Pagine

Print Friendly and PDF

mercoledì 17 marzo 2021

Quando a Milano nacque “Il Rosone”

     FONTE SACRO “LA PORTA ROSSA” CON MOLTISSIMI NOMI ILLUSTRI

Padri fondatori del periodico di cultura e informazione, Franco Marasca e Peppino Palumbo, di Foggia entrambi. Padrino Antonio Velluto, giornalista della Rai e assessore comunale.


Franco Marasca

 

Il Rosone è un periodico pugliese di cultura e informazione fondato nel 1978 da Franco Marasca,   edito dall’Associazione culturale omonima con cadenza bimestrale. E’ diretto ai   pugliesi ovunque residenti. La distribuzione raggiunge inoltre tutte le   biblioteche, le scuole, le Università, le librerie, i docenti, gli operatori   culturali, ed altri enti pubblici e privati pugliesi.

Franco Presicci 

Fu davvero una festa grande quella della sera del luglio 1978, in cui si svolse il battesimo de “Il Rosone”, periodico di cultura e informazione fondato da Franco Marasca, giornalista foggiano che insegnava lingua e conosceva bene il russo, e da Peppino Palumbo nelle vesti di direttore amministrativo. Marasca, giovane di talento, pacato, rispettoso, buono, che da tempo pensava ad un giornale che desse risalto anche ai mille personaggi che, venuti con il treno della speranza o “Freccia del Sud”, in questa terra che accoglie tutti e valorizza i migliori, avevano conquistato un posto dignitoso nell’industria, nelle libere professioni, nella carta stampata… ovunque. Ad esempio Antonio Velluto, detto “il principe” per i suoi modi garbati, che aveva fatto una bella carriera alla Rai (dirigente apprezzato e amato che teneva in palmo di mano tutti i suoi giornalisti, e assessore comunale all’Edilizia Popolare).

Dino Abbascià e Al Bano
Era nato a Troia, come Marasca e Palumbo, paese con una chiesa dal pregevole rosone, al quale Franco, che del giornale era direttore responsabile, si era ispirato per il nome; e riceveva tanti amici e colleghi nella sua casa di via Moscova a Milano o in quelle di Troia e di Venezia. Il giorno del suo funerale Rodolfo Grasso, un ottimo giornalista de “Il Corriere della Sera” con incarichi importanti anche nella società della caccia, nella chiesa di San Marco se ne uscì con una battuta: “Fino a ieri io camminavo sul velluto”, abitando al piano di sopra. A quello di Antonio. Franco Marasca a Milano conosceva intellettuali, professori, penne aristocratiche del giornalismo, semplici cittadini e con tutti era alla mano e disponibile.

Chechele e Zucconi
 
 
 
E la sera del ’78 il fonte sacro fu la “La Porta Rossa”, il ristorante di Chechele e Nennella (e dove si poteva solennizzare la nascita se non lì, in via Vittor Pisani, arteria nota in tutt’Italia non per la stazione Centrale a due passi, non per la vicina Boscovich, dove all’ultimo piano di un bel palazzo abitava Giovanni D’Anzi, l’autore di “Oh. mia bela Madunnina”; ma per questo locale che accoglieva soprattutto i pugliesi, residenti o foresti, diffondendo profumi di cucina fin sulla strada. Quella sera, tra i partecipanti, c’era anche Ugo Ronfani, vicedirettore de “Il Giorno”, già inviato e corrispondente da Parigi, dove aveva intervistato Jean Rostand, Sarte, Simone de Beauvoir e altri grandi e scritto libri sul teatro, su monsignor Lefevre, un romanzo (“La toga rossa”). Considerato dagli intenditori il più grande critico teatrale del secondo 900, vincitore di tanti premi prestigiosi (organizzò un convegno sul teatro a Taranto e vi prese parte anche Ernesto Calindri, andato apposta nella Bimare da Milano), era un intellettuale stimatissimo e rispettato.
 
Ugo Ronfani

Lezoche sul balcone a Trani

Ronfani non era un nostro corregionale, ma per lui non faceva alcuna differenza essere di Taranto o di Brescia o di Torino. Accettò senza esitazioni l’invito di Franco Marasca, come accettò di andare a Saronno per presentare una mostra d’arte, della quale aveva firmato il catalogo, senza chiedere nulla in cambio. Alla festa ascoltò attentamente gli interventi dei relatori e cortesemente declinò la richiesta di dire la sua. Parlarono Velluto, Marasca, Peppino Palumbo, credo anche Barbacetto, mentre Chechele, seduto come un pascià a un lato del tavolo, sorrideva compiaciuto al pittore Filippo Alto, che dipingeva con passione le viti, gli ulivi, il fico, il paesaggio che si stende attorno a Locorotondo, adagiato su un poggio; a Martina, visioni che affascinavano Giuseppe Giacovazzo, oltre che Raffaele De Grada, Mario De Micheli, Mario Lepore, critici d’arte consacrati. Quando le presentazioni stavano per concludersi a qualcuno venne in mente di aprire le danze, e i giornalisti a malincuore dovettero tornare in redazione, alcuni di loro in tipografia, dove “i camici scuri” stavano sistemando il piombo nella balestra. Trascorsero gli anni e “Il Rosone” fu trasferito a Foggia, seguendo i suoi fondatori. E in quella città, dove nel 1179 Guglielmo il Buono fece costruire una Cattedrale in stile romanico-pugliese, che la terra in uno dei suoi movimenti violenti distrusse; e Federico II nel 1223 volle “regale e imperiale”. A Foggia il periodico continuò ad avere la sua vita felice, dando spazio alle eccellenze pugliesi senza dimenticare le sue origini lombarde. Intanto dalla stessa redazione, in via Zingaretti, usciva anche il confratello de “Il Rosone”: “Il Provinciale”. Ed entrambi avevano lettori affezionali anche al Nord. Poi Franco Marasca si ammalò e quando gli mancavano pochi giorni andai a trovarlo all’ospedale di San Giuliano Milanese. “Ieri è venuto Antonio Velluto, mi ha fatto piacere.

A destra Falina e Marida Marasca

Tu continuerai a scrivere sul ‘Rosone?”. Ho mantenuto la promessa: tutte le volte che Falina, la moglie, donna intelligente, preparata e volitiva, che ha preso subito le redini del giornale, mi ha chiesto un pezzo io ho obbedito. Il 14 maggio del 2002 “Il Rosone” compì 25 anni e per l’occasione allestii una grande celebrazione allo Spazio Prospettive d’Arte di Mimmo Dabbrescia (altro pugliese doc, un nome importante, in contatto con tutti i pittori e i critici maggiori), presenti personalità di ogni settore, compresi i vicequestori Lucio Carluccio e Filippo Ninni ( risolse il delitto Gucci), al momento dirigente della polizia postale e precedentemente capo della Squadra Mobile della Criminalpol; Francesco Colucci, uno dei pilastri della questura;

 

Filippo Alto
Giudice Romeo Quatraro

l’attore Gerardo Placido (lunga e brillante carriera in teatro, nel cinema e in televisione); il baritono Giuseppe Zecchillo (che aveva cantato in tutti i più famosi teatri del mondo, Scala compresa); il commercialista Giacomo Lezoche, che a suo tempo aveva guidato l’Associazione regionale Pugliesi; la professoressa Gigetta Fuiano Squeri con il marito; Dino Abbascià, re della frutta, vicepresidente dell’Unione Commercianti e al vertice nei consigli di amministrazione di diverse aziende; gli amici di Lino Banfi, l’attore che pochi giorni prima era stato invitato da Kofi Annan a partecipare a una riunione delle Nazioni Unite sui problemi dei bambini dell’Afganistan… Insomma, una manifestazione all’altezza di quella del luglio del ’78, tenuta per brindare al primo vagito del “Rosone”. La microfono si alternarono, per la Regione Lombardia, l’assessore Alberto Guglielmo; per la Provincia e il Comune di Foggia Leonardo Lioce e l’assessore Vittorio Fidanza; per l’Università degli Studi della stessa città Rosa Verdone.

Lenoci, Velluto, il quarto Colaprico
Fu poi il turno del vicesindaco di Troia Eduardo Beccia; dei giornalisti Antonio Ventura e Antonio Velluto; di Francesco Lenoci, allora docente all’Università Cattaneo di Castellanza e oggi alla Cattolica; e prese la parola Marida Marasca, figlia di Franco. Presiedeva da par suo Piero Colaprico, oggi capo della redazione milanese di “Repubblica”. Venne ricordata la figura DI Franco Marasca, sul piano professionale e umano; ed emerse qualche episodio noto a pochi: divertente quello del viaggio su un vecchio taxi assieme a Marco Pernice, docente di storia dell’arte, da Londra a Foggia.
 
Parte del pubblico
Non lo si sarebbe mai immaginato in un’avventura del genere, Franco, così serio, prudente, accorto, tranquillo. Sull’episodio scrisse uno splendido articolo (“Tremila chilometri per amore di un taxi”) Piero Lotito, giornalista e scrittore egregio, anch’egli foggiano. Nel settembre dello stesso anno l’iniziativa si ripetè a Foggia, anche lì con l’afflusso di tantissima gente. Franco Marasca non c’è più da diversi anni. riposa nel cimitero del suo paese, in una tomba proprio di fronte all’ingresso. Falina, un giorno ormai lontano, mi ci portò e nella mia mente, tra la commozione, si affollarono i ricordi di un uomo che a Milano ha lasciato una traccia irremovibile, come l’hanno lasciata uomini come Antonio Velluto, Chechele Jacubino, che era di Apricena e voleva dire grazie a Miano per avergli aperto le porte; Domenico Porzio, Raffaele Carrieri, Guido Le Noci; Romeo Quatraro, magistrale coltissimo e inflessibile; Giacomo Lezoche, di Trani, la bellissima città da cui provenivano tanti suoi compaesani per aprire quelle osterie che presero il nome dal loro luogo d’origine: i “Trani”, ai quali Vincenzo Pappalettera (autore di “Tu passerai per il camino, premio Bancarella; “Nel lager c’ero anch’io”…) dedicò uno splendido libro: “Il Trani di via Lambro”. Un inno ai pugliesi, che per Milano hanno fatto tanto, in ogni campo. Li troviamo ovunque, magari alla guida della carrozza. La lista è lunga, e a spulciare i nomi più illustri ci vorrebbe una vita. Molti Milano li ha onorati con l’Ambrogino d’oro o con altri riconoscimenti. Quassù chi merita ha il suo.











Nessun commento:

Posta un commento