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mercoledì 8 settembre 2021

Guido Gerosa, giornalista e scrittore

S’INVENTO’ L’INVIATO DI CRONACA

E NACQUERO I RACCONTI DELLA POLIZIA

A destra Guido Gerosa con il direttore del Giorno Lino Rizzi

 

Era vicedirettore e

capocronista, scriveva

libri importanti e in un

lampo la biografia di un

personaggio. 

Un suo intervento al Senato fu

un'autentica lezione di storia. 

Era coltissimo e alla

mano. 

Anni fa se n’è andato oltre le

nuvole.

                                                                     

 

 

Franco Presicci

Più volte ho citato nei miei articoli su “Minerva” Guido Gerosa, un uomo di vasta cultura, un giornalista che girò mezzo mondo e scrisse parecchi libri, alcuni attraversati da una divertente ironia.

Il palazzo del Giorno in via Fava
Lo incontrai per la prima volta nel suo ufficio di vicedirettore di “Annabella”, settimanale diretto da Luciana Omicini, una bella collega dal carattere determinato e dalle decisioni senza ritorno. Ero in anticipo, passai davanti a una porta aperta e vidi Guido che mi rivolse subito uno di quei sorrisi schietti e coinvolgenti. Non capii se fosse un invito a entrare, titubai pensando che stesse lavorando e lui con un’occhiata m’indicò la sedia che stava di fianco alla scrivania. Si alzò, mi strinse la mano e mi venne subito l’idea d’intervistarlo, tanto, compreso il ritardo a cui a volte ti sottopone una signora e la mia abitudine di arrivare agli appuntamenti mezz’ora prima e anche di più, di tempo ne avevo.
 
Gervasutti,Presicci,Lotito
E parlammo tanto, come se fossimo seduti al bar dell’azienda a prendere un caffè. Era il 20 agosto del 1977, fuori faceva un gran caldo, ma lì dentro l’aria condizionata ti faceva sentire quasi come in un frigorifero. Con “Scheda bianca” Gerosa aveva da poco inaugurato la Collana del Sale di Franco Ventura, in cui si inventava dialoghi tra Indro Montanelli e Davide Lajolo, immaginava quattro elezioni anticipate tra il ’76 e l’81 e nell’ultima si andava ai seggi con la sensazione che a conquistare il potere sarebbero stati i rossi e che presidente del Consiglio sarebbe stato Giorgio Amendola. S’immaginava anche che un rogo in piazza sarebbe stato alimentato dai libri di Marx, ad opera di Enrico Berlinguer, che, ripudiato il marxismo, si sarebbe impegnato a dare un volto nuovo al partito. Gli chiesi quali fossero i suoi sentimenti per il capo del partito comunista. “Simpatia”, mi rispose. Ho scritto cose paradossali di fantasia, ma l’ho amato, questo personaggio che sento travagliato nello sforzo di rompere gli schemi del comunismo tradizionale per dare un volto nuovo, diverso alla sua squadra”. E si scusò per i personaggi che in quel libro aveva fatto morire. Per esempio, il principe del giornalismo, ucciso da un noto ministro di Dio con indosso un saio, affiorato dalle acque del lago di Pusiano.
Palazzo dell'informazione

E Guido Gerosa chi è? Domanda ovvia, alla quale lui rispose candidamente che è un giornalista che ha girato mezzo mondo e ha scritto diversi libri. Quello al quale sono più affezionato è intitolato “I cannoni del Sinai”, sulla guerra del Kippur, dove lui c’era stato. E quelle pagine erano un diario-racconto. Gerosa era giornalista e scrittore fertile, per cui di lui si ricordano “Libano”, le biografie di Pietro Nenni e di Napoleone, la fuga di Kappler dal Celio, a Roma… In seguito un ritratto di Craxi, “Le piazze di Lombardia” con la Celip di Nicola Partipilo… Ha scritto tantissimi servizi interessanti, guadagnandosi anche dei Premi importanti. Uno quando è andato a trovare i profughi dell’atomo nel Bikini sparsi nelle isole del Pacifico. Se ne erano perse le tracce e Gerosa andò a cercarli, rintracciandoli a uno a uno, accompagnato dal fotografo Gianfranco Modolo. “Le autorità americane non volevano che io realizzassi questo servizio; e allora noleggiai una nave con un curioso capitano a cui affondavano tutte le imbarcazioni e mi avventurai in quei mari del Pacifico fra tifoni, tempeste e situazioni drammatiche”. Era negli Stati Uniti quando il presidente Kennedy venne assassinato; ha assistito alle grandi rivolte dei neri. 

Zucconi e Giuzzi
Una volta in Alabama, in una città in cui c’è un albergo che riproduce esattamente il Palazzo Ducale di Venezia, durante una rivolta dei neri gli è capitato addosso uno squadrone di cavalleria. Quando faceva l’inviato del settimanale “Epoca” in Italia e in Africa visitò i lebbrosari. Ricordò che padre Mantovani lo invitò a cena e di fronte ai complimenti di Gerosa per il cibo rivelò che lo avevano cucinato i lebbrosi e per poco non fece un salto sulla sedia. Una vita avventurosa fra pericoli, esperienze di ogni genere. A passo spedito arrivò la Omicini, che senza guardare la stanza di Guido marciò verso la sua. La pregai subito di pubblicarmi due righe su una manifestazione avvenuta a bordo della Raffaello e lei senza esitare: “Ma che due righe, ti mandò cinque modelle e un fotografo e pubblichiamo un intero servizio di cinque pagine”. Subito dopo la bombardai di domande su come si confezionava il giornale che dirigeva. Il pezzo uscì una settimana dopo sul “Milanese”, che aveva il vanto di essere stato fondato da Arnoldo Mondadori, anche se di quel giornale rimaneva soltanto la testata. Nel ’79 Guido Gerosa venne al “Giorno” in via Fava, dove fu nominato vicedirettore.
Catania all'epoca della macchina per scrivere

Quando Enzo Catania lasciò la poltrona di capocronista venne sostituito da lui con vice Gigi Gervasutti, valoroso collega (deceduto in questi giorni) che andrà poi a prendere le redini de “La Prealpina”, quotidiano storico di Varese. Guido venne da me e mi disse: “Da oggi tu sei l’inviato di cronaca. Va’ a trovare tutti i poliziotti che sono stati funzionari o dirigenti della questura a Milano e intervistali, ovunque si trovino. Devono venirne fuori articoli che intitoleremo ‘I racconti della polizia’”. Il giorno andai a Venezia, dove era questore Mario Jovine, già capo della Mobile a Milano e vice di Mario Nardone. Mario mi i mando a prendere in piazza san Marco da un motoscafo della questura. A Catanzaro andai a parlare con Vito Plantone, che mi raccontò come aveva catturato un “boss” della mala lombarda e il suo luogotenente in un albergo siciliano. A Torino m’intrattenni con Antonio Fariello, che aveva lavorato a Milano, dove sarebbe tornato dopo qualche giorno nella veste di questore¸ A Como andai a trovare Mario Nardone, che una volta in pensione mi ricevette in casa sua, in via Tortona, nel capoluogo lombardo. Era il 1985 e raccolsi tante storie. Plantone mi parlò anche delle sere che trascorreva per le vie di Catanzaro, assieme al suo autista e un mago fra il miagolio dei gatti. Antonio Pagnozzi degli espedienti a cui ricorrevano per neutralizzare i rapitori. 

La cronaca del Giorno. In 1°piano Presicci
 
Gerosa mi nominò inviato di cronaca e metteva quell’etichetta su tutti gli articoli. Anche quando mi invitò a partecipare a una gara di kajak sul Naviglio Grande e rientrai in redazione tanto bagnato, da essere invitato di andare a scrivere da casa. Mi divertivo. Poi il “Giorno” si trasferì in piazza Cavour e il comando della cronaca passò a Gino Morrone, vice Giulio Giuzzi. Gerosa continuò ad essere vicedirettore, curando le pagine letterarie; recensiva libri con una nobiltà di stile che affascinava. Quando in un volume s’imbatteva in argomenti scabrosi superava lo scoglio con la delicatezza che lo distingueva, e anche con l’ironia intinta in un sorriso. Aveva una scrittura veloce. Se moriva un personaggio alle 10 di sera e mancava per esempio Ugo Ronfani, altro colosso del quotidiano, che di solito svolgeva anche questo compito, lo chiamavano a casa e lui in un’ora compilava il pezzo e lo mandava in redazione. Era gentile, disponibile, alla mano. Aveva lavorato a “La Notte”, uno dei tre quotidiani del pomeriggio che uscivano a Milano, che all’epoca aveva come direttore Nino Nutrizio, stimatissimo e amato da tutti, compresa la concorrenza. Era ancora giovane e si occupava anche di cronaca nera, che continuava ad appassionarlo. Conosceva pescicani e gregari, i loro “curricula”. Grande conoscitore di storia, quando era senatore del partito socialista ascoltai un suo discorso alla Camera dei Deputati che mi tenne avvinto per tutta la durata dell’intervento, concluso fra applausi scroscianti. Il libraio Nicola Partipilo, che era anche editore, mi affidò l’incarico di chiedere a Gerosa se avesse voglia di scrivere il testo di un libro, visto che il precedente, “Le Piazze di Lombardia”, era andato alla grande. Lo chiamai e mi rispose con una voce stanca. Dopo qualche mese, morì. Lo ricordo con affetto e ammirazione. A Bologna, su una bancarella dalle parti di Casalecchio, ho trovato il suo libro sulla fuga di Kappler e l’ho riletto avidamente. Grande Gerosa.





1 commento:

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