ANDAVA IN GIRO PER IL MONDO
PER CONOSCERE ALTRI POPOLI
Albertino
Curti, quando lo incontrai,
aveva 92 anni e ancora il bisogno di
scoprire altri Paesi, altri uomini,
altri monumenti, altre tradizioni.
Era il 2008 quando lo conobbi nella
libreria di viale Tunisia, a Milano.
Franco Presicci
Un uomo a novant’anni lo s’immagina seduto in poltrona a leggere il giornale o un libro o a guardare la televisione; oppure oziare su una panchina d’un giardino sotto casa ad osservare i passanti. Invece Alberto Curti, dopo aver girato mezzo mondo prima su una bicicletta, poi su un motorino e poi ancora in auto, conoscendo tante persone di ogni tipo e razza, dormendo sotto le stelle e nelle stalle; aver visitato in lungo e in largo l’Italia, “che è un autentico gioiello”, dovrebbe riposare. “Riposare, e perché? Per la verità sono un po’ stanco, ma un altro giro me lo farei.
Albero Curti con bici |
Per ora corro da una parte all’altro di Milano sulla mia due ruote, per sbrigare le mie faccende. Oggi sono venuto da casa via in via Uruguay 14, a San Siro, qui in viale Tunisia. Lo incontrai nel luglio del 2008 nella libreria dell’editore Nicola Partipilo; mi chiese se potevo metterlo in contatto con qualche casa editrice e si stupì nel sentirmi dire che non potevo accontentarlo. Lo sollecitai a parlarmi dei suoi viaggi e mi rispose: “Le dico subito che non faccio il vagabondo per poi vantarmi con gli amici, che non si vergognano di non saper nulla delle nostre città; Firenze o L’Aquila, Assisi o Bologna. Io viaggio per fare esperienze, appagare la mia curiosità, arricchire la mia cultura. Ho scritto 40 volumi che cerco di far pubblicare”. E mi dette appuntamento per il giorno successivo a casa sua, e ci andai in pullman, impiegando due ore andata e ritorno. Mi indicò subito un suo libro, lo prese e lo sfogliò. “Ecco, vi ho raccolto fatti storici, dialoghi con le persone più diverse, sensazioni, situazioni; ho descritto luoghi, monumenti, templi, piazze. A giorni andrò in macchina a Venezia, dove esporrò i miei libri in piazza San Marco, quindi a Firenze e a Roma”. “Dove sistemerà il banchetto nella Capitale?”. “Magari vicino al Vaticano”. Non tradiva gli anni che si portava addosso. Era scattante, brillante, spontaneo, cordiale, dalla memoria lucida. Piccolo di statura, ricco di umanità. Vedovo, viveva solo. Il suo nome? Alberto Curti, Albertino.
Marrakesc |
Mi parlò di cose notevoli viste in Algeria, Siria, Irak, Iran, Giordania, Israele, Grecia, Olanda, Svezia e altrove, sollecitando la mia immaginazione. “I viaggi mi hanno aiutato a crescere, ad amare di più il prossimo, ad apprezzare le bellezze incastonate sul nostro territorio. In Sicilia, per esempio: Selinunte, Agrigento, i siti della civiltà antica, le spiagge dorate, la natura”. Dopo la Sicilia aveva sentito il bisogno di andare in altre località archeologiche sparse qua e là. “Davanti a una colonna provavo l’impulso d’inginocchiarmi, pensando alla città che fu. Non le dico la gente in cui mi sono imbattuto. A Tagiura, in Libia, e tutt’attorno, lo spettacolo di un panorama gioioso, che vanta una bella moschea del ‘500: un italiano mi mostrò la sua azienda agricola, una vasta estensione di terra ricca di ulivi, vigne, alberi da frutto. Vedevo un motore pompare acqua limpidissima da una grande cisterna. Il mio pensiero corse a quei 20 mila contadini di casa nostra che nel ’38 vennero a fecondare con un duro lavoro queste sabbie”. Era inarrestabile, spinto dalla passione. Lui pianificava scrupolosamente i suoi viaggi.
Lella Cito e Grazia Laddomada |
Tappe irripetibili Ogni anno un Paese diverso, un nuovo mondo da scoprire, da raccontare nelle sue pagine. Se sul suo cammino trovava qualche difficoltà non si scoraggiava. Viaggiava durante le ferie (in luglio o in agosto) e il caldo non lo abbatteva. “Bevevo 5 litri di acqua al giorno, e misuravo le distanze non a chilometri, ma a litri d’acqua: quelli necessari per raggiungere la mèta. Facevo 150 chilometri al giorno; 10 all’ora, perché non dovevo fare il Bartali, dovevo contemplare, apprezzare i tesori che scorgevo. Con il passare del tempo Albertino avvertì qualche difficoltà a pedalare, così applicò un motorino alla bici. Durò un bel po’, fino al ’92, quando decise di ricorrere a una Fiat Uno, che di notte trasformata in camera; di giorno in sala da pranzo. “Avevo acquistato un fornellino a gas e con quello mi facevo da mangiare. Sono un uomo libero, le comodità sono una schiavitù”.
Lella Cito |
Aprì le pagine di uno dei libri, allineati su un mobile, il dodicesimo (titoli provvisori: “La quarta sponda” (Libia): “La costa barbaresca” (Marsiglia, Algeri, Tunisi, Tripoli, Gadames), “la ballata nel caso”). E disse: “Guardi quante cartine geotopografiche, fotografie di monumenti, persone, scene di vita quotidiana. Il povero è più generoso del ricco: il contadino mi dava la coperta e mi faceva dormire nel fienile; il possidente mi offriva anche lui un letto di paglia e la coperta, ma voleva il mio passaporto. Una volta al confine tra l’Algeria e la Tunisia, un contadino espresse il desiderio di dormire con me sulla spiaggia. Diffidando, nascosi la macchina fotografica, il binocolo, la radio a cuffia e i soldi sotto la sabbia su cui stesi il materasso; ma quello, volendo solo farmi compagnia, russò fino all’alba, mentre io rimasi sveglio… Trascorsi una notte sulle calde sabbie di Abu Simbel con due coppie di francesi: eravamo arrivati con un battello partito da Assuan. E sa che dispiacere per me dover chiudere gli occhi davanti a quel cielo stellato?”. Lo ascoltavo volentieri: simpatico, brillante, energico.
Venditore ambulante |
Lo ammiravo, questo vecchio che alla sua età vecchio non era. E non gli dispiaceva essere chiamato vecchio. “Chi respinge chi lo chiama vecchio ha paura della morte”. Mi vennero in mente le parole famose che invitano a non temere la morte perché quando c’è lei non ci sei tu; quando ci sei tu non ce lei.
Cammelli nel deserto |
Cammello a Marrakesc |
Annnibale Del Madre alle spalle di Tignoli |
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