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mercoledì 23 giugno 2021

Le belle giornate sulle regine del mare

 

QUANDO LA RAFFAELLO E LA MICHELANGELO

CITTA’ GALLEGGIANTI SOLCAVANO IL MARE


A bordo dellla Raffaello con Erika Blanc e il comandante
 

I giochi, le danze, i pranzi nella sala

“Montecarlo”, il salone delle feste di

prima classe e il soggiorno-bar

“Manhattam, il vestibolo, la sala di

lettura e la sala da gioco, la veranda-

bar “Amalfi”, la cappella,

l’auditorium, collegati da gallerie

d’arte con opere di Bruno Cassinari,

Salvatore Fiume, Gianni Dova,

Fausto Pirandello, Domenico

Cantatore, Giuseppe Santomaso…

 

 

 

 

Franco Presicci

Memorabili i giorni sulla “Raffaello” o sulla “Michelangelo”, due bellezze galleggianti, dove appena oltrepassato il barcarizzo s’incontrava tanta gente agghindata in maniera elegante: il signore vestito di bianco, con una testa di lupo sul pomo del bastone, faccia da Peter Ustinov e immobile come una statua; la signora in prezioso abito lungo pronta per una sfilata;

Signora sul ponte
il fotografo ufficiale, magro, alto, barba alla fra Cristoforo, occhio d’aquila, intento a coglierli uno per uno, soprattutto quelli più famosi: una volta Raffaella Carrà e Gianni Boncompagni, un’altra il mago Waldner, che faceva le sue previsioni sulla rivista “Grazia”; un’altra volta ancora la bravissima, dolce e simpatica attrice abruzzese di teatro Diana Torrieri, o Erika Blanc, presenza apprezzata in tanti film e sceneggiati televisivi, compreso “Carabinieri”, dopo un inizio con “007, missione Bloody”, e sul palcoscenico con Strehler. Una mattina sulla tolda sbocciarono Solvi Stubing, la bellissima attrice cinematografica e televisiva, che tra l’altro faceva la pubblicità alla Birra Peroni nei famosi Caroselli, purtroppo scomparsi da tempo, e tante belle ragazze accompagnate da attenti e composti giovanotti o dai genitori guardinghi. Fu in uno di questi viaggi che incontrai anche lo “chansonnier” Enrico Simonetti, che la sera si esibiva nell’auditorium, suonando il pianoforte, cantando e declamando battute frizzanti come una vecchia bottiglia di gazosa appena aperta.
A Marrakesh
In un viaggio la nave fece tappa a Casablanca e con lo “chansonnier”, il pittore Fed Ferrari ed altri andammo a Marrachesh su un treno che sferragliava affannosamente, quindi nella piazza della città a vedere l’incantatore di serpenti, il venditore d’acqua e ambulanti impegnati nel piazzare ai turisti caffettani o camicette ricamate. Pur di concludere l’affare li tampinavano fino a quando non si decidevano all’acquisto, dopo una trattativa estenuante che si concludeva con una notevole riduzione del prezzo: da 25 mila lire a 10. Un giovanotto ci offrì una tunica, raggiungemmo l’accordo, comparve la polizia e lui fuggì lasciando l’indumento nelle mie mani. Subito dopo vidi sbucare la sua testa sulle altre assiepate davanti al bar. Al rientro da Marrakesh ci accolse una di quelle cene in piedi a base di carne cotta in ogni modo. Su un tavolo lunghissimo trionfavano grandi torte affiancate da sculture di ghiaccio. I pasticceri di bordo erano veri artisti; e i camerieri gentili e premurosi come il maggiordomo di Wanda Osiris. Alla casbah di Casablanca, il giorno successivo, i negozianti erano inflessibili: non concedevano il minimo sconto neppure se correvano il rischio di perdere l’acquirente.
Adriano Bet


Quando ricevevo la telefonata di Adriano Bet, capo ufficio stampa della Società “Italia” di navigazione con sede a Genova, mi preparavo subito per la traversata: non mi lasciavo pregare, se non avevo altri impegni. Poi il suo vice, Bonfiglioli, uomo saggio e tranquillo, mi comunicava il giorno della partenza e l’ora. Con il treno raggiungevo il capoluogo ligure e pernottavo all’Hotel Principe, dove una sera sfiorai il ministro Taviani. Il giorno dopo con mia moglie andavo al porto per l’imbarco. Una volta navigai con Alfredo Pigna, un collega simpatico, sportivo, spiritoso, un “curriculum” professionale brillante: conduttore de “La Domenica Sportiva”, direttore de “La Tribuna Illustrata”, esperto di sci, amico di Dino Buzzati. Durante un ballo fu insuperabile: alla dama si slacciarono le bretelle dell’abito, lui la protesse stringendola a sè, dandole la possibilità di superare l’imbarazzo e rimettere le cose a posto; poi mi disse: “Hai notato? Ho parato due gol”. Stare con Pigna era davvero un piacere, con lui passai ore spensierate durante tutto il tragitto. Aveva appena pubblicato un libro sullo sci. Ogni volta visitavo la nave da poppa a prua, salendo anche sulla plancia a conversare due minuti con il comandante, che rivedevo al cocktail delle 19, e qualche volta la sera all’ora delle danze. A poppa ammiravo il mare che l’elica faceva spumeggiare; e le onde che brillavano per il sole. Molti viaggiatori partecipavano ai giochi organizzati. Ne improvvisavano anche loro. In uno bisognava addentare una mela deposta in un secchio d’acqua e vinse quello che la spinse fino in fondo con la bocca, bloccandola con i denti. Altri impazzivano in piscina; altri ancora con il dovuto equipaggiamento simulavano un’emergenza, al comando di un istruttore. A bordo non ci si annoiava mai. Chi non amava la compagnia si stendeva su una delle sdraio allineate su un ponte e leggeva o sonnecchiava. Noi facevano parte di un gruppo che si ricomponeva ogni volta: includeva il pittore genovese Fed Ferrari, che aveva lo studio in via Chiossone 1, a Genova. Un anno fece il ritratto di donna Vittoria Leone, moglie del presidente della Repubblica, in abito rinascimentale. Lo portò a bordo e quando la nave fece sosta a Napoli scendemmo e alcuni andarono a Roma, al Quirinale, per consegnare l’opera; io, con mia moglie, andai al “Giornale del Mezzogiorno”, puntuale a un appuntamento con il direttore Paolo Cavallina. 

Barbara Bouchet con Franco Presicci

In un’altra occasione, mèta Sorrento, dove, facendo una passeggiata notai un assembramento vicino al mare: stavano girando un film con Barbara Bouchet e Pierre Leroy, l’attore francese che lavorò molto anche in Italia. Mi avvicinai e durante una sosta delle riprese mi presentai alle due celebrità, facemmo una chiacchierata e poi le invitai a pranzo nell’albergo che ci ospitava. Leroy aveva un altro impegno e dovette dire di no. Quando nella sala apparve lo splendore della Bouchet i commensali mostrarono grande stupore, esplodendo in applausi scroscianti. Dopo il pranzo io e Barbara ci sedemmo una di fronte all’altro in un salone, per un’intervista. Nello stesso albergo si aggirava la giovane eletta “Donna del Mare”, in attesa della cerimonia di premiazione, che si sarebbe svolta a bordo. A pranzo avevo come commensale Gustavo Modena, un funzionario della società “Italia”, che a terra smentiva la reputazione dei genovesi di essere avari. Io, pur non essendo un ballerino con grandi doti, conquistavo la pista e sgambavo fino a quando non si spegnevano le luci.

Una notte, ero appena rientrato in cabina, quando una decina di ragazzi irruppe nella mia cabina e mi rapì, portandomi su un ponte, dove altri erano avvitati in un tango al suono di una fisarmonica. Feci amicizia con un giovane pittore che era sempre a caccia, ma rientrava con il carniere vuoto. Poi mi ghermiva e mi stava dietro come Fusco Aristio appeso alle vesti di Orazio, e mi sommergeva con le sue lamentazioni. “Forse sbagli tecnica”, gli dicevo. E lui: “A te come va?”. “A me va bene perché non frequento quei territori”. Un giorno a tavola, parlando del più e del meno con Gustavo Modena, confessai di non aver mai mangiato il caviale; poco dopo si presentò lo “chef” con due scatolette. “Rosso o nero?”. Scelsi il secondo, ma dopo un assaggio, lo passai al commensale. Il giorno del compleanno di Bet, che era seduto di fianco al mio tavolo con un alto dirigente di una multinazionale, chiesi una bottiglia di vino pregiato. Una lisciata sulla spalla fece voltare il padrone di casa, gliela consegnai con un bigliettino e lui: “Perché fai queste cose?”. “Perché sono un grafomane”.
L'albergo Mamounia a Marrakesh
Così era su quelle regine delle onde; così era su quelle della Costa. Su una di queste ultime, palazzi sontuosi con mille occhi che spiavano il mare, navigai da Miami a Saint Thomas, Saint Jhon, Saint Croix, Nassau, dove puntai l’obiettivo su un vecchio con la pipa e il volto solcato da rughe profonde, e fui bloccato dal soggetto, che pretendeva un “cachet”. Sulla spiaggia fui sfiorato da una noce di cocco caduta da un albero inchinato verso il mare. Ma quello avvenne durante un altro viaggio, con altre persone, altri itinerari. Invitai una signora nera a ballare e quando si alzò fu per me uno “choc”: era alta il doppio. A Miami fui ospite dell’Hotel Fontainebleau, che è una città grande quasi quanto Crispiano. Durante l’attesa di un indigeno che doveva portarmi a vedere la villa di Al Capone e poi a intervistare il capo della tribù indiana dei Mikkosuke, ai margini dell’Everglades, curiosai verso l’interno di una limousine con i vetri oscurati, e un ometto basso e molto panciuto rotolò verso di me e mi aprì la portiera. Il proprietario? L’autista? Ammirai quel salotto senza rispondere all’invito ad entrarvi. Ho viaggiato anche su una nave greca, sulla quale si svolgeva un convegno sulla situazione economica di Trieste. Vi feci amicizia con Paolo De Barros, ex pilota di jumbo e socio di un club di enologi, con il quale andai al mercato di Smirne ricco di colori e molto affollato, quindi a Santorini dove si sale a dorso di mulo o di asino. 

La Raffaello
In uno dei viaggi sulla “Raffaello”, mentre in una galleria di collegamento osservavo un astratto di Giuseppe Santomaso, fui affiancato da Bet, che tra un discorso e l’altro mi accennò alla festosa accoglienza che era stata fatta a New York il 3 agosto ’65 al termine del viaggio inaugurale sulla “rotta del Sole” della “Raffaello”, con centinaia di navi a sirene spiegate a mo’ di saluto (era accaduto lo stesso il 20 maggio con la “Michelangelo”) e 14 rimorchiatori di scorta fino al molo. Nella Baia dalle motopompe dei vigili del fuoco e dalle imbarcazioni di assistenza erano stati lanciati spettacolari getti d’acqua sulla murata della nave, che stazzava 46 mila tonnellate, come la consorella. Per decisione del sindaco della Grande Mela Robert Wagner la giornata era stata dedicata al grande Raffaello. Purtroppo le due regine del mare erano destinate al disarmo. Quando fu certa la loro sorte, scrissi commosso un articolo di cinque pagine su “Novella 2000”, all’epoca diretta da Paolo Occhipinti, poi direttore di “Oggi”. Non so dove siano oggi questi gioielli. Si dice che una delle due sia in un porto arabo trasformata in albergo. Erano un orgoglio, un vanto.



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