chechele e Nennella, alla presenza di tante personalità della cultura, della carta stampata e delle televisioni, di critici d’arte, di Gino Palumbo, direttore della “Gazzetta dello Sport”, di Giovanni Testori, giornalista e scrittore (“Il Ponte della Ghisolfa”, “La Gilda del Mac Mahon”…)… 

Tognoli, Chechele, Presicci
Il sindaco fece il suo bel discorso, breve ed efficace, abbracciò i premiati e riservò un elogio al padrone di casa, che tra l’altro era suo fan. Per tutta la giornata Chechele cantilenò ai camerieri: “Stasera viene Tognoli, il nostro sindaco, sì, proprio lui, il sindaco di Milano, perciò attenzione: ogni cosa a posto”. Lui, che era di Apricena e aveva fatto fortuna nella città del Porta, quando citava Milano lo faceva sempre con dolcezza. Era entusiasta, felice di ospitare questi personaggi che per lui e per tanti altri erano miti. Non incontrai più Tognoli per tanto tempo. Al giornale mi occupavo di delitti e altri misfatti e le strade che percorrevo ogni giorno non sfioravano neppure Palazzo Marino, costruito dall’architetto Galeazzo Alessi e sede centrale del Comune dal giorno dopo l’Unita d’Italia. Ma ci ritrovammo in una mostra del pittore barese Filippo Alto alla Galleria di Renzo Cortina, in piazza Cavour, dove conobbi anche Marietta, l’attrice che quando ero ragazzo con il suo collega “Coline” la domenica pomeriggio teneva inchiodate alla sedia migliaia di persone con la trasmissione “Caravella” su Radio Bari. Dirò di più: alla cena che ne seguì Filippo, conoscendo la mia passione per l’attrice al ristorante mi fece sedere proprio accanto a lei. Fu per me un onore, oltre che una grande occasione, perché potetti fare con lei una lunga chiacchierata sulla sua attività di attrice e sulla sua vita successiva.

Tognoli con il gallerista Nencini. Alle sue spalle Del Mare e Vernola

Il sindaco lo rividi in un’altra mostra di Alto, in un’altra galleria, dove fra gli altri c’erano Annibale Del Mare, il noto giornalista che fece parte dell’ufficio stampa del Governo Badoglio e pubblicò un articolo in cui annunciava il ritorno della libertà di stampa, il ministro Vernola e altri.  e il Ministro VernolaUna domenica il capo cronista Enzo Catania si stagliò davanti alla mia scrivania e alla presenza di tutti mi disse che non mi avrebbe più dato la sua stima se io non fossi riuscito a ad intercettare il presidente Sandro Pertini che era in visita privata a Milano (aveva saputo la notizia dal Quirinale, aggiunse). Una tegola mi stava cadendo in testa. Era quasi mezzogiorno, dove andavo a pescare il Presidente in una città grande come Milano? Chiamai il fotografo, che era al decimo piano, scesi di fretta dal quarto piano, nell’atrio chiesi all’autista di portarci in un “tour” per la città, senza avere una metà, la benchè minima indicazione.

Pertini al ristorante Al Grissino

Non si dice che la fortuna aiuta gli audaci? A volte anche quelli che tali non sono. E infatti mentre attraversavamo via Manzoni all’altezza del Teatro La Scala, vidi chi? Carlo Tognoli che andava verso Palazzo Marino. Imposi all’autista di fermarsi, scesi come un fulmine e corsi verso il sindaco. “Carlo, mi devi aiutare: dimmi dov’è Pertini. Tu non puoi non saperlo. Se non mi dai una mano, ci rimetto la reputazione!”. Lui finse di cadere dalle nuvole per tenermi sulle spine, ma cedette alle mie suppliche rivelandomi che Pertini era andato a pranzare al ristorante “Al Grissino” e che fino a qualche ora prima aveva passeggiato lungo la Galleria Vittorio Emanuele, dove alzando lo sguardo e vedendo alcuni vetri rotti sulla cupola aveva detto che se avessimo avuto bisogno di un vetraio, lui avrebbe potuto parlare con suo amico.

Altra foto di Carlo Tognoli
Lo disse con il suo sorriso amabile, Tognoli, domandandomi: “Ho risolto il tuo problema? Non dire che queste cose te le ho dette io. Ah, sta’ attento, non cercare di intervistare il Presidente mentre manga: non gradisce”. Tornai in auto e via verso il ristorante “Al Grissino”, dove all’esterno trovai un gruppo di ragazzi che avendolo visto entrare erano decisi a non andare via prima dell’uscita del Presidente, perché gli volevano far festa e sapere da lui il nome della sua squadra del cuore. Ovviamente aspettai anch’io, con la mia “troupe”. Dopo un paio d’ore, eccolo, con la sua pipa sulle labbra e la sua scorta, accolti dal grido: “Presidente, noi teniamo per la Juventus; e lei?”. E lui: “Anch’io, Viva la Juventus”. Ma un signore che era di fianco a me, che scoprii essere il cognato, mi disse che non era vero, che lui non aveva una squadra del cuore. Poi mi avvicinai, mi presentai, mi strinse la mano, gli rivolsi alcune domande, mi rispose con molta cortesia dandomi del tu e ci salutammo. Non c’erano altri colleghi accanto a me e tirai un sospiro di sollievo. Tornato al giornale, guardai Catania e gli urlai: “Ce l’ho; ce l’ho l’intervista a Pertini!”. Lui mi venne incontro e mi abbracciò. Il giorno dopo avevo fatto terno secco: nessuno aveva in pagina Pertini. Solo noi, grazie a Caro Tognoli, di cui apprendo la notizia della morte con profonda commozione. Mi dispiace di non avergli mai telefonato in tutti questi anni. Eppure lui il numero del cellulare me l’aveva dato.






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