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mercoledì 3 marzo 2021

La magnificenza delle ville lombarde

Interno di Villa Gallarati Scotti

 

RESIDENZE DA FAVOLA

CON ARREDI SONTUOSI

 

Simboleggiavano il potere

economico e sociale dei                

proprietari. I progetti di

architetti famosi.

 

Franco Presicci

dott. Carlo Perogalli

La Bicocca, quartiere alla periferia di Milano, prese il nome dalla Bicocca degli Arcimboldi, dimora di delizia innalzata nel Quattrocento per Nicolò Arcimboldi, che apparteneva alla corte sforzesca. Era già nota tanti secoli fa, anche per l’omonima battaglia del 1522: gli spagnoli contro i francesi, che, sconfitti, furono costretti a lasciare il Ducato di Milano. La zona è stata autonoma fino al 1841, quando venne unita a Niguarda. Famosa anche per le fabbriche, dalla Pirelli alla Breda, all’Ansaldo, alla Wagon Lits. Era insomma il centro dell’area industriale che si estendeva tra Greco e Sesto San Giovanni. La Bicocca degli Arcimboldi - come informa Carlo Perogalli - è uno dei primi esempi di villa del Rinascimento lombardo: Il volto attuale è il frutto dei restauri ai quali è stata sottoposta nel tempo, ultimo quello del 1919 di Ambrogio Annoni. Milano con i suoi d’intorni è disseminata di gemme storiche. Da contemplare Villa Borromeo Arese a Cesano Maderno, in Brianza; Villa Litta; Villa Gaia a Robecco sul Naviglio, del XVI secolo, e tantissime altre che meritano di essere visitate. Molti lo fanno, dov’è possibile, preferendo quelle circondate dall’acqua o da un largo tappeto di verde o adagiate su un poggio. Ville imponenti, spettacolari. Chiunque avesse potere, politico ed economico, sceglieva un architetto di fama e si faceva costruire una dimora suggestiva nel silenzio e nella tranquillità della campagna, qua e là poi fagocitata dal centro urbano. Il complesso doveva essere scenografico, grandioso, simbolo del prestigio, della ricchezza, del ruolo del committente nella società. Ed eccole, alcune di quelle che non mostrano il carico degli anni, con giochi d’acqua, statue, porticati, giardini all’italiana costellati di statue, scale di raccordo con un’ampia vista su un paesaggio incantevole. 

Villa Romeo,clinica Columbus a Milano

In Lombardia il periodo di più alta efflorescenza di ville fu la prima metà del Settecento. Alcune di queste fornite di elementi difensivi, come ponti levatoi, fossati e torri, che imparentavano la villa con il castello. Si dovette attendere il Neoclassicismo, perché quella parentela fosse soppiantata, come a Villa Borromeo, a Cassano d’Adda, innalzata su progetto di Francesco Croce e rimaneggiata dopo il 1781 da Giuseppe Piermarini. Una felice sintesi di questa meravigliosa vicenda creativa fu un libro uscito oltre vent’anni fa per i tipi della Celip, con il testo di un profondo conoscitore della materia, il professor Carlo Perogalli, già citato, e le foto, bellissime, panoramiche, di un virtuoso dell’obiettivo: Piero Orlandi, che ama riprendere le preziosità del territorio lombardo anche sorvolandole con l’elicottero.

Uno scrigno da aprire per intraprendere un viaggio ideale attraverso queste bellezze senza muoversi da casa, non fermandosi allo stupore che suscitano le facciate, i giardini terrazzati, con sculture, archi, giochi d’acqua e di luce, alberi tesi verso il cielo, che permettono passeggiate al riparo dal sole, magari affacciati sul lago a Como o sul Naviglio Grande. Splendide Villa Arconati nei pressi di Bollate, fra le più eminenti residenze fuori porta, elevata su preesistenze medievali da Galeazzo Arconati nella seconda metà del secolo XVII e “ritoccata” da Giovanni Ruggieri verso il 1730; Villa Arrigoni, a Robecco sul Naviglio, detta “La Peralta”, costruita nel 1692 accanto a un’azienda agricola; Villa Visconti di Modrone, detta “Il Belvedere”, a Macherio; Villa Giulia, poco distante da Bellagio, neoclassica, basata su una struttura del ‘700; Villa Manzoni, dimora estiva dell’autore de “I Promessi Sposi”, già appartenuta a Carlo Imbonati.

Il fotografo Piero Orlandi
E ancora la quattrocentesca Villa Mirabello, ora adibita a casa di lavoro per i ciechi, con una fontana che con il suo bisbigliare allieta l’impegno quotidiano dei non vedenti; Villa Clerici, a Niguarda; Villa Gaia, ora Gandini, a Robecco sul Naviglio; Villa Borromeo, a Senago, ingrandita nel secolo XIX; Villa Gallarati Scotti, a Vimercate; Villa Melzi d’Eril, a Vaprio d’Adda, costruita nel 1483 da Giovanni Melzi d’Eril sulle macerie di un castello. Da Milano alla Mantova dei Gonzaga; a Brescia; a Como... Altre pregevolezze. Villa Monastero, a Varenna, sulla sponda del Lago di Como, dove si specchia anche la settecentesca Villa Clerici (la Carlotta), una delle più ammirate della Lombardia. Villa Belgioioso a Merate, edificata nel Seicento; Villa “la Rotonda”, ad Inverigo, che l’architetto Luigi Cagnola fece erigere per proprio uso e consumo (è famosa anche per le sue azalee e il “marmo” del Canova raffigurante Amore Psiche)… Tante ville maestose, solenni, monumentali, con ampi parchi, notevoli anche per gli arredi interni, le aiuole geometriche, i portici sorretti da telamoni, spazi architettonici occupati da figure mitologiche, saloni d’onore…

Il Naviglio Grande
Luoghi da sogno, da favola, principeschi. Tali erano le feste, le serate danzanti che vi si svolgevano. Bisognava pur mostrarle agli amici, ai conoscenti, alle persone con cui si avevano rapporti d’affari, queste dimore di delizia, di villeggiatura nello splendore di un ambiente rurale. E quale migliore occasione di un ballo, inviti a pranzo o a cena, incontri culturali, visite, giornate di studio (alcuni proprietari si rifugiavano in quelle stanze per meditare o per bisogno di serenità, di pace). Nella villa suburbana Simonetta, sorta al principio del 1800, dotata tra l’altro di un apprezzabile teatrino con pareti affrescate, nel 1821 si svolse un clamoroso episodio che suscitò sdegno in tutta la città.

Villa Visconti Borromeo,Litta,Weil Weiss,a Lainate

Ad organizzarlo fu la Compagnia della Teppa, una consorteria di rampolli dell’alta società che ne combinava di tutti i colori: faceva saltare il cappello a un passante anziano, molestava, insultava, spintonava, scherniva; e dalla goliardia, si fa per dire, passò al codice penale. In uno dei suoi libri, “Cento anni” (che racconta la storia e i personaggi milanesi dal 1750 al 1850), lo scrittore Giuseppe Rovani, con qualche tocco di fantasia, riferisce un episodio del 1821. Quel giorno, con il loro copricapo particolare, gli associati reclutarono balordi, storpi e nani per una festa nella villa presa in affitto con belle ragazze di buona famiglia fatte passare per fiori disponibili. Quando le damigelle stavano per accomodarsi attorno a una tavola abbondantemente imbandita irruppe la marmaglia, calata in abiti da signori presi in affitto alla Scala, e si scagliò sulle donne sicura di conquistarle. 

Altra immagine del Naviglio Grande

 

Si scatenò un parapiglia: le vittime cercarono una via di fuga e, non trovandola, si difesero con tutte le proprie forze. La teppa dovette ricorrere ai ripari. Intervennero le autorità austriache, e siccome molti membri della Compagnia avevano marchi nobiliari, se la cavarono con punizioni non proprio all’altezza del misfatto. Avevano iniziato l’attività nel 1817, riunendosi nei pressi del Castello Sforzesco indossando copricapo di forma particolare. Dopo la sarabanda alla Simonetta fu sciolta e finirono le molestie, le violenze, le legnate fra i teppisti e tranquilli cittadini che non ne potevano più (avevano anche rapito una donna quasi sotto gli occhi del marito). La Villa Simonetta era stata edificata da Domenico Giunti per Gualtiero Bascapè nel ‘500. Non dimentichiamo Villa Meriggio a Villanterio; Villa Bellisomi a Montebello della Battaglia; Villa Olmo, a Como; Villa Lechi, a Montirone, in provincia di Brescia, una delle maggiori testimonianze lombarde – sottolinea Perogalli - di costruzione nobile suburbana, settecentesca, dovuta ad Antonio Turbino.

Il Lago di Como
Non si contano dunque le ville che impreziosiscono il territorio di questa fetta d’Italia. Ce ne sono anche a Cernobbio, a Cernusco Lombardone, a Inverigo, a Casatenovo (Villa Lattuada Vismara). Meravigliosa Villa d’Este, a Cernobbio, sorta su progetto di Pellegrino Tibaldi con un grandioso giardino architettonico e da sempre mèta di aristocratici, industriali di alto rango non soltanto italiani… La notte del 15 settembre del 1948 fu teatro di un delitto che scosse non soltanto il Lario: la contessa Pia Bellentani, mentre nel salone del Grand’Hotel era in corso il ballo, estrasse dalla stola d’ermellino che aveva indosso una pistola e la puntò contro l’industriale Carlo Sacchi, uccidendolo. Le penne più nobili d’Italia, tra cui Dino Buzzati, si mobilitarono per commentare il delitto e il successivo processo, che impegnò i più celebri principi del foro. La contessa morì nel 1955. Non sempre la villa doveva significare l’autorevolezza e il sovrabbondante conto in banca del titolare: a volte a muovere il desiderio era il bisogno di vivere nella natura, nella pienezza del suo fascino, lontani dai riti quotidiani della città, raccolti nella meditazione. La stessa esigenza di Francesco Petrarca, che per ben nove anni visse, secondo la tradizione, nella solitudine della milanese Cascina Linterno, a Baggio, in via Fratelli Zoia, dove si prendeva cura dell’orto e rivedeva le sue opere. Una cascina frequentata da centinaia di persone e curata con passione e tenacia dai fratelli Bianchi, tra l’altro impegnati a spiegarne la storia, le attività anche agricole che si svolgevano, e si svolgono, i fontanili, in questo luogo sacro per chi ama le ricchezze di Milano.



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